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Francesco Tamburini
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Francesco Tamburini nasce nel capoluogo piceno nel 1848. Dopo i primi studi ad Ascoli si trasferisce ad Ancona con la sua famiglia, dove frequenta il Liceo; sempre al seguito di essa si sposta a Pisa, iscrivendosi alla facoltà di Fisica e Matematica. Non contento dei suoi studi, si reca a Bologna e nel 1872 consegue la laurea in Ingegneria. Torna nelle Marche, a Chiaravalle, nell'anconetano, e ottiene la cattedra nell'Università di Urbino, in seguito ancora a Pisa, presso l'Accademia delle Belle Arti, poi nella Scuola d'Ingegneria a Roma nel 1883. I suoi primi progetti furono presentati tra il 1882 e il 1883 con il prospetto per Palazzo Rheinold ad Ancona, e a Chiaravalle con la Villa Marulli, oggi Biblioteca comunale. Nel 1883 conosce l'ambasciatore argentino a Roma: tra i suoi incarichi il diplomatico aveva anche l'onere di trovare un valente architetto e il Tamburini fu il prescelto. Francesco si stabilì nel paese sudamericano, dove assunse il ruolo di ispettore generale dell'architettura nazionale. Il lavoro era enorme: curò la progettazione dei più importanti edifici pubblici e monumentali di Buenos Aires. Viene ricordato per l'ampliamento della Casa Rosada, sede del governo, fu suo anche il progetto del Palazzo di Giustizia, il quartier generale della polizia federale, il Palazzo dei Congressi ed altri uffici governativi. Sempre nella capitale, al Tamburini si deve la progettazione del Teatro Colón, uno dei teatri lirici più grandi del mondo, completato dal suo allievo Vittorio Meano, anche lui italiano, nel 1908. Operò anche in altre città argentine, come Cordoba, dove vi è la sede della Banca centrale, il Teatro Rivera e l'Ospedale della città. Ma a seguito dello scoppio della rivoluzione del 1890 in Argentina si verificò una spaventosa crisi finanziaria, con un inflazione che procurò al valente architetto piceno la perdita di gran parte delle sue risorse finanziarie. In una testimonianza scritta in quei giorni inquieti al suo amico, il Marchese Colucci di Jesi, Tamburini non perde la sua proverbiale vena ottimistica, sostenendo: "E fede ci vuole! torneranno tempi migliori". Ma la morte lo colse nel 1891; la sua città natale lo ricorderà già l'anno seguente con una serie di celebrazioni.

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