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La maggiore delle chiese di Montottone e sede parrocchiale.
Facilmente individuabile percorrendo il corso principale, si trova praticamente al centro dell'abitato e domina una piccola piazzetta. A pochi metri dal suo ingresso si nota un pozzo, parte della grande cisterna di Santa Maria, grande opera idraulica che dalla chiesa prende il nome. Questa si vuole fondata insieme ad un ospedale, tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo, su terreni messi a disposizione da donna "Maria Bianca" oppure da un tale "Brancadori". Per le prime citazioni scritte però, bisogna aspettare una bolla di Sisto IV nel 1479, dove è testimoniata l'esistenza della chiesa e dell'annesso ospedale, in origine intitolata a Santa Maria del Buon Gesù. Fin quasi dalla sua fondazione, il castello è possedimento del vescovo di Fermo, spesso utilizzato come rifugio quando la situazione in città diventa pericolosa. Nel 1503, vi riparano le amministrazioni dello stato fermano allo scopo di sfuggire alla peste, causa di molte vittime nel territorio e che pare risparmiare Montottone. Queste utilizzano la chiesa per riunirsi; in uno dei consigli svolti, si decreta la pena di morte ad alcuni malviventi. Nel 1515 il pontefice Leone X, concede alla popolazione di poter ricostruire l'edificio sul luogo del precedente, aumentandone le dimensioni e intitolandolo a Santa Maria Ausiliatrice. A causa di laboriosi restauri della vicina chiesa del Santissimo Salvatore, nel 1770 vengono unite le due parrocchie, per volere del vescovo Urbano Paracciani Rutili. Dopo l'Unità d'Italia si avviano importanti ristrutturazioni, si occupa del progetto il noto architetto Giuseppe Sacconi, originario della vicina Montalto Marche. Si inizia nel 1862 innalzando il tetto della chiesa, però i cantieri si fermano tra il 1866 ed il 1882. Si coglie quindi l'occasione per ripristinare la parrocchia del Santissimo Salvatore, riportando la sede parrocchiale nella chiesa omonima. Intanto continuano i lavori e nel 1897 è eretta la maestosa abside, finanziata dal priore Anacleto Loreti. Nel secolo successivo Don Luigi Lucangeli continua il cantiere, nel 1927 è realizzata la volta, seguono gli stucchi e gli intonaci. Il campanile è innalzato nel 1936, seguendo il progetto dell'artista e canonico della Cattedrale di Fermo, Don Marcello Manfroni, originario di Petriolo. Danneggiata durante il terremoto del 1997, è restaurata a partire dal 1999, ripristinandone l'integrità.
La grande facciata occupa quasi interamente il lato meridionale della piccola piazzetta dove sorge, in realtà poco più di uno slargo lungo Corso Vittorio Emanuele. Realizzata interamente in mattoni in terracotta, comprese le decorazioni del grande portale, unico elemento decorativo elaborato dell'esterno. In generale l'opera mostra una certa monumentalità, è ben visibile anche da lontano e domina sopra i tetti del paese. La facciata riporta alcune caratteristiche tipiche del cinquecento, epoca di costruzione. Una serie di semplici semipilastri scandiscono verticalmente gli spazi, salendo fino al profilo superiore dell'edificio originario. Più in alto si ben notano le murature della sopraelevazione ottocentesca, con filari sbalzati di mattoni. Una piccola finestrella rotonda aperta piuttosto in alto, è l'unica della facciata e sopra al portale, rimane la cornice di un rosone, ora murato. A differenza del resto. l'ingresso è piuttosto elaborato ed è composto da due colonne scanalate ai lati, con un semplice capitello alla base. Al contrario quello superiore richiama lo stile corinzio, fra le foglie al centro spunta anche un volto sormontato da un angelo. Un fregio con altri volti angelici corre lungo l'architrave, al di sopra si sviluppa il grande timpano triangolare, realizzato con cornici lavorate. Sporge con maggiore evidenza in corrispondenza delle colonne laterali ed al centro, è montato uno stemma del governo pontificio, scolpito sulla pietra arenacea. Una menzione merita la grande porta in legno con una fascia lavorata a motivi vegetali, al centro un volto è diviso tra le due ante. Sul lato sinistro della facciata si aggrappa il piccolo campanile, con un ingresso adiacente a quello della casa parrocchiale. La torre sale snella fino alla cella campanaria, abbellita con richiami neoclassici ed ancora in alto, chiude una cuspide piramidale piuttosto eminente. Sul retro della struttura impossibile non notare l'imponente abside. Deve la sua altezza alla compensazione del dislivello che caratterizza l'abitato, costruito sulle pendici di un colle. Per aumentare la lunghezza dell'edificio, sono inglobate alcune strutture esistenti, interrompendo anche delle vie del tessuto medievale. L'abside è semicilindrica nella parte alta e poligonale in quella inferiore, ha anche degli edifici addossati a livello del basamento. Si collega alle due sporgenti ali laterali che compongono il transetto, formando un massiccio blocco murario. Visibili alcune finestre a lunetta disposte sui due livelli inferiori, sviluppati al di sotto dell'aula della chiesa. Varcato l'ingresso ci si trova in un ambiente a tre navate, con impianto a croce latina e priva di pitture murarie e di vistose decorazioni. I pochi ornamenti, si limitano ai capitelli dei semipilastri che scandiscono l'interno ed ai cornicioni, che corrono nella parte superiore. Le due navate laterali sono separate da una fila di archi, che terminano in corrispondenza dell'ampio transetto, al centro c'è l'altare maggiore con il pulpito. Vi sono esposte due interessanti tele, la prima di Vincenzo Pagani da Monterubbiano, che realizza una tela raffigurante il "Matrimonio Mistico". Della prima metà del settecento è l'altro dipinto, la "Resurrezione del Cristo" del noto Sebastiano Conca, attivo per qualche tempo anche nel Piceno. Sul retro il presbiterio è separato dal resto da una balaustra in pietra, qui si conserva ancora il vecchio altare preconciliare, addossato sul muro dell'abside.

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