login
cerca
Visualizza sulla mappa

Marano, nel corso della sua storia, aveva già edificato in passato altre cinte murarie per difendere il villaggio, a partire dalla prima che conteneva le abitazioni dei Tasselgardeschi, demolita in occasione dell'istituzione del comune nel 1194 e poi ricostruita includendo anche il borgo che nel secolo successivo si stagliava a sud, sotto il castello. Divenuti i fermani nel 1266 proprietari del castello, decisero di costruire nuove opere fortificate a difesa dei palazzi del potere e delle abitazioni che occupavano lo spazio ad est dell'antico insediamento, che sorgeva nell'attuale area di Villa Grisostomi. L'ultima espansione si ebbe nella seconda metà del XIV secolo, secondo alcuni nel periodo della signoria fermana di Giovanni Visconti da Oleggio, quando vennero anche edificate le mura di Fermo e di Porto San Giorgio; essa interessò la zona nord di Marano dove la strada scendeva per raggiungere il porto costruito lungo la foce del torrente di Sant'Egidio. La cinta che quindi oggi percorre ancora ampi tratti intorno all'incasato è frutto della somma dei vari interventi che nei secoli hanno seguito le espansioni dell'abitato maranese e si modella seguendo le linee dettate dall'impervio territorio.
Il settore nord che ad oggi risulta il meglio conservato risale al XIV secolo e discende dalla parte alta del castello fino alla torre angolare più in basso, oggi ancora ben visibile e abbastanza conservata con le sue merlature ghibelline. Qui le torri sono ben mantenute a partire dalla prima di forma quadrata, poco visibile e rintracciabile nei pressi del palazzo Brancadoro; la seconda sorge a metà del tracciato ovest ed ha la forma di un puntone aperto sul retro come da tradizione trecentesca, sono quindi ben visibili le strutture interne e le aperture dove facevano fuoco gli assediati, graziosamente ornata con una cornice in mattoncini disposti a dente di lupo nella parte sommitale.
Interessante è l'andamento delle mura che presentano i beccatelli rivolti verso l'interno per permettere l'installazione delle passerelle mentre all'esterno non vi si rintraccia la presenza di caditoie, sfruttando il puntone alla metà del tracciato la muraglia effettua un salto di livello e raggiunge il torrione angolare.
Ben visibile anche percorrendo l'autostrada, da ritenersi il simbolo della cinta muraria, il torrione, di forma pentagonale, mostra ancora le sue merlature a coda di rondine; un tempo era aperto verso l'esterno ma interventi successivi hanno tamponato le aperture. Da qui la cinta devia verso est e corre fino a Porta Maggiore dove la muraglia si fa leggermente convessa ed ospita anche la piattaforma difensiva o pseudo torre, creduta erroneamente una porta.
Oltrepassata Porta Maggiore la muraglia termina, grazie ad una illustrazione del XVIII secolo sappiamo che si congiungeva con le cortine che difendevano il lato marino ad est, scomparse per frana. Nel 1841 alcune case in via Pischio, adiacente alle mura, erano già franate mentre nel 1857 il comune aveva scritto al governo pontificio per richiedere un sussidio per sanare il grave dissesto ma due anni più tardi si decide di spostare gli abitanti nel nascente centro di Cupra Marittima posto nella piana litoranea sottostante.
Le tracce delle mura urbiche riprendono poco prima del versante sud del paese dove esiste ancora una torretta e la cinta che corre fino a Porta San Rocco, ove si suppone esistano ancora le tracce delle fortificazioni erette nel XII-XIII secolo. Da questo punto la cinta si fa meno definita e risale verso Villa Grisostomi dove si trovano le ultime opere difensive nell'area dove esisteva la Rocca, le mura assumono un andamento rettangolare e stretto intorno al crinale collinare e presentano ancora alcune torri inglobate nella dimora signorile.

Se vuoi condividere questa scheda sui social, puoi utilizzare uno dei pulsanti qui sotto: