Di questi tempi si è discusso e scritto molto sul dialetto, rivalutandolo anche grazie a due arti nobili quali il teatro e la poesia. Nonostante questo, però, sembra irreparabile il suo processo di degrado soprattutto nei grandi centri dove il dialetto subisce un duro colpo: quello della contaminazione con la lingua “nazionale”. Nella prima metà del XX sec. però, e paradossalmente, a salvare il dialetto fu un'operazione "letteraria" e in qualche modo culturale ad opera di Ernesto Ciucci. Nato a Cupra Marittima nel 1866, Ciucci intraprese una vera e propria azione per conservare e valorizzare l'anima autentica della sua città.. Epopee maranesi (Marano era il nome di Cupra Marittima fino al 1863) sono cantate dal poeta in un dialetto estremamente espressivo, come in quelle favole vere che un qualsiasi nonno potrebbe raccontare ai nipoti accanto al focolare. Talvolta gli eventi vengono descritti con un'ironia solo apparentemente bonaria, che si traduce invece in pungente sarcasmo per quel senso di colpa che si prova constatando il disfacimento cui sembrano essere condannate le tradizioni popolari . I versi de “Lu Castelle de Mara'” suscitano curiosità, interesse e commozione per l'accorata rievocazione dei tempi gloriosi e per la preoccupazione della scomparsa degli abitanti, tutti espressi con la più vivida caratterizzazione grazie a determinati aggettivi e particolari. Toccanti le rievocazioni dei giochi dei bambini e dei ragazzi “alla noce” e a “'ngiochetta”. Non mancano teneri sospiri e pene d' amore condite talvolta con maliziose illazioni. Nelle “Cagnare de Sanmmasse” si assiste alla contesa tra i Maranesi e i vicini delle Grotte (Grottammare) in temini molto accesi. Tutte le vicende e le varie fasi della vita erano prese in considerazione e analizzate con lo scopo di rendere le piccole e grandi storie come un vero e sincero omaggio al SANGUE della sua amata terra. Ernesto Ciucci da Roma tornerà a morire nella sua Cupra nel 1940, come per una forza misteriosa.
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