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Piuttosto complessa e anche ben conservata è la cinta fortificata, posta a difesa del centro storico di Acquaviva.
Si riscontrano due ben distinte fasi costruttive, la prima è la più antica e comprende tutta l'area del colle dove si trova la fortezza. Qui probabilmente gli Acquaviva, signori del feudo, hanno eretto le prime difese del castello a partire dal XIII secolo, intorno a quello che è uno dei centri maggiori dei loro possedimenti. L'area del primitivo insediamento, probabilmente si estendeva nella parte alta del colle della fortezza, ma oggi rimangono pochissime tracce di questo periodo. La seconda espansione probabilmente trecentesca, si allunga a meridione dell'abitato esistente, raggiungendo i limiti della centrale piazza San Nicolò. La torre dell'orologio probabilmente difendeva la porta castellana dell'epoca. L'ultimo ampliamento avviene durante l'ingresso nel comitato fermano, quando nel 1486 si avviano ingenti lavori per l'ampliamento dell'abitato. Si arriva a comprendere il colle ad oriente del vecchio castello, l'opera è eseguita dal capomastro Antonio Piccolo di Grottammare avvalendosi anche di maestranze lombarde. Per finanziare il cantiere, vengono utilizzate i guadagni della tassazione di Magliano di Tenna. Dopo il XVII secolo, le autorità fermane danno il permesso alla popolazione di espandere le proprie abitazioni, sfruttando le mura e con l'obbligo di preservare il cammino di ronda, percorribile dai difensori. Le fortificazioni agli inizi del XVIII secolo, sono visibili grazie ad un disegno del geologo bolognese Luigi Ferdinando Marsili, che le raffigura nel 1708. Sono ancora al centro delle difese durante l'instabile periodo delle rivoluzioni, iniziato con la Repubblica Romana nel 1798. L'anno successivo Acquaviva viene assaltata da truppe di briganti filopontifici, guidati dal famoso Sciabolone. Penetrati nel castello con la violenza, si danno a furti ed incendiano anche l'archivio comunale, a memoria dell'assalto rimangono i resti di una cannonata sul muro di San Nicolò, si vuole sparata da Sciabolone. Verso la fine del XIX secolo perdono ogni loro funzione e vengono in parte smantellate.
Si può iniziare a descrivere la cinta partendo dalla fortezza, punto nevralgico del sistema difensivo, da qui si prosegue a nord, incontrando la prima delle porte moderne, che permette l'ingresso al piazzale della Rocca. Le mura proseguono verso oriente dove si incontra un torrione pentagonale tre-quattrocentesco, inglobato oggi nel palazzo comunale. Se ne perdono per un attimo le tracce coperte da nuovi edifici, si ritrovano poco più avanti, dove mostrano una grande scarpatura inclinata. Scompare nuovamente in prossimità del moderno parcheggio sopraelevato, per riprendere in prossimità di porta da Bora sebbene molto modificate. Dalla porta si prosegue verso Est, dove si può ammirare un cambio di stili e architetture, infatti inizia l'espansione fermana tardo quattrocentesca. Altri esempi delle stesse maestranze, sono visibili nel Torrione della battaglia ed in altre fortificazioni di Grottammare. Le mura si fanno lineari e le torrette rettangolari tipiche del trecento, sono sostituite da torri rotonde più resistenti ai colpi delle artiglierie, all'epoca già dominanti negli assedi. Difficile scorgere il tracciato in questo settore a causa delle abitazioni e della vegetazione, sono meglio distinguibili salendo per Porta Nova, dove si è accolti da una delle torri circolari. Data la sua posizione è la meglio visibile della nuova cinta, ha un basamento con una scarpa che sale fin quasi alla cima, è munita di feritoie da moschetto orizzontali e di beccatelli trilobati, manca la parte superiore. Protegge la vicina porta Nova e l'angolo Nord-Est, raccordando le mura che salgono dalla porta da Bora, curvando leggermente verso l'interno. Dalla torretta la cinta inizia a piegare verso sud raggiungendo la fortezza minore, centro delle difese orientali e ben connesso visivamente alla fortezza, coordinando insieme le difese. Come nel resto delle mura da questo lato, mancano le scarpe inclinate che proteggevano i basamenti, smantellate e trasformate in giardini. La fortezza minore è il vertice orientale dell'angolo formato dalle mura, si ritorna quindi indietro cercando di seguire il fronte meridionale. Nascosto dalle case, arriva fino alla torretta rotonda inglobata dall'ex ospedale Sant'Anna. Meno visibile dell'altra torre, nella parte alta la fila caditoie si interrompe al centro, lasciando una sola cornice sul bordo superiore, anche qua manca il parapetto superiore e l'eventuale merlatura. Le mura diventano molto meno leggibili, fino a raggiungere il retro la chiesa di San Nicolò, più avanti si apre anche Porta di Piazza, più recente e priva di particolari difese. Le opere difensive riprendono con i resti di una torretta rettangolare davanti alla porta, ritornano le possenti scarpe come nel basamento di palazzo Sciarra. In alto si vede sporgere un angolo di una semitorre, con un grande arco aperto alla base, dove inizia il percorso coperto del Trabucco, visibile solo in parte dall'esterno. Proseguendo, una scalinata aperta tra le abitazioni, permette di raggiungerlo e visitarlo anche all'interno. La fila di case lungo la base delle mura, si interrompe solo in corrispondenza della rampa che sale nella porta da Sole, visibili anche qui resti delle scarpe inclinate. Probabilmente la porta fungeva anche da torre d'angolo, infatti da qui le mura risalgono velocemente verso il retro delle abitazioni del piazzale della fortezza. Il circuito si interrompe nuovamente e non riprende più fino alla rocca, dove sul lato meridionale del perimetro nei pressi della porta, si rilevano mattoni mancanti in corrispondenza della giunzione con la cinta muraria. All'angolo Sud-Ovest dell'abitato, era presente anche un altro torrione oggi scomparso, visibile nell'illustrazione del Marsili.

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