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Importante cittadina che domina la media vallata dell'Aso dall'alto delle sue rupi, a pochi chilometri dalla costa.
Il nome nelle epoche passate è riferibile a Urbiano o Orviano, probabile proprietario del territorio, da quale deriverebbe l'attuale toponimo. Altre tesi tirano in ballo la coltivazione di erbe per le tinture, in particolare la "Robbia" o "Robia", che non risulta però coltivata in queste aree. Alle origini è un piccolo castello nato in epoca altomedievale, sorto in prossimità di un'importante snodo stradale. Questo inizia da Santa Maria a Mare, nel litorale di Fermo, risale verso l'interno passando per la Madonna Bruna di Lapedona, chiamata all'epoca "Trivio di Cuti". Da qui risale verso la valle dell'Aso fino a raggiungerne i crinali settentrionali, dove ora si trovano Monterubbiano e Moresco, poi ripartiva parallela al fiume in direzione di Monte Rinaldo, dove si trovava un altro importante incrocio. La prima menzione del centro è del 1032, quando viene preso come punto di confine in una donazione al monastero di Montecassino, da parte della Badessa Raimberga di Santa Maria di Leveriano. Probabilmente Monterubbiano esiste già da qualche tempo, forse è stato identificato nell'area del convento di San Francesco, la parte più alta della collina, di proprietà di un consorzio di nobili, tra i quali spicca la stirpe dei signori di Torre di Palme. Scompare però dalle carte fino al 1182, quando grazie a una serie di accordi con i vicini castelli di Montotto e di Coccaro, viene edificato il nuovo castello di Monterubbiano. Il consorzio allarma la vicina Fermo, minacciata da questa nuova entità che andava rapidamente crescendo sotto i suoi occhi. Nel documento del 1182 si legge appunto che la nuova Monterubbiano era stata conquistata dal comitato fermano. La città assoggettando il nuovo insediamento impone ai nobili di distruggerne le fortificazioni e di ricostruirle intorno ai precedenti castelli, ripristinando la frammentata situazione primitiva. Ma l'arrivo dell'imperatore Enrico VI di Svevia che nomina Marcovaldo di Annweiler signore della Marca nel 1185 rimescola la situazione. Fermo, da sempre sostenitrice del papato e nemica degli imperiali, viene stretta nella morsa di quest'ultimi e Monterubbiano ne approfitta dando sostegno agli Svevi per slegarsi così dal giogo della città che lo voleva ridividere. Anzi, forte della protezione imperiale, assalta alcuni castelli di Fermo, tra questi viene solo menzionato San Martino di Lapedona, cercando di espandere il suo territorio. La morte di Enrico VI nel 1197 costringe però Marcovaldo a recarsi nel regno di Sicilia. I castelli da lui sottomessi gli si ribelleranno e torneranno a giurare fedeltà a Fermo e al pontefice nel 1198, tutti tranne Monterubbiano, Montegiorgio, Sant'Elpidio e Corridonia, rei di non aver riconsegnato i castelli sottratti alla città. Nel frattempo Marcovaldo era tornato e cercava di recuperare con la forza i possedimenti lasciati alla dipartita dell'imperatore ma nel 1202 anche lui trova la morte lasciando spazio all'azione di espansione fermana. Nel 1205 Monterubbiano viene di nuovo attaccata e sottomessa, sarà quindi costretta tra i tanti vincoli ad accettare un podestà proveniente dalla città, a fornirgli aiuto militare e l'annuale palio in segno di sottomissione, a distruggere parte delle mura e a costringere i nobili del suo territorio a giurare fedeltà ai fermani. In concomitanza all'atto di sottomissione la popolazione aveva anche dato origine a delle proprie istituzioni comunali dove i nobili degli antichi castelli figuravano come consoli insieme a Rinaldo di Pagano, il capostipite della famiglia Pagani. Nel 1208 gli estensi per volere del pontefice prendevano possesso della Marca Anconitana e volti a determinare il proprio dominio sull'area cercarono di conquistare il comitato fermano che oppose resistenza. Ciò aveva creato dissapori tra i fermani e la Santa Sede, infatti la cittadina monterubbianese si impegna a difendere l'episcopato fermano nel 1224, nonostante ciò era passata tre anni più tardi sotto il dominio pontificio ma nel 1239 risulta sottomessa dall'imperatore Federico II fino al 1248. In questo periodo si registra la conquista da parte delle milizie di Monterubbiano del vicino castello di Moresco e di Grottammare Alta, tornata poi sotto la protezione pontificia insieme a Fermo e rientrata a patti con la città nel 1255 viene costretta a restituirli. Tre anni dopo tornano gli imperiali con Manfredi e Monterubbiano viene concesso alla città di Fermo che, aveva approfittato della situazione schierandosi con l'Imperatore e facendosi riconoscere diversi castelli, ma nel 1268 finisce l'avventura degli Svevi in Italia e ritorna l'egemonia del pontificato. La cittadina riesce a non rientrare nelle orbite fermane ma nel 1293, forse minacciati dalle sue milizie o per diverse pressioni politiche interne, è costretta a rinnovarne i patti di sudditanza. In questo periodo sale alla ribalta un ramo della famiglia smerillese dei Da Montepassillo che si era trasferita in città e a partire dal 1315 era molto attiva nella politica locale con la fazione imperiale, acerrima nemica del pontefice. Nel 1325 Monterubbiano era ormai caduto in mano degli imperiali e aveva stretto nuovi patti di amicizia con Fermo che gli riconosceva grosse autonomie fiscali pur rimanendo dipendente. Nel 1329 il ghibellino Mercenario da Monteverde divenuto signore di Fermo trova come alleato Bordone da Smerillo e così anche nella successiva signoria di Gentile da Mogliano, Bordone muove le fila di Monterubbiano continuando fino alla sua morte avvenuta dopo il 1348. Rimane forse indipendente durante la signoria di Giovanni Visconti da Oleggio ma ritorna sotto Fermo durante quella di Rinaldo da Monteverde iniziata nel 1376 e conclusasi nel sangue tre anni più tardi, in quel periodo sale al potere un parente di Bordone, Brancuccio di Coluccio. Costui alla caduta del Monteverde nel 1379 era riuscito a farsi riconoscere dalla Santa Sede il possesso di Monterubbiano e ne influenzerà la politica fino alla fine del secolo, non senza battute d'arresto come l'incursione dei fuoriusciti del partito guelfo che costrinsero Brancuccio a rifugiarsi nella rocca. Ricco di eventi sarà anche il XV secolo che inizia subito con la signoria di Ludovico Migliorati che impegnerà il fermano dal 1405 al 1428. Costui era divenuto signore di Fermo dato che era nipote di Papa Innocenzo VII morto lo stesso anno, il successore, Gregorio XII, cercherà di recuperare la signoria fermana con la forza inviando i Malatesta a compiere l'impresa. Con la salita al soglio pontificio di Alessandro V si raggiunge la pace tra il papato ed il Migliorati e nel 1412 cede Monterubbiano al Malatesta, ma cambiato idea i fermani tentano di rientrarne in possesso assediandolo, la cittadina resiste e tornati coi rinforzi, i nuovi signori scacceranno gli invasori. Già nel 1415 i fermani erano rientrati in possesso di Monterubbiano che vi rimarrà fino alla caduta del Migliorati nel 1428 ma poco dopo si manifesta all'orizzonte Francesco Sforza che nel 1433 occupa di nuovo questi territori. Anche la cittadina cade sotto le sue mani e nel 1442 diventa uno dei centri strategici del signore milanese, qui concentrava le scorte per il suo esercito, estorte con la forza nelle campagne limitrofe, che fece così restaurare le fortificazioni. Nel 1443 i monterubbianesi si ribelleranno allo Sforza cacciando il suo presidio ma l'anno successivo riuscirà a riprenderne possesso sebbene poco dopo nel 1445 lo perdesse nuovamente e poco dopo sarà costretto a lasciare le Marche. Da questo momento Monterubbiano passerà sotto il dominio definitivo della Santa Sede, mantenendo comunque buoni rapporti con la controparte fermana e finalmente dopo lunghi periodi tormentati arriverà un periodo di pace. Nel 1458 venivano concessi i privilegi della cittadinanza fermana anche ai monterubbianesi, che si mantennero comunque autonomi, e nel 1538 rinnovava i propri statuti. Con la salita al trono pontificio del Papa piceno Sisto V verrà creato un presidato con a capo Montalto che comprenderà anche Monterubbiano che avrà il compito di occuparsi dell'arruolamento delle truppe. Nel 1601 i fermani riconfermeranno i privilegi ai monterubbianesi.
Si vivranno periodi tranquillità fino agli sconvolgimenti portarti dalla Rivoluzione Francese che nel 1797 dichiareranno decaduto il presidato sistino, sostituito dal Dipartimento del Tronto nel cantone di Petritoli fino alla Restaurazione. Con le riforme del 1833 diventa sede di Governo fino al 1850 quando ormai si andava verso l'Unità d'Italia che si concretizzerà qualche anno dopo, nel 1861, entrando a far parte della provincia di Ascoli Piceno fino al 2004.
Il centro storico di discrete dimensioni offre una piacevole e lunga visita. Assume una forma di mezzaluna ed è ancora in parte racchiuso da una cinta muraria lunga circa due chilometri. Centro nevralgico del paese è la piazza principale, dedicata a Temistocle Calzecchi Onesti, nativo di Lapedona ma da sempre vissuto a Monterubbiano, qui si affacciano oltre al suo palazzo di origine la monumentale chiesa di Santa Maria dei Letterati e il Palazzo Comunale. Qui si ricongiungono tutte le principiali strade che si diramano per l'incasato, nei pressi del palazzo Calzecchi Onesti inizia corso Garibaldi, l'antico ghetto ebraico dove si trovano i resti della sinagoga; alla fine della strada si risale fino a raggiungere la piazzetta antistante la chiesa dei Santi Stefano e Vincenzo. Sempre nella piazza principale, davanti alla facciata di Santa Maria dei Letterati, passa la via principale che attraversa in tutta la sua lunghezza Monterubbiano; verso est prende il nome di Corso Italia. Percorrendolo si ammirano le chiese di Sant'Agostino seguita dall'oratorio di San Michele Arcangelo e quindi dalla chiesa dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, la via termina uscendo dal paese passando tra Palazzo Secreti, edificato sui resti della rocca e l'Ex Ospedale Civile. Usciti dalle mura si può sostare su un bel parchetto oppure continuare verso la strada di Moresco fino alla chiesa di Santa Maria del Soccorso per poi tornare indietro scendendo fino alla magnifica Porta di San Basso e rientrando quindi in paese. Se si presta attenzione sotto la porta si possono scorgere i ruderi della chiesa della Madonna Celeste, attraversato l'accesso invece ci si trova su una splendida balconata sulla valle dell'Aso, finché risalendo ci si trova davanti all'abside della sconsacrata badia dei Santi Biagio e Flaviano con il suo magnifico portale murato. Proseguendo si attraversa un passaggio coperto e ci si ritrova in piazza, stavolta si prosegue verso via Pagani, dedicata alla nobile famiglia di artisti, sopra le loro case ora sorge il Teatro dedicato al suo figlio più illustre Vincenzo. Davanti alla facciata inizia la ripida scalinata che sale al sagrato del convento di San Francesco, mentre continuando sul fondo della strada, si inizia a scorgere la figura dell'interessante Santa Maria dell'Olmo, prima di uscire nuovamente dal paese presso la torre che affiancava la scomparsa Porta Consilina, qui è d'obbligo un giro al bel parco di San Rocco. Si può anche fare una passeggiata proseguendo a sinistra della torre, percorrendo la sterrata verso la Porta e la Fonte del Pero, qui continuando si fa un bel giro sul lungo tratto di mura che circonda i campi ad ovest del paese. Probabilmente edificata in epoca sforzesca, va dalla Porta del Pero, una delle porte più antiche di Monterubbiano, fino a Porta Sant'Andrea aperta nel XVIII secolo. Molto piacevole e rilassante la camminata termina sul piccolo parco antistante la porta, da qui si rientra soddisfatti in paese.

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