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Uno dei gioielli della Valdaso, caratterizzato dalla torre civica che svetta sopra il paese e ne rappresenta il simbolo.
Le tradizioni sulle origini, riportate dallo studioso Luigi Mannocchi, vogliono che sia stato fondato come Castel Rodolfo dal nome di un ipotetico feudatario che in seguito donò i suoi territori ai farfensi, successivamente vi si unirono i tre borghi vicini di Petrania, Petrosa e Petrolavilla fondando il castello di Petritoli, il nome sarebbe dunque dovuto ai tre castelli. La memoria di questa presunta storia rimane nel nome dei tre borghi del paese e nello stemma dove le tre losanghe azzurre nella banda bianca rappresenterebbero i tre centri.
Trattando invece di storia, l’origine del toponimo non è molto chiara: questo nome nel territorio di certo esisteva nel 960 secolo quando tra i fondi dati incautamente in concessione dall'abate farfense Ildebrando, c'è anche il fondo di Petritoli. L'abate fu definito dissoluto insieme al suo coevo Campone, per via della loro politica di svendita dei beni abbaziali, ed il castello petritolese quindi, rimasto privo della protezione di Farfa, entrerà in una serie di dominazioni feudali. Con le avvisaglie di una rivalsa dei monaci i proprietari per non perdere i propri privilegi, decisero di sottomettersi al vicino Vescovo Conte fermano, comincerà quindi una lunga serie di donazioni documentate negli archivi che faranno luce sullo stato di Petritoli nel medioevo. Nel 1055, vengono donate quote del feudo al Vescovo insieme ad alcuni mulini e altri beni a Saltareccio, da Transarico di Transarico e da sua madre, ancora citato nel 1095 quando continuano le donazioni al porporato. Vicino al paese, nei pressi del colle della Liberata, esisteva anche il monastero di Santa Maria di Leveriano che possedeva anch'esso quote del feudo petritolese, in origine era di proprietà feudale e viene messo sotto le dipendenze dell'abate di Montecassino nel XI secolo. Alcune tesi sostengono che nel XII secolo il castello sia stato distrutto per poi ricomparire solo nel 1181 quando Trasmondo di Cecilia dei Giberti riceve quote del feudo petritolese, nel 1186 la famiglia trasferisce il castello di Cecilia con la chiesa di San Prospero in quello di Petritoli. L'incasato sarà ampliato con la creazione di un nuovo borgo detto "Mongibove" dove verranno ricostruiti anche la chiesa e il monastero di San Pietro in Valle, che possedeva già un monastero femminile in paese. Innocenzo III nel 1198 riconfermava ai farfensi tutti i beni che un tempo erano stati di loro proprietà e quindi anche Petritoli.
Poco si sa sulla prima metà del XIII secolo, si evince dagli atti di una disputa che era per qualche motivo diventato autonomo e dietro protezione della chiesa ma sotto l'imperatore svevo Federico II viene ceduto definitivamente a Fermo insieme ad altri centri nel 1252. Continua il suo percorso affianco alla città e sarà investita a partire dal XIV secolo dalle varie signorie che si avvicenderanno al governo del comitato: nel 1331 quella di Mercenario da Monteverde seguita da quella di Gentile da Mogliano che sarà tristemente ricordata dalla popolazione a causa dell'assedio e dell'occupazione degli eserciti ascolani nel 1352, guidati da Galeotto Malatesta, che riesce a prendere anche la vicina Monte Vidon Combatte. Gentile da Mogliano cade poco tempo dopo con l'arrivo del Cardinale Albornoz che fece demolire anche il vicino castello di Camporo, il cui signore Giovanni di Cola, nel 1382, è costretto a vendere i suoi beni in Petritoli, nel rione di Borgo Vecchio dove esisteva una rocca.
La fine del secolo sarà caratterizzata prima dall'altra signoria dei Monteverde, quella di Rinaldo e da una sempre maggiore insofferenza verso il governo fermano che sfocerà nella rivolta del 1394 che sarà soffocata nel sangue, due anni più tardi diventa signore di Fermo per tre anni Antonio Aceti. Molto ricco di avvenimenti sarà anche il XV secolo che inizia con la salita al potere nel 1407 di Ludovico Migliorati, nipote di Papa Innocenzo VII, che con la morte del suo protettore avvenuta lo stesso anno, comincia subito a difendere i suoi domini dal successore Gregorio XII. Infatti il pontefice gli revoca tutti gli onori che il predecessore gli aveva concesso, tra i primi condottieri che cercarono di scalzarlo ci fu Braccio da Montone che, assalito Fermo, costringe alla fuga il Migliorati e ripiegando verso Petritoli la trova occupata dalle truppe pontificie, quindi l'assale e la saccheggia. Due anni più tardi, nel 1409, irrompe nel castello Martino di Faenza con il suo esercito, nel 1413 Paolo Orsini e nel 1415 invece Carlo Malatesta che durante la sua occupazione si dà ad ogni genere di crimine e sopraffazione. Il Migliorati con Papa Alessandro V trova conferma dei suoi domini e quindi la pace, ma nel 1422 irrompe a Fermo dove muore nel 1427, nel 1434 Francesco Sforza si impadronisce dei governi di quasi tutte le Marche portandosi dietro una lunga scia di guerre. L'anno successivo i petritolesi chiedono al signore di essere esentati dalla tassa sul focolare, per tutta risposta lo Sforza li arruola forzosamente nel suo esercito e li libera solo dopo l'assedio di Ripatransone del 1442 quando sosta anche in paese depredando le misere risorse del castello, impoverito già da varie carestie. Come se non bastasse tre anni dopo, un capitano di Alessandro Sforza, fratello e luogotenente di Francesco, mentre un suo drappello di uomini depredava i dintorni del castello, venne sconfitto dai petritolesi in arme. Esultando questi si recarono verso Torchiaro dove incontrarono però il grosso dell'esercito sforzesco che fece numerosi prigionieri; nel 1446 Sforza viene cacciato da Fermo e i petritolesi che aspiravano da sempre all'autonomia da Fermo vengono assaltati dalle truppe pontificie. Dopo mezzo secolo di situazione pacificata si apre il XVI secolo con una nuova scia di sangue: a Fermo sale al potere nel 1502 Oliverotto Euffreducci mentre Carlo Baroncelli assalta e demolisce il paese dandolo alle fiamme. Intanto nel borgo da poco ricostruito esplode una rivolta sedata dall'intervento di Fermo. La città decise di edificare una rocca, poi demolita, per presidiare i riottosi petritolesi instaurando quasi uno stato di polizia a talpunto che interviene Leone X per calmare i fermani.
Nel 1514 diventa signore della città un altro Euffreducci, Ludovico, nipote di Oliverotto; in quell’anno Petritoli si trovava sotto il domino dei Brancadoro, l'anno seguente viene assaltata dagli eserciti di Carlo Baglioni di Perugia e del fuoriuscito fermano Battista Guerrieri. Il Baglioni ritorna a razziare il castello nel 1517 e dieci anni più tardi lo farà anche il fratello di Battista Guerrieri, Niccolò; subito dopo passa anche il Marchese di Lautrec al comando delle truppe francesi in marcia per la conquista del Regno di Napoli. Una piccola parte del suo imponente esercito assedia Petritoli che però resiste, si raccontano diverse storie sull'accaduto come le donne che dalle mura lanciavano pietre ed altro sugli assalitori e di una fuoriuscita dei soldati dal castello che disperse gli assedianti. I petritolesi attribuirono questa vittoria alla Madonna che si festeggiava quel giorno, per questo costruirono il santuario della Madonna della Liberata. Nota di colore è un fatto accaduto dopo la fine della signoria di Ludovico Euffreducci quando per colpa di alcuni cetrioli rubati scoppia una rissa tra la popolazione e un gruppo di fanti ascolani di passaggio che si conclude con sei morti.
La pace continua fino al 1537 con Pier Luigi Farnese, figlio di Papa Paolo III, che occupa il fermano creando lo Stato Ecclesiastico dell'Agro Piceno che dura dieci anni e, per esautorare di ogni potere Fermo, il centro di potere diventa Montottone. La signoria farnesiana prevedeva grandi autonomie e i petritolesi ne approfitteranno per richiedere a Fermo il risarcimento dei danni subiti durante la parentesi sforzesca e il passaggio di Sciarra Colonna. Petritoli inoltra sarà elevato al rango di "Terra"; con la fine della dominazione farnesiana nel 1547 il paese non ritorna sotto Fermo ma rimane alla dipendenza diretta della Santa Sede, alla morte del pontefice i fermani però vollero avere la loro rivalsa. Le truppe capitanate da Federico Nobili assaltano le mura ed entrano depredando e uccidendo, come risposta il governo pontificio manda Ascanio della Alvernia insieme alle milizie dei briganti Masio di Gerosa e Rocco da Montecalvo che vendicano Petritoli sconfiggendo il Nobili nei dintorni di Ortezzano. Il Papa quindi ne mantiene l'indipendenza salvaguardandola da Fermo ma nel 1552 riesce a ritornarne in possesso, dapprima la convivenza sarà civile ma presto i rapporti degenerarono per i soliti vecchi attriti stavolta però era cambiato il pontefice che favorì i fermani punendo Petritoli nel 1559. Torna presto sotto le dipendenze del Vaticano nel 1569 sotto Papa Pio V ma continuavano gli attriti con la città che alla fine la spunta e la riesce a recuperare prima nel 1572 con bolla di Gregorio XIII riconfermata tre anni più tardi nonostante le proteste dei petritolesi. Vani saranno i numerosi tentativi di ottenere di nuovo l'indipendenza che nel tempo sfumerà.
Nel 1798 con l'arrivo dei francesi cadono le istituzioni dello stato ecclesiastico e Petritoli viene eletto a capoluogo di Cantone nel costituito Dipartimento del Tronto, con ben 13 alti municipi sotto di sé. In questo periodo si affacciano spesso le milizie antifrancesi, perlopiù composte da briganti, portando scompiglio; alla Restaurazione nel 1815 il paese rimane sede di Governo successivamente trasferita a Monterubbiano. Si avviciniva ormai l'Unità d'Italia ed il paese si trova in prima fila tra i fautori dell'unificazione e molti partono volontari per le guerre d'Indipendenza. Nel 1861 entra a far parte come municipio del nuovo Regno d'Italia e poco tempo dopo viene annesso il comune adiacente di Moregnano.
Petritoli avrà una grande espansione nel primo Novecento e nel secondo dopoguerra inizierà anche la colonizzazione del fondovalle con la frazione di Valmir.
Il paese piuttosto scenografico si raggiunge solitamente passando sotto i Tre Archi, i resti del complesso della porta medievale rimaneggiata successivamente. Una seconda porta più antica, al cui fianco destro si trova Palazzo Mannocchi, permette di addentrarsi nel castello. Si continua lungo l'elegante largo Giacomo Leopardi, la grande facciata che ci corre davanti appartiene all'ex convento di Santa Chiara, ora palazzo comunale con annessa la chiesa di Sant'Andrea, le scale che scendono davanti permettono di fare un giro sulla parte più bassa del centro storico. Il largo termina con il bivio che sale alla parte alta, proprio davanti alla chiesa di Santa Maria in Piazza mentre proseguendo dritti si percorre Via Filippo Mannocchi Tornabuoni che esce dalle mura attraversando una bella scenografia data dalle sobrie facciate delle abitazioni, fino a dove un tempo vi era porta Porta Petrosa. Salendo invece ci si imbatte nella chiesa gotica di San Prospero e, dirimpetto a palazzo Palazzo Paccaroni, ci si ritrova nel rione di Mongibove che termina su una balconata sopra le mura, qui si ammirano il palazzetto veneziano di Palazzo Vitali con alla sua destra il Teatro dell'Iride. Tornati a San Prospero ci si può affacciare per un attimo dal passaggio coperto che seguito da una scalinata, scende fino alla circonvallazione, si continua quindi a salire fino alla piazza alta dove si alza la Torre Civica. Qui sorgeva il primo nucleo petritolese e molto caratteristiche sono le piccole vie e piazzette adiacenti, da un varco è possibile uscire verso le mura settentrionali e magari farsi un giro lungo la via che le costeggia rientrando da Porta Borgo Vecchio, l'estensione a nord del paese. Molto suggestivo è scendere verso il borgo attraversando l'antica porta dove passa il vicolo del Sole, al suo termine si apre un piccolo slargo dove si trovano il medievale Palazzo Stelluti Corradi e il più recente Palazzo Vitellozzi. Proseguendo un arco quattrocentesco rimane murato su una casa davanti all'uscita dal paese.
Una movimentata storia ed un abitato intessuto su più livelli e propaggini, molto rivalorizzato ha dato vita al fenomeno del turismo matrimoniale che lo sta rendendo famoso nel mondo.

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