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Affacciato sopra la valle dell'Ete Vivo sorge sulla cima di un colle immerso in un verde pennacchio alberato da dove spuntano i caldi colori del cotto e il profilo del paese. Si suppone che il luogo fosse già abitato in epoca picena sebbene non siano mai stati fatti ritrovamenti archeologici che lo confermino ma quasi sicuramente nasce in periodo medievale all'ombra dei vicini castelli di Casale e di Podio che non gli sopravviveranno. Il nome deriva da Giberto -quasi certamente il proprietario del castello- e si esclude l'origine a seguito della venerazione per San Giberto che sarà adottata in epoca successiva. Tra le altre supposizioni che gravitano intorno al nome la più comune lo fa risalire ad un Giberto della famiglia dei Giberti, famiglia di una certa importanza all'epoca, singolare quella che lega invece gli Euffreducci al paese, difatti poiché la chiesa di San Nicolò e quella di San Giovanni da tempo immemore erano rette dalla nobile famiglia, si sostiene che il Giberto fosse uno dei membri del casato; singolare è anche la storia che, per un errore su diverse mappe tra XVII e XVIII secolo, riporta la dizione di Monte Liberto.
Il territorio dove sorge il paese nel medioevo ricadeva molto probabilmente tra le pertinente dell'abbazia farfense legate alla corte di Santa Maria Mater Domini nei pressi di Ponzano di Fermo che era il centro di una fitta rete di coloni sottomessi o legati da contratti agrari al monastero. Il primitivo castello sorgerà con buona probabilità tra X e XI secolo, sebbene agli inizi della sua esistenza rimarrà sempre piuttosto minuto, quindi le prime fonti scritte ci giungono solo a partire dal 1116 dagli archivi del vescovo di Fermo, curioso invece è il ritrovamento durante un crollo nel 1853 di un mattone che riportava la data del 1090. Rimane comunque nell'ombra fino alla fine del XIII secolo quando comincia a comparire nei registri delle tassazioni ecclesiastiche e a partire dal XIV secolo come castello sottomesso alla città di Fermo. In precedenza si suppone che le piccole dimensioni lo facessero dipendente da uno dei castelli limitrofi, nel territorio erano presenti quelli di Podio e di Casale che scompariranno fondendosi con Monte Giberto e creando così un centro di discrete proporzioni. Difatti passa verso la fine del trecento dal quasi anonimato ad essere classificato come castello di medie dimensioni nel comprensorio dei castelli fermani, poco prima era stato chiamato a giurare fedeltà a Fermo dal cardinale Albornoz che nel 1356 compie il suo riassetto della marca anconetana. Non compaiono nelle carte albornoziane i due castelli di Podio e Casale che erano all'epoca già decaduti. La chiesa di San Giovanni di Casale sarà ricostruita dentro le mura di Monte Giberto del nuovo insediamento. Nel 1380 lo si ritrova di nuovo sottomesso alla città di Fermo e da questo momento ne seguirà stabilmente le travagliate vicende politiche tra medioevo e rinascimento. Nel 1393 ricade sotto la signoria degli Aceti ma con la salita al potere di Ludovico Migliorati si avranno importanti vicende da ricordare per il paese, nel 1407 infatti il castello sarà assediato. Il Migliorati infatti era salito al potere con l'appoggio dello zio, il Papa Innocenzo VII che muore nel 1406, e alla morte di questo, Ludovico non volle riconsegnare i territori fermani al nuovo pontefice, quindi nel tentativo di recuperare la città saranno organizzate diverse spedizioni militari. Le truppe del rettore della Marca, il vescovo di Montefeltro insieme a Rodolfo da Varano, Braccio da Montone e Chiavello Chiavelli mettono a ferro e fuoco diversi castelli, tra questi figura nel 1407 anche Monte Giberto. Si salverà dalla successiva spedizione del Malatesta che invece funesterà diversi centri limitrofi. Nel 1434 diventa signore di Fermo Francesco Sforza che si darà alla devastazione dei castelli che gli resisteranno, tra questi viene distrutto il centro di Santa Maria Mater Domini a confine tra il paese e Ponzano. Tra i due insediamenti e Grottazzolina si scatenerà una forte rivalità per annettersi i territori del castello scomparso e mano a mano la tensione tra questi aumenta fino a sfociare nella brutalità a talpunto che nel 1449 le autorità fermane intervengono punendo Monte Giberto. Nel 1463 la vicina Grottazzolina riaccende la spirale di violenza ma stavolta la reazione della città non si fa attendere punendo i colpevoli, altro evento di cui si ha notizia dell'epoca è la partecipazione alla difesa di San Sepolcro e Città di Castello con l'esercito pontificio nel 1473. Nel 1502 Oliverotto della famiglia Euffreducci sale al potere a Fermo e l'anno seguente assassinato, nel 1514 invece il nipote Ludovico riesce a riprendere il potere tenedolo in mano per ben sei anni finchè cacciato da Fermo muore in battaglia scontrandosi con gli eserciti pontifici. Sempre nel XVI secolo riesplode la guerra dei confini contro Grottazzolina, con numerosi scontri ed attriti nonostante nel 1511 le due popolazioni costruiranno insieme un mulino sul fiume Ete; si ricorda nel 1537 la signoria fermana dei Farnese che si conclude dieci anni più tardi. Il seicento nonostante carestie e pestilenze passerà senza guerre a funestare le popolazioni, il paese all'inizio del secolo successivo invece inizia una profonda ristrutturazione dell'incasato medievale, aggiornandolo alle nuove esigenze della modernità. Viene risistemata la viabilità interna, ricostruite le chiese di San Nicolò e di San Giovanni mentre ne sarà eretta una nuova dedicata a Sant'Antonio, si aggiungono a questi edifici anche il Palazzo Comunale e fuori dalle mura, il monumentale santuario della Madonna delle Grazie. Con l'arrivo dei venti rivouzionari dalla Francia, nel 1798 viene fondata la breve repubblica Romana che rivoluziona le istituzioni. Il paese diventa municipio e viene annesso al governo di Petritoli che nel frattempo era diventato capoluogo nel contesto del neonato dipartimento del Tronto, durato un anno, che nel 1808 con l'arrivo di Napoleone viene riformato fino alla Restaurazione. Con l'Unità d'Italia il paese entra a far parte della provincia di Ascoli fino all'istituzione della provincia di Fermo nel 2004.
Arrivati in paese si procede nella sua esplorazione entrando da uno degli accessi che varcano i resti della cinta muraria, il borgo infatti si stringe ancora compatto dietro le sue fortificazioni, l'abitato è diviso in due dal corso paesano dedicato a Don Nicola Arpili e verso la metà si affaccia la chiesa di Sant'Antonio. La via collega le due piazze principali: la prima dedicata a Leopardi e la seconda detta della Vittoria è quella dove si trova la chiesa parrocchiale e quella di San Giovanni Battista, tra le due campeggia il gradevole palazzo comunale. Collegata alla piazza c'è una interessante terrazza panoramica dove è possibile scendere per raggiungere il monumentale santuario della Madonna delle Grazie; questa è la parte alta del paese ed essendo quella più antica le strade si dispongono a ventaglio con San Nicolò al centro. Nella parte bassa invece l'asse viario sembra più caotico e segue l'andamento delle mura, scendendo verso meridione si raggiunge la Porta da Sole dove è possibile uscire verso il parco che costeggia le mura per qualche minuto di riposo.

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