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Ed Schmidt arrivava in Italia circa 20 anni or sono. Viaggiava leggero ai tempi, zainetto in spalla e chitarra al fianco, e, nei pittoreschi vicoli delle più belle e accoglienti città della penisola, intratteneva i fortunati passanti con le sue nostalgiche e malinconiche ballate. Giungeva nel Bel Paese dopo anni di intensa esperienza come busker, che lo aveva visto percorrere le strade di svariate nazioni e continenti da quando, diciannovenne appena diplomato, aveva lasciato la sua terra natia, il Canada. Ed era nato da padre tedesco e madre irlandese e crebbe nei sobborghi di Toronto in un microcosmo vivace e multietnico. Non fu perciò un caso che, con l’ardimento tipico dei giovani animi irrequieti,maturò la scelta di abbracciare uno status di pseudo-apolidia e di concedersi il privilegio di allargare i propri orizzonti al mondo intero. La musica fu per anni il suo sostentamento e il suo speciale passaporto per il cuore della gente. Tante e significative le amicizie che strinse in quegli anni e che influenzarono profondamente la sua musica e il suo sentire d’artista. Il repertorio intanto si arricchiva e spaziava dalle cover di artisti del calibro di Neil Young, Leonard Cohen, Tom Waits, Jackson Browne, Bob Dylan, Don McLean, Jim Croce, Bob Marley, Tracy Chapman, etc., ai brani propriamente scritti da lui. Lo stile di scrittura di Ed Schmidt era inizialmente caratterizzato dall’influenza delle sue prime esperienze giovanili. Infatti, a Toronto, aveva suonato in un gruppo heavy metal, gli Aftermath, ed era stato un appassionato studente del compositore avant-garde Lloyd Garber, da cui apprese un approccio metodologico filosofico nell’uso dell’intervallo in sostituzione di scale, temi e motivi. Risonanze in tal senso, si ritrovano nei brani che Ed incise su nastro, in sole 24 ore, nel 1991 a Poznan, Polonia. L’album s’intitolava The Busker e annoverava 12 canzoni, rigorosamente registrate nella loro disarmante e intenzionale semplicità, in cui l’artista manteneva col proprio ascoltatore il suo privilegiato rapporto da musicista di strada. Nel frattempo anche la vita affettiva di Ed segnò una nuova svolta esistenziale: il matrimonio e i figli implicarono un impegno quotidiano al quale si volle interamente dedicare e che gli offrirono l’occasione di vivere la sua arte non più come un’impellenza lavorativa, ma come una più intima espressione della sua maturata personalità. E così trascorsero svariati anni prima di ritornare sulla scena musicale pubblica con un nuovo progetto artistico dal nome accattivante di No Commitments except those created by chance. L’album fu registrato tra il Canada, l’Irlanda e la Germania, e l’autore ne reclamava l’idea di fondo della totale casualità come spirito guida e musa ispiratrice. Anche le collaborazioni artistiche nacquero spontaneamente, caratterizzando l’opera come un tributo alla vita e alla necessità del Caso. I temi trattati nei brani denotavano una raggiunta solidità intellettuale, una consapevolezza civica e morale e un amaro disincanto politico. Numerose esibizioni live ne attestarono l’apprezzamento e il riconoscimento di un eterogeneo pubblico di affezionati sempre più consistente e attento. Suonò in apertura di concerti di artisti apprezzati quali Christian Cuff, Peppe Voltarelli, Omar Pedrini e duettò più volte con un vecchio amico di lunga data, Jon Hicks, talentuoso e affermato chitarrista nella scena della musica tradizionale irlandese.
Alla distanza di due anni, Ed Schmidt lancia il suo ultimo lavoro. ‘Upping the ante’ si tratti di un’ auto-produzione, l’autore ha voluto affidarne la promozione e la distribuzione rispettivamente a UBEDI e AUDIOGLOBE.
Non vi rimane che ascoltarlo e apprezzarne le raffinate sonorità, l’intensità dei testi e l’onestà di un originale e intrigante artista!

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