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Sorgeva su uno basso colle solcato ad occidente dal letto del torrente Vargo, un'affluente del Tronto, nell'attuale comune di Colli del Tronto.
Come altri luoghi lungo la Salaria, prendeva il nome dal miglio corrispondente, come per il vicino Sesto che darà origine al centro di Castel di Lama, se ne parla a partire dal 1025 insieme al castello di Pomonte, all'abbazia benedettina di Montecassino. Venivano infatti donate in quell'anno all'abate Richerio, alcune quote di questi feudi, parte dei diritti sulle chiese del territorio: San Giovanni e di San Rustico ed alcuni terreni, da parte del possidente Tederio di Mainardo. Tra questa donazione ed l'anno 1052, anche il Vescovo di Ascoli si era inserito tra i proprietari, infatti rimangono una bolla papale dello stesso anno e una serie di carteggi imperiali che vanno fino al 1185, l'ultima redatta dallo svevo Federico Barbarossa, che riconfermano il bene al porporato. Lo continuerà a condividere per un certo lasso di tempo con i monaci cassinesi, infatti i due castelli vengono riportati nel portale bronzeo dell'abbazia laziale fuso nel 1137 dopo che l'imperatore, Lotario III, le riconferma i suoi numerosi possedimenti; anche i monaci farfensi erano operativi nell'area grazie sempre alle donazioni terriere. Continua ad essere segnalato nel XIII secolo: si legge infatti che nel 1212 Papa Innocenzo III conferma il castello alla badessa del monastero cistercense della Fonte dell'Olmo, sito nel comune di Castel di Lama, viene citato uno dei suoi abitanti, tra i beneficiari di una concessione della Chiesa ascolana nel 1241. Dalle cancellerie angioine del Regno di Napoli invece arriva un documento del 1279, dove viene confermato alla famiglia Di Agoto-Courban il feudo di Controguerra, nella descrizione dei confini dove si parla del territorio di Ottavo, confinante col castello di Spinetoli, che aveva giurisdizione anche sulle piane sottostanti fino alla frontiera sul Tronto. Nei registri delle tasse ecclesiastiche tra il 1290 ed il 1292 viene registrata la presenza di una pieve riconducibile a quella di San Felice.
Nel trecento inizia la decadenza del castello, non lo si trova fra i castelli ascolani nella "Descriptio Marchie Anconitane" del cardinale Albornoz, alcuni studiosi sostengono che sia presente col nome corrotto di "Octicano", castello distrutto dagli ascolani per un non ben precisato motivo. Riappare nei catasti ascolani del 1381 dove si legge che è ormai declassato a contrada sottoposta al sindacato di Castorano. A partire dalla fine del secolo ed in quello successivo si registra un fenomeno di migrazione da parte della popolazione delle montagne ascolane verso la media vallata del Tronto, all'epoca scarsamente abitata.
A partire dal 1411 fino al 1419, vengono redatte diverse concessioni territoriale da parte del Vescovo, verso molte famiglie di coloni provenienti dalle frazioni dell'odierno comune di Roccafluvione, rinominando le contrade del castello con i nomi dei luoghi di provenienza. Li ritroviamo ancora oggi nei toponimi di Vallicella, Casaregnano, nella vicina frazione di Pescolla di Castorano, anche la comunità di Pagliare del Tronto si va a formare in questi contesto di emigrazione.
Questo flusso di gente, sparpagliandosi nelle campagne, non andrà ad interessare l'antico castello che grazie anche alla sua posizione non troppo comoda, andrà mano a mano spopolandosi fino a cadere in rovina, nel 1489 infatti viene riportato che anche la pieve era ormai abbandonata e cadente.
Le varie comunità rurali intanto avevano scelto come centro delle attività i "Colli di Ottavo" che diventerà il nuovo capoluogo quando nel 1543 il territorio del castello sarà distaccato da Castorano e riunito insieme a quello di Castel di Lama, nella podesteria di Lama e Colli. D'ora in poi rimarranno soltanto: la memoria del castello nei toponimi ed alcuni ruderi, ancora citati nel 1829 mentre, nel catasto gregoriano dello stato pontificio verso la metà del secolo, si segnala ancora il sito dove sorgeva. Lo stemma comunale realizzato in seguito all'Unità d'Italia nel 1889, ricorderà con l'immagine araldica di una torre in rovina, i ruderi del castello che all'epoca erano ancora visibili.
Riscoperto in tempi recenti dagli appassionati di storia locale, oggi rimane solo la spianata dove sorgeva il castello, protetta ancora dalle rupi lungo le quali correvano le sue mura.

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