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Rocca di frontiera lungo i confini medievali delle città di Ascoli e Fermo.
Sorgeva sulla sommità di un colle, posto tra gli ultimi rilievi collinari che degradano verso il mare, sul crinale settentrionale della vallata del Tronto in corrispondenza della foce, sopra l'attuale Porto D'Ascoli. Documentata negli archivi della diocesi di Fermo a partire dal 1023, quando Gisilmanno di Gisilberto, scambia col vescovo fermano alcuni suoi possedimenti per diversi terreni nei pressi del fiume Ete, tra questi era compreso una parte del feudo di Monte Cretaccio. Circa dieci anni più tardi, tra 1032 e 1033 anche un altro signore, Gisone di Alberto, dona alla chiesa fermana metà del suo castello, il vescovo diventa così signore di gran parte del territorio. Negli stessi anni però questi possedimenti verranno ceduti a Longino di Azzone, ricco possidente terriero, probabilmente residente nel territorio di Offida, che a sua volta nel 1039 donerà gran parte dei suoi beni all'abbazia farfense di Santa Vittoria in Matenano, compresa la sua parte del castello. I farfensi avevano approfittato dello sbocco sul mare per sviluppare un loro porto, posto probabilmente alla foce del Tronto, che un tempo doveva trovarsi più a nord rispetto a quella attuale. Intanto nel 1211 viene confermato, al comitato fermano dall'imperatore Ottone IV, il possesso della costa dal fiume Potenza fino al Tronto, monopolizzando così il commercio marittimo nelle Marche meridionali ed aumentando il conflitto con la rivale Ascoli, che da sempre ambiva ad uno sbocco portuale. I castelli di Monte Cretaccio e di Sculcula si trovarono così coinvolte nelle guerre tra le due città. Nel 1240 si troverà nei pressi l'imperatore Federico II di Svevia, che dopo aver assaltato Ascoli, sostenitrice del papato, si accamperà nei pressi del castello mentre si stava dirigendo a Fermo. Dopo il suo allontanamento dalla città ritornò al potere lo sconfitto partito Guelfo, sostenitore del papato e così, nel 1242 l'imperatore per punire la città, invia un suo luogotenente Antonio Cicala, che assedia nuovamente Ascoli, devastandola e dandola alle fiamme. Con il ritorno al potere in città dei ghibellini, sostenitori del potere imperiale, Federico II per risarcirli dei danni subiti e per riappacificarsi con il capoluogo piceno, concede nel 1245 i diritti sul tratto di costa tra i confini di San Benedetto in Albula e la foce del Tronto, insieme al castello di Monte Cretaccio. Nel frattempo i fermani cercavano di porre rimedio all'espansionismo ascolano, nel 1248 contrattaccano diplomaticamente, facendosi riconoscere dal delegato pontificio della marca la concessione di Ottone IV, che li poneva in possesso delle spiagge tra il fiume Potenza ed il Tronto. Oltre al castello di Monte Cretaccio gli ascolani avevano anche preso quelli di Force e di Capradosso, ma gli abitanti di questi luoghi, fedeli agli abati di Farfa, non gradiscono molto il cambiamento e presto il risentimento sfociò in ribellione nel 1249. Tentarono di contrastare in ogni modo i ghibellini ascolani stringendo alleanze tra loro, a tenere le fila dei ribelli vi era Fildesmido da Mogliano, vicario dell'abate farfense nei castelli in questione. Gli ascolani iniziarono a sedare le ribellioni conquistando Force, mentre il rappresentante imperiale della città, Giacomo Morra, assalta Capradosso e Monte Cretaccio, che fu distrutto. Il castello sarà ricostruito dagli ascolani sul colle di Santa Maria di Sculcula, dove all'epoca emergevano ancora i ruderi della chiesa farfense, costruendo una rocca a controllo e difesa dell'abitato. Dopo la morte di Federico II nel 1251, il pontefice Innocenzo IV punirà la città picena per le sue simpatie filoimperiali, concedendo il castello ai fermani, che poi non riuscirono mai ad occupare. L'abbazia farfense non era rimasta a guardare inerme, infatti nel 1279 aveva denunciato la città alla Santa Sede ed aveva vinto il processo, riottenendo i diritti sul castello; ma oppressa dai debiti nel 1290, decise di rivendere Montecretaccio, Sculcula ed il porto alla Santa Sede. Il Rettore della Marca, per volontà di Niccolò IV, papa francescano ed ascolano, prese possesso del castello e fece giurare alla popolazione fedeltà ad Ascoli, ma la consueta insofferenza delle genti porterà ad un nuovo patto di fedeltà, sotto pressione del Papa nel 1297. Gli atti di sottomissione avevano delle clausole piuttosto vantaggiose per il castello che gli ascolani miravano a tenersi amico, da questi documenti si nota che negli anni precedenti il centro si era ampliato ed aveva raggiunto lo status di Comune, addirittura con un suo palazzo pubblico. Nonostante l'apparente gestione del castello da parte della Santa Sede e la fedeltà al territorio ascolano, ancora si manteneva il versamento di una tassa annuale all'abbazia farfense, che in caso di mancato pagamento avrebbe comportato una pesante multa. Ma decisa a farlo proprio, Ascoli decise qualche mese dopo di occuparlo militarmente insieme ad altri castelli che si erano precedentemente ribellati: Force e Montepassillo nei pressi di Comunanza, richiamandosi le ire di Papa Bonifacio VIII, che supportato da Fermo, ne pretese la restituzione. Nel 1300 i castelli erano ancora occupati dalla città ascolana, che nel frattempo si era guadagnata le simpatie del Papa, ma i fermani tornarono alla carica sollecitando il papato, che fece prendere il castello dal Rettore della Marca, sottomettendolo al potere pontificio. Intanto la situazione del confine sul Tronto con il regno di Napoli era mutata: si era creata l'esigenza di rafforzare le difese e di potenziare il porto, la Santa Sede decise di favorire Ascoli, che trasformò Montecretaccio in una fortezza, destinando gli abitanti ad altri castelli del comitato. Nel 1323 Papa Giovanni XXII, soddisfatto dell'operato ascolano, soprattutto durante la ribellione di Fermo, avvenuta poco dopo il trasferimento della sede pontificia ad Avignone, ricompensò Ascoli con il diritto perpetuo del feudo di Montecretaccio e il possesso della spiaggia tra il Tronto e il torrente Ragnola. Favorisce anche la costruzione del porto, che nel 1345 risultava completo ed efficiente con fortificazioni importanti, infatti lo scacchiere difensivo attorno allo scalo marittimo era tra i meglio difesi del comitato. Riprendevano le ostilità con Fermo nel 1348, quest'ultima era sottomessa a Gentile da Mogliano, che con le sue truppe devasta il porto e le fortificazioni preposte alla sua difesa, portando come bottino due lapidi che murarono nella chiesa di Sant'Agostino. Gli ascolani si affidano quindi a Galeotto Malatesta, che insieme alle truppe di Ripatransone danno la caccia a Gentile che viene sconfitto, solo nel 1351 le due città firmeranno la pace. Non si conosce la data precisa, ma da questo periodo in poi il castello risulterà annesso al territorio di Monteprandone, seguendo le vicende della politica ascolana e delle varie signorie che si susseguirono. Nel 1377 si legge della guarnigione della rocca, composta da un castellano e dieci sergenti, nel catasto del 1381 si conferma il passaggio del territorio al comune monteprandonese. Sempre seguendo le vicende ascolane all'inizio del XV secolo, si palesa la figura del Re di Napoli Ladislao d'Angiò Durazzo, che riesce ad ottenere l'annessione di Ascoli al Regno; nel 1406 Andrea Matteo Acquaviva diventa signore del comitato ascolano e delle terre a lui sottomesse, per concessione del Re. In questo periodo la rocca assiste anche all'occupazione del porto da parte del signore di Fermo, Ludovico Migliorati. Lo tenne dal 1411 al 1412 e dopo una breve pausa lo rioccupa nel 1413 per un altro anno, nello stesso momento il Re eleva Conte da Carrara a signore di Ascoli, la cui famiglia vi rimarrà fino al 1426. Poco dopo si vedrà l'arrivo di Francesco Sforza che occupa le Marche nel 1433 fino alla sua cacciata nel 1445, intanto la rocca era stata ceduta a privati che mano a mano contribuiranno al suo declino, fino a sparire definitamente dalla storia. In una mappa del 1735 si legge che i terreni intorno al castello erano di proprietà della famiglia Bonaccorsi di Ascoli. Rimarrà legata a Monteprandone fino al 1935 quando verrà scorporata e annessa, insieme a Porto d'Ascoli, al comune di San Benedetto del Tronto ed oggi ricade nel suo territorio.
Attualmente non rimane molto dell'antico castello che si trova in una proprietà privata e quindi non è visitabile, si notano dall'esterno i resti del poderoso torrione, fulcro della rocca, circondati da una gradevole pineta. Da lontano si scorgono le spianate dove sorgevano la rocca ed il sottostante borgo, oggi occupato da alcune abitazioni.

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