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Storico castello immerso nei boschi e nelle campagne di Force.
fondato sulla sommità di un colle, lungo la strada che dall'attuale capoluogo raggiunge la città picena, passando per Castel San Pietro di Palmiano e poi Venarotta. Nonostante le varie frane e le ristrutturazioni abbiano compromesso l'antico aspetto, mantiene ancora un certo fascino, data la posizione isolata e decisamente panoramica. Poco si sa della storia del paese, nasce come castello nei territori dei monaci farfensi, si sottomette ad Ascoli nel 1281, stipulando dei patti di mutua difesa con la città. Da sempre molto legata al comitato ascolano, del quale ricalca anche lo stemma cittadino, una tradizione vuole che il boia della città fosse scelto tra gli abitanti del castello. Già nel 1288 è conteso tra il Rettore della Marca ed il capoluogo piceno, interviene anche Papa Niccolò IV che ammonisce il primo e gli consiglia di lasciar perdere la questione. Nel 1292 tale Giovanni da Quinzano è messaggero di Venimbene di Abbamonte, uno tra i primi a instaurare la signoria ad Ascoli, all'epoca tutore di Giorgiuzzo di Simonetto da Monte Passillo. Si ha notizia di un interdetto della santa sede sciolto nel 1299, a causare la sua emissione sono degli eventi criminosi pepetrati ai danni di Quinzano e Portella da parte di Ascoli. Si ricordano anche gli assedi del 1351, quando venne preso da Galeotto Malatesta insieme a Vindola e Castel San Pietro, dopo che questi gli si erano ribellati, è cacciato poi dalla città nel 1353. Nelle "Descriptio Marchiae Anconitanae" redatta dal cardinale Albornoz nel 1356, il castello è ancora sottoposto al governo ascolano, dove compare anche nei catasti nel 1381. Per questo motivo rimane invischiato nelle vicende politiche della città e del suo contado, che nel 1360, vede Filippo Tibaldeschi diventarne signore per un breve periodo di tempo. Quinzano rimane comunque ancora legato nello spirituale ai farfensi, infatti nei registri di Santa Vittoria, compare un documento della Camera Apostolica del 1370, dove è menzionata la chiesa parrocchiale di San Salvatore. Sale al potere Andrea Matteo Acquaviva, la sua signoria ha inizio nel 1395 ma termina l'anno successivo con la sua cacciata. Nel quattrocento la criminalità ed il brigantaggio dilagano nel castello e diversi abitanti si macchiarono di sanguinosi delitti, uno di questi viene arrestato e poi impiccato, si chiama Giovannuccio di Marinuccio. Nonostante questo, nello stesso periodo è nota l'istituzione di un ospedale nel castello, con funzioni di ricovero dei pellegrini e viaggiatori. Intanto la contea ascolana finisce in mano al Re di Napoli: Ladislao d'Angiò, nel 1413 la cede a Conte da Carrara al quale succede il figlio Obizzo nel 1421; la loro signoria finisce nel 1426 quando la città torna sotto il pontefice. Nel 1433 cade come buona parte della Marca, sotto il giogo di Francesco Sforza che soggioga il territorio fino alla sua cacciata nel 1445. Con la "Libertà Ecclesiastica" concessa da Papa Sisto IV alla città, inizia un periodo turbolento di scontri interni che culmina con la signoria di Astolfo Guiderocchi, iniziata nel 1502 e finita nel 1504. Papa Giulio II si prodiga a scacciare il tiranno e a revocare la libertà di governo, ne segue quindi un periodo più stabile. Risultano alcuni contrasti di confine con la comunità confinante di Gesso, durante il corso del XVI secolo. Viene investito dalla guerra tra Ascoli e Fermo nel 1534, quando il castello viene assediato e saccheggiato dalle truppe fermane, distruggono le difese e poi danno fuoco al castello. Dalle richieste di esenzione dei tributi degli abitanti si legge di come molti avessero perso quasi tutto, mentre altri avevano visto i famigliari uccisi o condotti alle prigioni di Fermo. Si decide quindi di ricostruire il castello ed i lavori iniziano nel 1538, ma già l'anno seguente i cantieri vengono fermati da altri sgradevoli inconvenienti. Il paese nel frattempo era diventato rifugio di banditi, viene perciò assalito dall'esercito pontificio di Niccolò Ardinghelli, inviato dal pontefice a reprimere il brigantaggio ascolano. In seguito per questi motivi, Papa Paolo III punisce Ascoli sottraendogli diversi castelli, tra questi Quinzano, affidati al Legato Pontificio della Marca. Dopo numerose trattative e suppliche da parte ascolana, tornano nel comitato nel 1543. Nel 1564 il castello invia operai in città per il restauro delle fortificazioni cittadine, insieme alle comunità di Olibra, della Valcinante e di Comunanza. Diventa una delle parrocchie della diocesi di Ripatransone, eretta nel 1571 che ha però vita breve. Poco più tardi, nel 1586, Papa Sisto V decide di trasferire il titolo a Montalto, quindi cede Quinzano e Gesso alla diocesi di Ascoli, distaccandone però Castignano. Con la dichiarazione della Repubblica Romana nel 1798 si effettuano riforme territoriali ed amministrative nei territori del Papa, fuggito dalla capitale. "Quinzano con le sue ville" è compreso nel Cantone di Amandola, parte del Dipartimento del Tronto, vi rimane per breve tempo in quanto l'esperimento repubblicano termina qualche mese più tardi. Le amministrazioni cantonali però rinascono all'arrivo di Napoleone nel 1808, fino alla Restaurazione nel 1816, quando viene aggregato al governo di Comunanza nel distretto di Ascoli. A seguito delle riforme del 1833 diventa comunità appodiata a Force, compresa nel governo e nel distretto di Montalto. Vi rimane fino all'Unità d'Italia quando viene infine annessa a Force come frazione, a partire da questo periodo inizia lo spopolamento. Complici sono anche le numerose frane che minano il centro storico, da una foto di inizio novecento è possibile vederne l'aspetto antico, con la chiesa di San Salvatore ancora in piedi sotto l'ex palazzo pubblico.
Oggi il borgo di Quinzano è stato consolidato e parzialmente restaurato, purtroppo poco rimane delle strutture castellane. Se ne possono ripercorrere i tracciati dalla disposizione delle case, la parte più antica ed elevata del borgo di forma circolare, presumibilmente ospitava le strutture della rocca e del primitivo abitato. Nella parte bassa a meridione si sviluppa il borgo percorso da due sole stradine, in seguito cinto con una nuova muraglia, creando la conformazione attuale del centro storico. Vi si arriva salendo da due strade, imboccabili davanti al sagrato della chiesa di Santo Stefano, quella a destra sale direttamente fino alla piazza principale del paese, dove è anche possibile parcheggiare. L'altra anche ma vi passa incuneandosi fra le abitazioni. L'ampio spiazzo di recente costruzione è anche una gradevole terrazza sui monti Sibillini ed i territori limitrofi della Valcenante de della Valdaso. Da una piccola via ci si immette subito nel corso principale del paese, sulla destra si sale fino alla caratteristica piazzetta alta, con la facciata dell'ex palazzo della comunità. Una scalinata riscende fino alla sottostante strada, passando tra abitazioni e piccoli giardini, proseguendo verso destra si arriva ad uno slargo costruito di recente, alzando lo sguardo si nota il loggiato del palazzo pubblico. Tenendosi sulla sinistra si risale verso il centro storico, svoltando a destra si attraversa il borgo con alcune piazzette ed una fila di case a schiera, costruite seguendo il tracciato della mura.

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