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Monumentale opera edilizia, che dà lustro al centro di Ripatransone.
Si trovano poche notizie sul palazzo, si sa che è stato costruito tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, nel quartiere di Monte Antico. Voluto dalla nobile famiglia dei Bruti-Liberati, piuttosto importante nel settecento ripano, vi visse Filippo, giurista operante al Tribunale della Sacra Rota di Roma, grazie al suo operato gli venne conferito da Papa Gregorio XVI, il titolo di Marchese. Oggi parte del palazzo è occupato dalla sede della Cassa di Risparmio di Fermo.
Facilmente visibile se si percorre la strada provinciale Faleriense, che fa da parziale circonvallazione meridionale della cittadina. Davanti, si trova l'incrocio che permette di inserirsi nelle vie che attraversano l'abitato, passando davanti alla chiesa di Santa Maria della Valle.
Il complesso è realizzato in mattoni con finiture in travertino, sfrutta un ornamentale schema cromatico espresso tramite una differente stuccatura dei laterizi, in bianco ed in rosso. Suddiviso tra l'abitazione nobiliare, una palazzina bassa, probabilmente adibita ai servizi ed il giardino. Il suo perimetro irregolare si ritaglia nei pochi spazi disponibili all'interno delle mura urbiche, il corpo principale si erge con la sua massiccia figura e si alza per quattro piani, più una terrazza sul tetto. Spicca al centro della facciata, il grande portale in bugnato con blocchi in travertino ed incastonato tra questi, è ancora affisso lo stemma famigliare. Una serie di fasce marcapiano suddividono orizzontalmente la facciata, più semplice la prima in basso, più elaborate le altre, disposte in coppie con quella superiore che fa da mensola alle finestre. Queste ultime presentano una cornice lavorata, più elaborate quelle del piano nobile con una vistosa cornice sulla sommità. Inoltre gli angoli dell'edificio sono ornati da semipilastri in mattini scuri, in alto si nota sporgere il cornicione che corre ai lati del tetto. Molto meno elaborata è la facciata posteriore; più semplice e basso è invece l'edificio dei servizi, dalle ampie porte atte ad ospitare le stalle e le rimesse, come le finestre del piano superiore, realizzate in travertino. Si ripetono tra il pianterreno ed il primo piano, le fasce già viste nella facciata del palazzo nobile, tra queste si legge ancora la frase di Mussolini: "Se la vittoria fu mutilata una volta, non è detto che non possa essere mutilata un'altra volta", come in uso all'epoca del regime.
Da notare le belle inferriate che proteggono le aperture del pianterreno e del seminterrato, dell'intero complesso. Sul retro si trova il giardino, con un perimetro romboidale, protetto in parte da un muraglione e dalle altre abitazioni. Realizzato su di un terreno in pendenza e posto ai piedi del colle di San Nicolò, un altro muro si frappone tra lo spazio verde e la struttura, ritagliando una piccola strada che in corrispondenza dell'abitazione dei marchesi, si allargava formando una piazzetta semicircolare.

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