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Municipio posto a guardia delle medie vallate del Salinello e del Tordino, domina dall'alto di un colle che lentamente le accompagna fino al mare.
Chiamato così forse, come sostiene la tradizione, per l'indole bellicosa della stirpe di signori che l'hanno fondato oppure dal nome di uno di essi, fatto sta che in origine nell'area era presente un altro insediamento altomedievale, situato nel colle dove oggi sorgono i ruderi di Santa Maria della Lacrima e detto ancora oggi "Della Civita", trasferito in seguito nell'attuale posizione per motivi ignoti. Spunta nelle carte a partire dal XII secolo quando viene annoverato dai normanni, tra i feudi da loro conquistati e registrati nel "Catalogus Baronum" redatto verso la metà del secolo, qui si legge che Bellante era tenuto da Attone di Teodino. Non se ne hanno notize nel XIII, durante il periodo Svevo del Regno di Napoli, quando emerge la dinastia che prende il nome dal castello, il primo che si incontra è Vinciguerra da Bellante, vicario di Federico II in Lombardia. Nel 1271 Carlo d'Angiò gli ordinava di contribuire al pattugliamento delle strade tra il Vomano e Civitella del Tronto, ma i nobili del castello non si piegheranno ben volentieri al dominio Angioino, risulta infatti che spesso si rifiuteranno di compiere il servizio militare dovuto al Re. La famiglia in questo secolo intanto si imparenta saldamente con la dinastia degli Acquaviva che da tempo, andava espandendo la sua influenza politica e militare in Abruzzo, tra i matrimoni si ricorda quello nel 1272 tra Francesco di Bellante e Margherita Acquaviva che richiese il permesso del regnante.
Altre notizie arrivano nel 1278 quando il Re richiede alla famiglia, di fornire supporto per la crociata contro l'Imperatore di Costantinopoli, l'anno successivo anche gli angioini redigono un loro catalogo della nobiltà del regno, dove il castello risulta ancora saldamente in mano ai Da Bellante. Alla morte di Carlo d'Angiò nel 1285, i baroni abruzzesi si ribelleranno e daranno vita ad una rivolta capeggiata da Corrado di Antiochia, figlio dello svevo Federico II, del quale Gualtieri da Bellante fu uno dei maggiori sostenitori. La ribellione non va a buon fine e il nobile viene spodestato dei suoi feudi fino alla pace di Caltabellotta del 1306, quando il castello ritorna in mano ai suoi vecchi proprietari, nello stesso anno si contribuisce anche alla riparazione della Fortezza di Civitella, nel 1309 però era stata ceduta a Pietro Cossa di Ischia, fedele di Roberto d'Angiò, che risulta in quegli anni conte di Bellante. I registri delle tasse ecclesiastiche del 1324, chiamate all'epoca "Decime", ci danno notizie delle chiese presenti all'epoca nel territorio a partire da San Pietro di Aliano, Santa Maria, Sant'Angelo, di San Giovenale e San Savino, nel 1348 viene costruita anche la chiesa di Santa Maria della Misericordia affianco ad un ospedale eretto già da tempo in paese. Nel 1349 si legge invece di un'altra ribellione al quale i signori di Bellante avevano preso parte, infatti il Regina Giovanna tramite il suo vicario, chiedeva la restituzione di Isola del Gran Sasso e del suo castello che Carlo e Pietro da Bellante avevano occupato. Ormai il potere della dinastia andava finendo, quindi nel 1393 Re Ladislao Angiò vende il distretto di Teramo, insieme a Bellante, ad Antonio Acquaviva, da qui in poi rimarrà salvo alcuni episodi, sempre in mano alla famiglia dei Duchi d'Atri.
Nel 1424 passa ad Andrea Matteo II ma ancora minorenne è tutelato dalla madre, Caterina Riccardi la quale vende la città di Teramo a Giosia Acquaviva per risarcire il debito contratto per riscattare la rocca di Bellante. Infuriavano già da tempo le guerre di successione tra Angioini ed Aragonesi e la famiglia dei duchi spesso approfittò della situazione per il proprio tornaconto personale, con esiti non sempre favorevoli. Andrea Matteo II si era schierato con lo Sforza contro Giosia quando, nel 1436 lo aveva battuto occupando tutto il ducato dal Tronto al Vomano, Bellante compreso. Nel 1446 Alfonso d'Aragona riconosce a Giosia la porzione feudale di Andrea Matteo II ma con la salita al trono di Re Ferrante nel 1458, cambierà schieramento alleandosi con Giovanni d'Angiò-Valois. La risposta del Re non si farà attendere, nel 1461 il castello viene occupato dal Vicerè d'Abruzzo Matteo di Capua, l'anno successivo infine Giosia muore di peste a Cellino Attanasio, assediato dalle truppe aragonesi; l'anno successivo il Re concederà il perdono alla dinastia e Giulio Antonio Acquaviva riottiene indietro il ducato. Torna per qualche tempo la pace in paese ma nel 1478 dopo gli uomini Bellante insieme a Sant'Omero capeggiati dal Duca, discutono con la vicina Campli per questioni di confini, costringendo l'intervento del Re. La controversia si protrarrà anche dopo la morte di Giulio Antonio nel 1481 al quale succede Andrea Matteo III che l'anno seguente vedrà tracciare i nuovi confini, cessando così le lotte tra queste comunità. Tre anni dopo il castello è ricordato per non aver pagato le tasse ai Canonici del Capitolo della Cattedrale Aprutina.
Nel 1495 Carlo VIII di Valois parte dalla Francia volto alla conquista del Regno di Napoli iniziando l'ennesima guerra di successione, gli Acquaviva si schiereranno con lui causando le ire degli aragonesi, presto sarà però cacciato e sarà il turno del figlio Luigi XII che ritenta con una spedizione militare nel 1499 fallita cinque anni più tardi. Con entrambi i Re francesi, Bellante viene riconfermato ai ribelli Acquaviva fino al ritorno degli spagnoli quando perdono il possesso, la pace tra le due nazioni nel 1506 porterà nuovamente il perdono e la reintegrazione dei feudi. Nel 1525 Dorotea Gonzaga sposa Giovanni Francesco, figlio di Andrea Matteo III e rimasta vedova nel 1528, viene risarcita della cospicua dote con la creazione del Marchesato di Bellante, comprendente anche Sant'Omero, Corropoli, Tortoreto; l'anno prima era giunta anche la peste ed era stata costruita fuori le mura la chiesa di San Rocco. Il marchesato aveva una sua autonomia nonostante fosse comunque un territorio sottoposto al controllo dei Duchi d'Atri, nel 1557 il suo prestigio andava crescendo ed acquistava i diritti sui pesi e misure e quelli sul porto. Sul colle della Civita nel 1562 si insediano i Carmelitani dove esisteva già la chiesa di Santa Maria della Lacrima dove innalzeranno il loro convento. Nel secolo successivo saranno erette le confraternite del Santissimo Corpo di Cristo e Del Rosario a partire dal 1611, nel 1618 risultano anche quelle di San Carlo e del Carmine, si registra anche la presenza di presidi armati, eretti forse a causa del brigantaggio che infestava queste aree a ridosso del confine con gli stati Pontifici. Si era avviato il declino della dinastia acquavivana, il marchesato quindi viene pignorato per debiti da Giovanni Battista Riario nel 1645, presto però lo vende ai Cattaneo di Genova nel 1647, Giovanni Girolamo II riesce infine a riscattarlo nel 1696. Gli Acquaviva infine si estinguono per mancanza di eredi e nel 1760 i loro beni vengono incamerati dalla Regia Corte che crea lo Stato Allodiale di Atri, sorto sulle ceneri del ducato.
Durante l'occupazione napoleonica del regno di Napoli, nel 1807 viene abolità la feudalità e si danno il via ad una serie di riforme territtoriali per merito di Gioacchino Murat, l'università viene sostituita dal nuovo governo di Bellante al quale viene aggregato il vicino municipio di Ripattoni. Nel 1811 il Governo viene sciolto e creato il comune sottoposto al Distretto di Teramo, durante la restaurazione del 1816 però il capoluogo viene spostato a Campli, nello stesso anno il comune cede Ripattoni a Mosciano Sant'Angelo. Nel 1860 il paese partecipa alla rivolta unitaria, viene quindi in seguito preso di mira da briganti misti a sbandati dell'esercito e da lealisti borbonici, vi esplode anche un'insurrezione sedata dall'esercito piemontese e dalla Guardia Nazionale.
Nel 1928 recupera Ripattoni riacquistandola a Mosciano assieme alle contrada di San Mauro, compra anche da Campli la frazione di Villa Penna, nel secondo dopoguerra si assiste al forte sviluppo della stazione, un tempo di Ripattoni ma oggi di Bellante, che gravita lungo il fondovalle del Tordino. Il centro storico ancora oggi circondato in parte dalle antiche mura, si è accolti dalla grande Piazza Mazzini con al centro l'artistica fontana, che si apre davanti al suo ingresso principale, sul fianco si trova la balconata panoramica che si affaccia sulla valle del Salinello, dalla parte opposta lo spazio aperto si va chiudendo fino all'ingresso del centro storico. Ma prima prima di entrare, si ricorda l'elegante presenza del palazzo comunale a conclusione della piazza, da qui si inizia a percorrere il corso principale dedicato a Gualtieri da Bellante. La via taglia il paese in tutta la sua lunghezza, gli corre parallela Via Primo Riccitelli, una serie di piccole viuzze perpendicolari si incuneano tra le strette case ricollegandosi alle due vie principali o perdendosi nei portoni e nei passaggi coperti. Già all'inizio del corso si può ammirare la facciata incompiuta della chiesa di Santa Croce affiancata dall'ex palazzo comunale, il corso prosegue scendendo mentre una strada, dedicata a Bartolomeo il Grosso, lo taglia perpendicolarmente uscendo dalla porta medievale e continuando sulla scenografica "Salita del Torrione". Proseguendo invece lungo la via principale, si sale fino ad arrivare al cospetto di Palazzo Tattoni col suo giardino che occupa i bastioni orientali del castello bellantese, ora si può tornare indietro passando per la parallela al corso, vedendo così gli altri edifici d'interesse rimasti. La visita si conclude ritornando davanti al municipio, si consiglia anche un giro lungo circonvallazione ed ai ruderi di Santa Maria della Lacrima, svettanti a poche centinaia di metri dal paese.

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