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Uno dei più gradevoli borghi della provincia di Fermo, arroccato sopra uno scenografico sperone di roccia che come un balcone naturale si affaccia sulla valle dell'Aso.
Per individuare le origini sul nome come sempre si incorre in ipotesi più o meno fantasiose, a partire da quella che narra di un mitico signore di nome Falcone, a quella che sostiene che nasca dal termine "Falk", che in lingua germanica vuol dire "spaccato" e quindi indicherebbe la montagna spaccata ma più probabilmente il nome è da attribuire al rapace che nidifica sulle pareti rocciose sotto l'abitato.
La storia dell'abitato è strettamente legata alla presenza dei farfensi in quanto era tra i loro primi possedimenti nella Marca, risalenti alla donazione del Duca di Spoleto Faroaldo del VIII secolo. Nel 928 viene insediato l'abate Ratfredo che dopo aver ripristinato l’egemonia farfense in Sabina, torna nei possedimenti piceni intenzionato a stabilire il proprio potere anche in questi luoghi. Egli decise di edificare la nuova abbazia sopra il colle del Matenano. Montefalcone era allora per qualche motivo ignoto, uscita dalle proprietà dei monaci, ed è grazie all'opera di Ratfredo che dietro esborso di grosse somme viene riacquistato e vi si insediano i monaci di origine sabina. Venne presto fondata una scuola in paese ad uso esclusivo dei monaci, ma l'illuminata gestione di Ratfredo venne meno quando nel 936 fu avvelenato da un confratello, Campone di Farfa, che insieme al monaco Ildebrando si spartì l'enorme patrimonio monastico, dilapidandolo. Tornata la tranquillità negli stati farfensi con la deposizione nel 971 di Ildebrando da parte dell'imperatore Ottone I, nei governi successivi l'abbazia riacquista grande potere. Il castello sarà sempre riconfermato ai monaci farfensi dalle varie bolle imperiali che si susseguirono tra il X ed il XII secolo. Agli inizi del XI secolo, durante il governo dell'Abate Ugo, nei pressi di Montefalcone, in località Perticara, viene acquartierato l'esercito dell'abbazia, a riprova che era diventato il centro della difesa dello stato farfense. Sul finire del secolo è da ricordare la formazione del vicino feudo di Smerillo, ricavato smembrando parte della grande corte di Montefalcone, da parte di un ricco dipendente del monastero, il Conte Alberto che darà il via alla dinastia dei signori di Montepassillo.
Nel 1214 i monaci concedono all'insediamento il privilegio di costituirsi libero comune all'interno dello stato farfense e sebbene Montefalcone potrà eleggere i suoi funzionari e rappresentanti rimarrà comunque legato alla vicina Santa Vittoria. L'istituzione comunale ebbe vita breve perchè durante il regno di Federico II si erano riaccese le lotte tra i guelfi, sostenitori del primato pontificio ed i ghibellini che supportavano invece il primato dell'imperatore. Montefalcone nel 1239 era stato occupato dal figlio dell'imperatore, Re Enzo di Sardegna, e fu costretto a pagare grandi tributi ma, quando nel 1246 Federico II viene scomunicato, passò sotto la Santa Sede.
Nel 1251 il paese viene occupato dalle truppe fermane e nel 1254 è preso dalle truppe di Albertino da Smerillo, ex vicario dell'abate farfense inteso a restituire al monastero il prezioso feudo, ma per ordine di Papa Innocenzo VI viene riconfermato alla città di Fermo. L'anno dopo i farfensi rioccupano il castello che gli viene nuovamente sottratto dal governo pontificio. Con l'arrivo di Manfredi, altro figlio dell'imperatore Federico II, si riaccende l'ambizione ghibellina e il paese nel 1257 viene nuovamente rioccupato dai fermani, stavolta col permesso del sovrano svevo. Montefalcone comunque mal sopportava la loro presenza preferendo da sempre l'amministrazione farfense e quindi nel 1266, alla morte di Manfredi, ne approfitta per rivendicare i suoi legami con Farfa ma la parentesi dura poco perchè ormai il castello era diventato essenziale alla politica strategica di Fermo. Per tutto il resto del duecento il paese sarà fonte di attrito tra la città ed i farfensi, tensione cui contribuirà anche la Santa Sede che per punire Fermo, nel 1276 lo prende sotto la sua giurisdizione. Due anni dopo Papa Niccolò III glielo restituisce ma stavolta l'Abate Morico si oppose e riuscì a farsi riconoscere i diritti sul feudo che nel 1290 ancora veniva minacciato dalla città. Fatto insolito nel 1299 allorché Montefalcone era entrato in possesso di alcuni signori della famiglia dei conti di Smerillo e Montepassillo che in quell'anno lo rivendono a Fermo. Nel 1323 partecipa alla lega ghibellina dei Brunforte, insieme alla vicina Smerillo, contro il castello guelfo di Monte San Martino che venne fermata dalle truppe pontificie l'anno seguente, dopo che si era lasciata dietro una lunga scia di devastazioni.
Nel 1331 intanto si insedia a Fermo la signoria di Mercenario da Monteverde che darà il via all'epoca delle signorie. Nel 1351 il castello è nelle mire espansionistiche degli ascolani, capitanati da Galeotto Malatesta, che si impadroniscono del paese riprendendosi lo stendardo che avevano perso durante l'occupazione fermana di Porto d'Ascoli qualche anno prima. Nel 1352 si avvicendano a Fermo la signoria di Gentile da Mogliano, nel 1355 il cardinale Albornoz, giunto dalla Francia per pacificare gli stati pontifici, al quale il paese è chiamato a giurare fedeltà, e infine la signoria di Rinaldo da Monteverde che nel 1379 avrà epilogo proprio nel castello montefalconese. Infatti il tiranno quando venne cacciato da Fermo si rifugiò con la famiglia e gli ultimi sostenitori nella rocca, da qui pose l'estrema resistenza all'esercito fermano che riuscì a penetrare le difese e lo arrestò portandolo in città dove insieme ai figli venne decapitato. Sul finire del XIV secolo si vive la signoria degli Aceti mentre all'inizio del secolo successivo appare la figura di Ludovico Migliorati che si impossessa del governo della città fino al 1428, grazie all'appoggio dello zio, il pontefice Innocenzo VII.
Nel 1434 dilaga nelle Marche l'esercito capeggiato da Francesco Sforza che sottometterà Fermo ed il suo comitato e fino al 1445 manterrà il proprio dominio con la forza. Tornato autonomo il comitato fermano vedrà gli ultimi intrighi dipanarsi con le signorie degli Euffreducci che caratterizzeranno l'inizio del XVI secolo, dopodichè tornerà la pace per un lungo periodo.
La fine del XVIII secolo coincise con i fervori rivoluzionari che nati in Francia raggiunsero anche gli stati italiani: nel 1798 con la Prima Repubblica Romana viene riorganizzato il territorio e Montefalcone viene annesso al cantone di Santa Vittoria nel distretto di Fermo che era anche capoluogo del Dipartimento del Tronto. Salvo la breve parentesi tra il 1800 ed il 1809 quando passa sotto la delegazione apostolica di Macerata, ritorna con l'impero napoleonico nel Dipartimento del Tronto stavolta sotto il cantone di Sarnano; nella conseguente restaurazione pontificia del 1815 gli viene annessa come frazione per due anni la vicina Smerillo.
Con l'Unità d'Italia rientra nella nuova provincia di Ascoli Piceno e vi rimarrà fino al 2004 quando rinascerà la provincia di Fermo. Nel periodo postunitario a Montefalcone riviene annessa Smerillo dal 1870 fino al 1921.
Negli anni venti si ricorda la presenza del pittore Osvaldo Licini che ispirato dal borgo dipinse diverse opere.
La sua invidiabile posizione lo ha reso negli anni passati una meta frequentata soprattutto per il clima benefico, e sebbene oggi sia piuttosto spopolato è ancora attivo nella ricettività turistica.
Arrivati al paese dalla parte bassa, si notano già le sue eminenze storiche come la fonte e i resti della cinta muraria; il centro è attraversato da due strade principali che lo percorrono in quasi tutta la sua lunghezza, qui si accalcano i principali monumenti e punti di interesse. Via Roma è la più lunga e dalla prima piazzetta che si incontra salendo dal basso, percorrendola si arriva fino alla chiesa di San Michele Arcangelo, dalla parte opposta dell'incasato, lungo il suo tragitto si trova il Teatro del Falco e Palazzo Felici, sede del Museo dell’Alamanno. Nei pressi del palazzo vi si congiunge via San Pietro che sale nella parte alta del borgo dove si trovano il palazzo comunale e la chiesa di San Pietro in Penne affiancata da gradevoli giardini e la splendida balconata sopra la rupe.
Proseguendo si oltrepassa la mole dell'Opera Pia Marziali e si sale fino alla rocca, ultima doverosa tappa della visita di questo splendido centro montano.

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