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Lo troviamo sul limitare di un piccolo altopiano nei pressi del crinale boscoso che costeggia a nord lo scorrere del fiume Tronto.
Questo piccolo insediamento seminascosto dalla vegetazione, poco distante da Venamartello, ha origini che risalgono al medioevo. Infatti Le prime notizie arrivano dalle donazioni fatte nel 1039 ai monaci farfensi, dal possidente longobardo Hilperino, consistenti in diversi territori della montagna ascolana. Qui si fa menzione del castello, oggi scomparso e rintracciabile nei pressi del colle detto appunto di "Capo Castello. Viene ricordato quando nel 1255 papa Alessandro IV, punisce Quintodecimo colpevole di averlo devastato. L'insediamento attuale in origine era chiamato "Piane", si sviluppa probabilmente come borgo del sovrastante castello. Quest'ultimo quando perde le sue funzioni strategiche e difensive, viene mano a mano abbandonato, in favore della posizione più comoda delle Piane, che gli sopravviveranno ed oggi portano il suo nome. Il Marcucci, nel suo "Saggio delle cose Ascolane", la cita come possedimento della famiglia Malaspina di Ascoli. Probabilmente nel XIII secolo entra a far parte dello stato ascolano, compresa nel sindacato di Venamartello, centro al quale sarà sempre legata. Partecipa nel 1350, insieme ad altri castelli della montagna ascolana, alla congiura ai danni di Galeotto Malatesta, soffocata con il sangue. Le rivolte scoppiano ancora due anni più tardi, ma stavolta il Malatesta è costretto a ritirarsi a causa delle numerose perdite.
Nel XIV secolo il borgo era amministrativamente congiunto alla vicina Venamartello, come si evince dai catasti del 1381, che più tardi verranno annessi al più grande sindacato di Paggese. Nelle bolle vescovili di inizio quattrocento risulta che i due insediamenti avevano in comune anche le due chiese, quella di San Salvatore e quella di San'Angelo, la seconda però, già nel secolo successivo, non sarà più menzionata. Esisteva un'altra chiesa sempre edificata tra i due castelli, quella di Santa Maria di Collalto, che venne demolita in un tempo imprecisato perchè spesso rifugio di banditi. Nel 1458, si legge sempre dai catasti, che le due ville risultano ormai divise e pagavano separatamente i tributi. Successivamente continuerà la sua avventura all'interno del sindacato di Paggese, attraverso il banditismo e l'invasione dei napoleonici, fino alla fondazione del breve comune di Santa Maria a Tronto, che durò solo dal 1834 all'uniità d'Italia.
Il Borgo è pervaso da un'atmosfera surreale: una parte è stata restaurata recentemente, ma già abbandonata di nuovo a sè stessa, mentre decisamente trascurato è il resto dell'abitato. Nell'agglomerato principale sono interessanti le abitazioni rinascimentali in arenaria con finestre ed architravi lavorate che si affacciano su una strada coperta molto suggestiva.
La sterrata che attraversa il paese oltrepassa la graziosa chiesa di San Giovanni e la fontana pubblica, prima di uscire verso le campagne. Ad est si dipanano le stradine ricoperte d'erba che portano alla parte abbandonata, dove vari ruderi spuntano dalla vegetazione.
Recentemente è stato interessato da un progetto di riqualificazione turistica che ha fatto sì che fosse ristrutturata parte del borgo, ma a quanto si vede non ha raggiunto lo scopo prefissato riabbandonando il borgo al suo oblio.

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