login
cerca
Visualizza sulla mappa

Domina dall'alto del castello ancora arroccato sopra un colle, cinto da mura, il sottostante borgo e le tranquille campagne del suo territorio. Il piccolo paese si trova immerso nelle verdi vallate dell'Ete Vivo, sebbene piuttosto spopolato può ancora fregiarsi di un bel centro storico. Curiosa è la leggenda che avvolge il nome secondo la quale la fondazione risalirebbe al signore normanno Malugero Melo, membro della potente famiglia degli Altavilla che, costretto alla fuga dal regno di Puglia a causa di una congiura, riparava a Fermo sposando una donna della città di nome Morica. I figli che nacquero dall'unione furono chiamati Rinaldo, Pietro ed Elpidio, per questi il padre fondò altrettanti castelli col loro nome, nel tempo chiamati Monte Rinaldo, Monsampietro Morico e l'attuale frazione di Sant'Elpidio Morico: due lapidi ormai scomparse nella perduta chiesa di San Gregorio avallavano questa storia che viene per la prima volta riportata nel 1692 da Natale Medaglia nella sua opera "Memorie istoriche della Città di Cluana" ed anche dagli scritti di Giovanni Tommaso Catalini, parroco del paese nel XVII secolo. Altra ipotesi sull’origine privilegia il dominio farfense dell'area e un importante priore e futuro abate chiamato Morico di Monte, che avrebbe fondato l'insediamento, oppure potrebbe risalire, come per altri castelli limitrofi, al nome del signore o della famiglia feudale proprietaria del terreno o del castello dove sarebbe sorto il paese. Curioso che nella vicina Sant'Elpidio, anch'essa contraddistinta dal "Morico", sappiamo della presenza nel medioevo di un signorotto di nome Rainaldus Rapiezonis e dei figli Morici e Rainaldi. L'etimologia invece, oltre al santo e al monte, ricorda che "Morico" deriva da un termine latino che indica una cosa appuntita, probabilmente in relazione alla forma dell'incasato.
Da quel poco che si sa questi territori erano in mano ai monaci farfensi di Santa Vittoria in Matenano almeno fino al XI secolo ma non vi sono dati certi. Si hanno notizie del castello piuttosto tardi tolte una citazione delle chiese di San Pietro di Santa Maria e di San Michele riconfermate al monastero fermano di San Pietro Vecchio da Papa Alessandro III nel 1180 e sul finire del XIII secolo dai registri dei pagamenti si legge anche della chiesa di San Paolo. Divenuto in epoca imprecisata libero comune, dal 1317, quando si sottomise ai fermani, le fonti si faranno costanti e lo si ritrova già nel 1355 a giurare nuovamente fedeltà alla città quando il cardinale Albornoz viene mandato dal papato a ripristinare l'ordine nelle Marche. Intanto il paese viveva appieno la politica fermana, la signoria di Mercenario da Monteverde nel 1331 e di Gentile da Mogliano nel 1352, piuttosto subita fu quella di un altro membro della famiglia Monteverde: Rinaldo. Questi, divenuto signore di Fermo nel 1375, tre anni più tardi saccheggia con le sue truppe e quelle di Azzo degli Ubaldini il castello e la vicina Sant'Elpidio, e durante la rivolta del 1379 viene cacciato dalla popolazione fermana e costretto alla fuga si asserraglia a Montegiorgio. Braccato dai fermani Rinaldo occupa alcuni castelli, tra questi anche Monsampietro, da qui è costretto a scappare a Montefalcone Appennino dove viene catturato e alla fine giustiziato. Finisce il trecento con la breve signoria degli Aceti che precede quella movimentata di Ludovico Migliorati, nipote di Innocenzo VII, che funestò il fermano dal 1404. Nel 1407, dopo la morte dello zio, il nuovo pontefice Gregorio XII decise di cacciarlo da Fermo e per questo inviò le truppe del Rettore della Marca che occupò diversi castelli tra i quali Monsampietro. Grazie all'aiuto di Ladislao d'Angiò, Re di Napoli, il Migliorati riesce a riprendere i suoi territori, le lotte continueranno con l'arrivo di Carlo Malatesta che durante le operazioni nel fermano invade due volte il castello, nel 1415 e l'anno seguente. Nel 1433 Francesco Sforza sale al potere fino al 1445, seguirà un periodo di relativa calma politica fino al 1507, quando arriva al potere Oliverotto Euffreducci seguito qualche anno più tardi, nel 1514, dal nipote Ludovico, morto nel 1520.
Un contingente delle truppe francesi del Duca di Guisa, di ritorno dal fallimentare assedio di Civitella del Tronto, passano per Monsampietro e tentano di assediarlo nel 1577 e anche questa volta non riescono nell'intento di penetrare nel castello. Nel 1537 si ricorda la signoria della famiglia Farnese, da cui proveniva il pontefice Paolo III, che governò Fermo per dieci anni.
Il XVII secolo sarà piuttosto tranquillo, si registra nel 1647 la costruzione del convento di San Francesco, poco fuori il castello, che sarà soppresso durante l'avventura della rivoluzione francese in Italia, cominciata nel 1799 con la Repubblica Romana. Il territorio in questo periodo sarà risuddiviso in grandi dipartimenti, Monsampietro era parte di quello del Tronto e si trovava nel cantone di Santa Vittoria, sotto il distretto di Fermo, situazione che si manterrà simile anche all'arrivo di Napoleone. Con la restaurazione si avranno altri sconvolgimenti amministrativi: torna libero comune e dal 1818 rimane dipendente da Santa Vittoria fino al 1827 quando viene aggregata a Monteleone fino al 1830 quando ritorna indipendente per tutto il periodo che precede l'Unità d'Italia. Diverrà un nuovo municipio del Regno d'Italia e nel 1868 gli viene aggregata la vicina Sant'Elpidio fino al 1871 quando viene distaccato e ceduto a Monteleone. Dal 1893 i due borghi tornati insieme affronteranno lo spopolamento del XX secolo come molti altri centri.
Nel 2004 Monsampietro entra a far parte della provincia di Fermo che diventerà effettiva durante le elezioni del 2009, distaccandosi da quella di Ascoli Piceno.
Arrivati al paese non si può far a meno di notare l'antico centro medievale che domina il capoluogo, raggiungibile percorrendo il corso cittadino che dalla chiesa di San Francesco conduce fino alla piazza del municipio, edificio cui è affiancato il piccolo teatro dedicato a Beniamino Gigli. Dalla piazza si innalzano le mura castellane contornate dai resti delle torri, tra cui una più grande delle altre che ospita la porta che ci condurrà al cuore dell'incasato. Attraversata l'arcata d'ingresso ci si trova in una piccolo ambiente aperto dove attraversando la seconda porta, ci si immette nel breve tessuto viario del piccolo castello. Un angusto passaggio coperto conduce a est uscendo nell'unica zona priva di mura del centro storico, qui arriva anche il vicolo detto “del Notaro” che invece si trova all'aria aperta. Questa è solo la parte bassa del castello infatti si continua su per la ripida rampa che conduce all'ultima porta che si apre su Piazza Malugero Melo, il leggendario fondatore normanno; le case che la circondano, il piccolo terrazzo panoramico, la chiesa dei Santi Pietro e Antonio e l'altra porta costituiscono tutto il castello. Dall'uscita occidentale si scende tramite una lunga rampa che costeggia il grande edificio sacro che incorpora il maestoso bastione quadrato, un tempo una delle torri principali se non la più importante viste le dimensioni.
Fare un giro intorno al paese non comporta un lungo tragitto e merita il tempo che gli dedicherete oltre che per la visione dei resti fortificati anche per il panorama sui tranquilli dintorni.

Se vuoi condividere questa scheda sui social, puoi utilizzare uno dei pulsanti qui sotto: