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Piccolo triangolo di campi sito tra i comuni di Montegiorgio, Belmonte e Mogliano ma exclave del comune di Fermo. Chiamata Boara per la vocazione al pascolo dei suoi terreni, la contrada, rimane famosa oltre che per la sua posizione, anche per aver scatenato una piccola guerra tra Belmonte e Montegiorgio, raccontata abbastanza dettagliatamente dal cronista fermano Giuseppe Nicola Erioni e dal belmontese Giovanni Marino Lucido.
Tutto era nato per una questione di pascoli che i belmontesi utilizzavano spesso sebbene i montegiorgesi tradizionalmente disponevano del territorio poichè situato a nord del fiume Tenna. All'epoca come adesso la località era già da lungo tempo proprietà del comune di Fermo ed alcuni cittadini avevano anche dei possessi nella zona. La controversia cominciò per i soliti motivi di sconfinamento verso la prima metà del XVI secolo: un genere di liti al tempo piuttosto frequente. Nel 1541 un montegiorgese comincia a coltivare il miglio nei terreni della Boara a scapito dei belmontesi che vi si recavano a pascolare: i contrasti tra le cittadine si inaspriscono ed i priori di Montegiorgio scrivono una lettera ai priori rivali chiedendo di evitare il pascolo e di sgomberare dalla Boara. Quelli di Belmonte, soprattutto quelli che avevano costruito nel territorio, irritati, continuarono a frequentare la contrada, fu così che i montegiorgesi inviarono una spedizione punitiva per catturare il bestiame dei rivali. Come reazione venne deviato il corso del canale che alimentava il mulino di Montegiorgio e a quel punto intervennero le autorità pontificie per ripristinarne l'alimentazione. Montegiorgio l'anno successivo riseminò la contrada col grano ma, quando fu tempo di mietere il raccolto, nottetempo, si presentarono i belmontesi insieme a gente da Gualdo, Falerone, Monte Vidon Corrado, Grottazzolina, Monte Giberto, Servigliano e Magliano che cominciarono a trebbiare di nascosto. Montegiorgio protestò con il governatore di Fermo che fece arrestare alcune persone e nel corso dello stesso anno si giunse ad un accordo con il capoluogo: la contrada rimaneva proprietà del comune fermano mentre i montegiorgesi potevano coltivare e pascolare su questa terra, per l'occasione si rimarcarono anche i confini della contrada.
Belmonte da subito cominciò a manifestare una maggiore insofferenza, insieme agli altri comuni circostanti, per i vicini di Montegiorgio: nel 1544 la situazione si fa sempre più fuori controllo, viene distrutta una casa belmontese alla Boara mentre alcuni fuoriusciti di Falerone assaltano il mulino, si registrano anche scontri con morti tra montegiorgiesi e gente di Magliano. L'anno dopo il conflitto raggiunge il suo picco massimo quando, dopo una serie di sregolatezze, alcuni personaggi di Montegiorgio decidono di incendiare nella notte il mulino di Belmonte. La controparte, per vendetta, il giorno seguente, raduna i suoi armati e attacca il mulino dei rivali che viene interamente distrutto. Finita l'opera il piccolo esercito si dirige in contrada Boara dove altre truppe dei paesi vicini, venute a sapere dell'incendio del mulino belmontese, avevano mandato i propri uomini in aiuto; si erano radunate così circa duemila persone ed il grande assembramento armato decide di recarsi verso Montegiorgio. Si prende la decisione di passare per la contrada di Margiano devastando e incendiando i campi, demolendo anche una casa, mentre intanto andavano unendosi altri uomini alla folta e dannosa schiera. Arrivati sotto le mura di Montegiorgio vengono fermati in tempo dal Governatore di Fermo che riesce a calmare gli animi ed a ricondurre i facinorosi alle sedi di provenienza. Il grave oltraggio alle autorità fermane fu punito duramente e venne anche spiccata una condanna a morte. Oltre che subire diversi arresti, grandi furono le multe che dovettero pagare i paesi partecipanti alle devastazioni.
Sebbene piccola questa contrada nasconde preziose memorie, attualmente ospita più campi coltivati rispetto ai pascoli; una manciata di case, che ospita i pochi abitanti, e la strada che le collega completano la descrizione di questa rimarchevole isola fermana.
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