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Nascosta tra la vegetazione del fondovalle del torrente Rio, la sua possente figura è solo una parte del grandioso aspetto che aveva precedentemente l'antica chiesa. Se ne parla dal 1198 quando veniva concessa dal papa all'abbazia di Farfa ma sicuramente esisteva già da diverso tempo, l'edificio sembrerebbe risalire al IX secolo, secondo alcuni invece è del X-XI secolo mentre secondo altre attribuzioni si scende addirittura al VIII secolo. Nel 1125 la sua importanza comunque era già ben nota e l'abate di Farfa Adenulo la segnala insieme a Santa Maria in Pantano e altri monasteri piuttosto ricchi, per pagare una tassa annua all'abbazia, la lista sarà riaggiornata nel 1295 e comprenderà sempre le due chiese montegallesi.
La chiesa era legata alla nobile dinastia dei Marchio che possedeva il sovrastante castello di Santa Maria in Gallo oltre a numerosi possessi nell'area. Nel 1378 Montegallo stipula la pace con Montelparo e nel citare il nome del territorio dei primi è scritto "Terra di Santa Maria in Lapide" quindi l'istituzione religiosa era talmente importante da aver dato il nome alla zona. I farfensi a partire dal XV secolo cominciano a rinnovare l'edificio e ne dispongono l'ampliamento sfruttando le maestranze lombarde, viene costruita anche la cupola e riaggiornato il transetto, il corpo centrale della navata crolla però nel corso del XVI secolo. Nel 1571 Pio V sopprime la diocesi farfense nell'istituire la diocesi di Ripatransone e la chiesa passa alla diocesi ascolana, nel 1650 per volontà del preposto Carlo Rubei e degli amministratori Giacinto e Lucido de Agostinis viene ricostruita la porzione destra. Riedificata in tre navate reca una pietra sopra il portale dove è impressa la committenza, sempre in quel secolo viene prodotto il ciclo di affreschi all'interno. A quell'epoca le sue fortificazioni vengono sfruttate contro i numerosi banditi che infestano l'area.
Nel 1955 per il centenario dell'apparizione della Madonna di Lourdes, si decise di ricostruire la parte occidentale aggiungendogli una nuova navata ricostruendola sulle tracce delle strutture precedenti, per i lavori viene scelto lo scalpellino ascolano Ignazio Mariotti che consegna i lavori tre anni più tardi. Nella nuova opera vengono riutilizzate anche la parti salvate dalla precedente costruzione ovvero il portale ed il rosone che da tempo si trovavano murati all'interno. Nel 1959 però a seguito di abbondanti piogge crolla il muro di contenimento della nuova navata che rimane danneggiata, nel 1962 con una nevicata crolla anche il tetto e la chiesa viene chiusa, la nuova navata viene abbattuta e il grande arco viene nuovamente tamponato. Quello che appare oggi è frutto degli interventi che hanno stravolto la struttura nei secoli, subito si nota il grande arco dove si innestava la crollata navata centrale dell'edificio, l'interno è caratterizzato dalla cupola che si trova al centro della struttura, innalzata su base ottagonale circondata da un ballatoio in pietra sorretto da mensole, altre se ne trovano nella facciata posteriore. La zona del transetto a sud invece è coperta da una volta a crociera, al di sopra si trovano le abitazioni dei religiosi che sono ben visibili dall'esterno ed oggi raggiungibili anche da una scala in ferro, nella parte intorno alla cupola si trova un ambiente dove si aprono le feritoie a scopo difensivo. Il massiccio campanile a vela si alza sul retro della struttura, due grandi arcate contengono le due campane maggiori mentre le altre due minori sono installate in un seconda piccola vela costruita al di sopra della prima. Inserita in un contesto estremamente suggestivo, non si dimentichi oltre a visitare l'edificio sacro anche una breve sosta al caratteristico mulino Orsini.

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