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Piccolo castello che nei secoli si è sviluppato fino a diventare uno dei maggiori comuni nella vallata del Vomano.
Lotaresco, come era chiamato alle origini, fa chiaramente riferimento ad un proprietario di origine germanica di nome Lotario, con questo nome infatti viene chiamata nel Catalogus Baronum, redatto dai normanni e completato nel 1166, dove si legge che è possesso di Ugo di Attone. Ricompare nel 1251 quando assieme ai castelli tra il Tronto ed il Fino, rientra nelle pertinenze della diocesi di Atri, concessa alla città abruzzese per aver aiutato la Santa Sede nella lotta contro gli imperatori Svevi. Durante il periodo angioino le notizie sul paese si fanno più frequenti, nel 1271 su richiesta di Carlo d'Angiò, fornisce due armati per assicurare la viabilità nelle strade comprese tra la vallata del Vomano e Civitella del Tronto. Quattro anni dopo si ha notizia che Santo di Atri è signore di due parti del feudo di Notaresco ed invece nel 1279, si legge che le stesse quote sono possesso dell'abbazia di Santa Maria di Propezzano mentre la terza parte è in mano ad Arpino di Camarda. Gli Acquaviva compaiono nel 1308 come possessori di Notaresco, otto anni più tardi vediamo anche Trasmondo III Trasmondi di Castelvecchio, l'attuale Castellalto, condividere il feudo con Francesco Acquaviva, da qui in poi rimarrà saldamente in mano alla famiglia nobile. Nel 1395 Antonio Acquaviva viene elevato al rango di Duca e la baronia di Notaresco nel nuovo ducato d'Atri, nel 1427 si registrano sgravi fiscali per la popolazione. Rientra nei territori conquistati agli Acquaviva da Francesco Sforza nel 1436, ritornati ai precedenti proprietari con la salita al trono di Alfonso d'Aragona nel 1442, nello stesso anno Andrea Matteo II diventa Duca d'Atri, ma nel 1446 viene sostituito da Giosia Acquaviva che schieratosi contro gli aragonesi, porta nuovamente la guerra. Nel 1461 viene assediato dalle truppe del Re a Cellino Attanasio e lasciato morire di peste, il ducato quindi passerà di mano a Matteo di Capua l'anno seguente fino al perdono della famiglia avvenuto nel 1467, quando Giulio Antonio Acquaviva d'Aragona, torna in possesso dei feudi. Nel biennio 1468-69, ritroviamo il paese nei registri di pagamento della tassa sul sale.
Vengono redatti gli statuti dell'Università di Notaresco nel 1514, approvati dall'Abate di Santa Maria di Propezzano: Donato Acquaviva e dal barone di Notaresco: Bonifacio Acquaviva, vengono qui stabilite le cessioni delle terre dell'abbazia agli uomini del paese, saranno costruiti quattro forni pubblici e la casa del capitano del popolo. Vengono anche stabiliti un anno dopo i confini dell'Università, che includeranno anche quelli abbaziali di Propezzano e con la vicina Morro d'Oro, infine viene anche stabilito lo stemma della comunità, mantenuto ancora oggi. Le vicissitudini politiche del Regno di Napoli faranno si che i duchi saranno spesso banditi e privati dei loro feudi, era accaduto durante la prima congiura dei baroni nel 1485, ed accadrà anche durante l'arrivo del francese Odet de Foix marchese di Lautrec nel 1527, volto alla conquista di Napoli. Dopo il fallito assedio tutti i nobili che lo avevano appoggiato saranno perseguiti, Acquaviva compresi, riavranno i loro feudi solo nel 1530, nel frattempo erano stati concessi a Fabrizio Colonna prima ed al figlio Ascanio poi. Nel 1557, durante la Guerra del Sale tra il Regno di Napoli e gli Stati Pontifici, si arrende alle truppe ascolane guidate da Gian Antonio Toraldo che dopo aver saccheggiato Campli, avevano trovato strada libera per il Sud, ricacciati indietro poco tempo dopo dal Duca d'Alba. Nel seicento si registra un periodo di tranquillità politica, nel 1619 scoppia una causa tra l'abbazia di Propezzano ed il vescovo di Teramo per la giurisdizione sul paese risolta nel 1636, sempre in questo secolo vengono fondate le confraternite e nel 1695 viene anche registrata la presenza di un'ospedale. Il settecento invece si caratterizzerà per la fine della dinastia dei duchi, avvenuta nel 1760 e la trasformazione del ducato dello Stato Allodiale di Atri, sotto il diretto controllo della corona. Il paese che dal piccolo castello medievale era piuttosto cresciuto, dopo la conquista del Regno da parte di Napoleone nel 1806 e con la seguente riforma amministrativa, diventa capoluogo di Governo nel neonato distretto di Teramo, nel 1811 l'università viene trasformata in comune. Nello stesso anno gli viene annessa Guardia Vomano e la contrada di Cantalupo, nel 1813 anche il potere religioso passa dall'abbazia di Santa Maria a quella del vescovo di Teramo. Si diffonderanno in quel periodo le idee liberali dando il via al movimento carbonaro del paese che partecipa alle rivolte, esplose dopo i moti siciliani, tra il 1820 e l'anno successivo, nel 1822 viene a predicare San Gaspare del Bufalo, non riuscendo però a fiaccare lo spirito libertario delle sue genti. Si ricordano come figure di spicco del movimento:Don Antonio Sabatini che fonda il giornale "Gli Spettatori dei Destini Italiani" durante i moti del 1848 e Ignazio Rozzi, fondatore della rivista "Il Gran Sasso d'Italia". Durante l'Unità d'Italia il paese sarà schierato con la sua guardia nazionale a favore dell'esercito piemontese, nel nuovo regno sarà capoluogo di Mandamento fino alla loro abolizione nel 1927, con la creazione della provincia di Teramo. Durante la Seconda Guerra Mondiale viene istituito nel 1940 dal fascismo il piccolo campo di internamento, utilizzando due case del centro storico, nel 1942 sarà sfruttato anche per detenere i partigiani slavi, sarà chiuso nel 1944.
Il centro moderno si addossa intorno all'antico castello, qualche traccia di mura ed una porta piuttosto rimaneggiata ne ricordano l'antico splendore, vi si arriva percorrendo la rampa che affianca il municipio, sulla parte più alta si trova la piazza con la scacchiera ed i resti di un'abitazione cinquecentesca col suo portale. La lunga facciata del Palazzo De Vincenzi introduce alla parte bassa, percorrendo la larga via si arriva alla piazza dove sorge la chiesa parrocchiale dei Santi Pietro ed Andrea, alla sua destra c'è Palazzo Romualdi con il museo archeologico. A destra invece si imbocca Via Marconi che costeggia le mura medievali, si incrocia con Via Roma che scende verso la chiesa della Madonna del Carmine e prosegue fino a uscire dal paese in direzione sud, proseguendo lungo un viale alberato. Proseguendo lungo le mura invece si arriva fino alla Piazza del Popolo, dove si trova la porta, proseguendo per Via San Rocco si raggiunge la chiesa omonima nel borgo a nord dell'abitato, qui alcune strette vie riportano alla zona del castello ed alla monumentale fontana in metallo.

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