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Armello d'Ascoli
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Armilleo Bastoni fu un condottiero d'arme attivo nel XV secolo. Le sue prime notizie storiche sono datate 1415, quando Armello, come si faceva chiamare, milita nella compagnia di ventura di Lorenzo Attendolo, cugino di Giacomo detto "Sforza". Nel 1416 è di stanza ad Orvieto, dove coordina la guardia civica che deve fronteggiare la minaccia delle truppe angioine; in seguito, per un'ingente somma di denaro, consegnerà la città a Braccio di Montone, uno dei maggiori signori della guerra italiana della prima parte del Quattrocento. Nel 1423, il soldato di origine picena passa sotto il regno d'Angiò per fronteggiare la minaccia di Braccio di Montone nell'Italia meridionale. Nel giugno del 1424 partecipa alla famosa battaglia combattuta a L'Aquila dove è nelle retroguardie insieme a Dolce Conti; dopo il sanguinoso scontro ottiene un salvacondotto per transitare nella zona di Chieti con 150 fanti e 40 cavalli. Nel 1425 è a servizio delle truppe di papa Martino V, comandando una compagnia di 100 soldati: grazie ai suoi servigi il papa lo nomina castellano di Roccantica nel reatino nel 1427. Ma Armilleo non si accontenta della vita di governatore del castello laziale e nel 1428 segue un altro celebre condottiero d'arme, ovvero Niccolò Piccinino, in Lombardia, ingaggiato dalla signoria dei Visconti; ancora un volta si distingue nelle strategie militari, effettuando un'audace azione, catturando ad Albino, nel bergamasco, città difesa da Matteo Baldazzi e da suo nipote Giovanni, oltre un centinaio di soldati e chiedendo un considerevole riscatto. Il successivo pontefice, Eugenio IV, nel 1431 lo conferma ancora una volta signore di Roccantica per cinque anni; viene anche confermata ad Armello per altri nove anni lo sfruttamento di uno mulino ad Acquasanta Terme, atto concesso da Martino V. Nel 1433 lo stato della Chiesa fu scosso da rivolte che portarono allo scontro tra il papato e la potente famiglia Colonna, le notizie sono incerte ma attestano che Armello viene arrestato con l'accusa di tradimento, le truppe al comando del Cardinale Giovanni Maria Vitelleschi protonotario apostolico sedarono le rivolte ed il tribunale decretò la condanna a morte per impiccagione del soldato ascolano e la susseguente confisca dei suoi beni. La sentenza avvenne nei primi mesi di quell'anno.

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