Nasce a Teramo nel giugno del 1846. Fu uno storico, archeologo, bibliografo e paleografo, curò studi di araldica e di numismatica e si distinse anche per indagini molto accurate sul piano della storia giuridica, dell'arte e della linguistica con particolare riferimento al dialetto abruzzese.
La città natale gli ha dedicato il Museo Archeologico e un istituto scolastico. Una sua grande passione fu la storia medioevale prevalentemente della zona teramana, sempre considerando il quadro politico-amministrativo nel quale di volta in volta quel territorio veniva a trovarsi. Potendo disporre di buone risorse finanziarie grazie alla famiglia benestante, Savini sviluppò ricerche attente e particolari scegliendo poi per pubblicarle tipografi molto importanti come i romani Forzani e Bardi, entrambi tipografi del Senato Italiano. La bibliografia dei suoi scritti è imponente e conta più di 160 tra saggi e articoli prodotti nell'arco di circa sei decenni.
Il suo percorso formativo avvenne attraverso insegnanti privati e senza alcuna preoccupazione di conseguire titoli di studio ufficiali. All'età di 30 anni era già molto prolifico, iniziò a pubblicare nel 1881, data in cui diede alle stampe il suo primo volume "I Signori di Melatino" dopo il quale continuò a scrivere in proprio e per varie riviste con assidua regolarità fin quasi a 88 anni. La sua vasta opera ebbe una diffusione molto capillare, Gaetano Salvemini lo citò in molte occasioni, così come il gesuita Pietro Tacchi Venturi che di lui scrisse su "La Civiltà Cattolica" e sopratutto Benedetto Croce che in uno dei volumi della "Letteratura della Nuova Italia" guardò con attenzione al Savini elogiando il suo operato. Lo stesso Croce con lo pseudonimo di Don Ferrante, lo recensì svariate volte sul periodico "Napoli Nobilissima".
Notevole fu il suo contributo nel campo bibliografico e archivistico. Si distinse nella speciale cura nella pubblicazione dei più significativi documenti recuperati dagli archivi da lui visitati. Nel 1905 il responsabile dell'Archivio Diocesano di Teramo Muzi riscoprì il perduto "Cartulario della Chiesa Aprutina" e si rivolse al Savini per lo studio del documento. Dopo ben cinque anni di intenso lavoro Francesco riuscì a trascrive e commentare la raccolta che comprendeva documenti dal 875 al 1178. Lo studio gli procurò un apprezzamento e una notorietà sia in Italia che all'estero. Nel corso degli anni commentò numerosi documenti sia civili che religiosi dagli "Statuti Teramani" del 1440, alla documentazione del Monastero di San Giovanni, recandosi anche presso l'Archivio Segreto Vaticano e all'Archivio dell'Abbazia di Montecassino. Fu anche Presidente della Commissione provinciale per la tutela dei monumenti dal 1908. Si interessò di tutti gli scavi effettuati nella provincia di Teramo fino al 1930. Approfondì gli studi sui teatri ed anfiteatri romani, dell'Abruzzo studiò la "Domus" rinvenuta proprio sotto il suo palazzo e riportò alla luce il "Mosaico del Leone" divenuto poi una delle immagini più rappresentative della regione Abruzzo e di Teramo. Trovò anche il tempo per la carriera pubblica: fu Presidente della Congrega di Carità, organo che gestiva la sanità; fu consigliere e assessore comunale, curando il Museo Civico e la Pinacoteca e si batté per l'integrità territoriale di Teramo nel 1891. Nel 1927 però non riuscì ad evitare lo smembramento del territorio teramano in favore della nuova provincia di Pescara.
Attivo e presente fino alla fine dei suoi giorni si spense a Mosciano Sant'Angelo nel novembre del 1940.
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