login
cerca
Visualizza sulla mappa

Martino Bonfini nasce nel piccolo borgo di Patrignone nel 1564. Suo padre Guerriero discendeva dal noto umanista Antonio, mentre sua madre Pantasilea era figlia dell'artista patrignonese Giacomo Agnelli. La sua attività si svolse in larga parte nel Piceno, ad eccezione di un breve soggiorno in Piemonte nel cuneese, tra il 1596-1597 nel quale dipinse la Madonna della Cintola nella chiesa della Madonna del Pasco, la Madonna del Rosario nella chiesa di San Michele a Collemaggiore, e l'Eraclio che riporta la Croce a Gerusalemme nella parrocchiale di San Gregorio a Cherasco.
Le uniche opere documentate del Bonfini appartengono alla sua fase più matura, quando il pittore aveva raggiunto un ottimo stato di qualità e credibilità, per un arco cronologico che spazia dal 1566 ai primi decenni del XVII secolo. Nei suoi lavori piemontesi si individuano echi della pittura di Francesco Vanni e di Filippo Bellini. Martino realizza tele di straordinaria bellezza che rivelano il debito nei confronti di Federico Zuccari. Sin da opere come la Beata Vergine della Mercede presso la Casa Generalizia dei Padri Mercedari a Roma, il San Michele Arcangelo e la Madonna con Bambino tra i Santi Girolamo e Francesco nella chiesa di Santa Maria in Viminatu nella sua Patrignone, l'artista adotta uno stile carico di riferimenti a Parmigianino e a Raffaello del Colle. Altra influenza importante del Bonfini fu il Correggio come mostra l'Assunzione della Vergine di Montefortino del 1612. Molti elementi presenti nei dipinti inducono a pensare che il Bonfini abbia avuto modo di fermarsi a Parma per ammirare i capolavori del Correggio dopo la permanenza in Piemonte. Le opere di Martino mostrano inoltre un forte debito per quelle note popolari care a Simone De Magistris con il quale è possibile ipotizzare un rapporto che vada oltre l'amicizia e la vicendevole ammirazione, che sembrerebbe giustificare una possibile collaborazione. Nelle opere della fase matura come nel ciclo con Storie della Vergine nel Santuario della Madonna dell'Ambro a Montefortino il pittore ha tratto probabilmente ispirazione dal Pomarancio nella Santa Casa di Loreto, da cui riprende il suggestivo gioco di pieghe e gli effetti di luce.
Tra i lavori di sicura paternità si ricordano il ciclo Mariano (1612) nella chiesa di Santa Maria in Pantano a Montegallo, la Cappella di San Giovanni Battista (1624) e della Vergine (1629-1631) nella chiesa del Santissimo Crocefisso a Monterubbiano, la Madonna col Figlio in Gloria con i Santi Emidio Bordonio e Maccario Vescovi nella parrocchiale di Castel di Lama, la Crocefissione a Tofe di Montemonaco, la Crocifissione a Castignano custodita nella chiesa di Santa Maria del Borgo, la Cena di Gesù dopo il digiuno di quaranta giorni nel refettorio del Convento dei Padri Cappuccini di Ascoli Piceno, l'Esaltazione della Croce nella chiesa di Sant'Agostino a Grottammare, la Madonna del Rosario con i quindici misteri di Poggio Canoso di Rotella, e i dipinti della chiesa di San Pietro a Montalto delle Marche. Nei primi anni del Seicento il Bonfini manifesta anche profonde convergenze con la pittura di Carlo Allegretti di Monteprandone che inducono a pensare ad una collaborazione prolungata tra i due artisti piceni. Studi recenti hanno appurato un ridimensionamento della tesi che Martino potesse aver realizzato lavori in stucco attribuitogli dallo storico ascolano Fabiani. Resta tuttavia evidente che l'artista manteneva strette collaborazioni con intagliatori del legno attivi nel territorio dove risiedeva come dimostra la statua di Santa Lucia di Poggio Canoso. A Patrignone tra i secoli XVI e XVII vi era una ricca tradizione artigianale di falegnameria, dove spiccano le botteghe di Bernardino e Desiderio Bonfini. Quest'ultimo fu membro della locale Confraternita del SS.Sacramento per la quale realizzò dei lavori, e per la quale Martino rivestì la carica di Priore nel 1601. La sua morte viene datata nel 1636.
Cenni storici tratti dalla pubblicazione: Opere d'Arte Salvate dal Sisma. Da Camerino e dalle Terre Sistine. Nardini Editore. 2018. Articolo della Dott.essa. Beatrice Barbizzi.

Se vuoi condividere questa scheda sui social, puoi utilizzare uno dei pulsanti qui sotto: