login
cerca
Visualizza sulla mappa

Giace su un basso colle tra la vallata dell'Ete Vivo a meridione e quella del Tenna dalla parte opposta, dove un ripido pendio ammantato dalla vegetazione scende fino al fiume.
Il nome con buona probabilità è da ricollegare alla presenza farfense nell'area, similmente al caso della vicina Monteleone, viene battezzato come il corrispettivo centro della Sabina, nei dintorni dell'importante abbazia imperiale. In origine, a poca distanza, era presente la corte di Santa Maria in Muris che nel XI secolo, era stata donata ai monaci della vicina Santa Vittoria in Matenano, dalla moglie del Conte Silvestro: Albasia, di probabile stirpe longobarda. Qui i religiosi costruirono un centro politico ed amministrativo che faceva da punto di riferimento per i coloni dipendenti dall'abbazia e residenti nella zona; a poca distanza sorgerà durante il XII secolo il castello belmontese, forse grazie alla sua posizione facilmente fortificabile, con lo scopo della difesa della corte stessa. Con la decadenza del dominio dei monaci il castello probabilmente passerà in mano ai signori feudali che, un tempo sottomessi all'abbazia, cominciano probabilmente ad appropriarsi dei territori concessi dai monaci, come accade in altri castelli della zona. Emerge nei documenti però solo nel XIII secolo, quando Rodolfo da Belmonte ne era il signore, nel castello vi erano anche diverse proprietà dei nobili di Montepassillo, una delle più potenti dinastie della marca meridionale.
Con la partenza dell'imperatore Svevo Federico II per le crociate, nel 1228 l'amministrazione del centro Italia, viene delegata a Rinaldo di Urlsingen che muove guerra a Fermo, sostenitrice del papato; l'anno dopo però è costretto a lasciare la zona dando modo alla città di riorganizzarsi. Dopo la sua partenza i signori ghibellini della zona infatti, guidati da Fidelsmido da Mogliano, chiedono protezione al comune fermano, tra questi compare anche Rodolfo da Belmonte, dove si vede che era piccolo nobile, in quanto possessore di un solo castello. Nel 1263 la cittadinanza di Belmonte sottoscrive i patti di sottomissione alla città e cinque anni più tardi entra a far parte del comitato dei castelli fermani e da allora la sua storia seguirà quella del capoluogo. Intanto nel 1331, prendeva il potere Mercenario da Monteverde fino al 1340, dando il via all'epoca delle signorie sulla città, viene seguita cinque anni più tardi, da quella di Gentile da Mogliano, terminata nel 1352 all'arrivo del cardinale Albornoz nella marca, con lo scopo di preparare il terreno al ritorno del Papa da Avignone. Durante la presenza dell'alto prelato, Montegiorgio, impegnata a contrastare il predominio fermano, acquista nel 1366 un terzo dei diritti sul castello belmontese e l'immunità giuridica dalla città. Nello stesso anno finisce la signoria di Giovanni Visconti da Oleggio, iniziata nel 1360 per volontà dell'Albornoz. Nel 1375 ritornano al potere i Monteverde stavolta con Rinaldo che domina fino al 1379 quando viene cacciato dalla città, gli succedono nel 1393 gli Aceti che saranno però destituiti tre anni dopo.
Intanto tra XIV e XV secolo, per via della sua posizione tra mare e monti e la sua vicinanza con le ricche Montegiorgio e Santa Vittoria, era diventato un centro commerciale e bancario di discreta importanza, cospicui sono i depositi in denaro che vi vengono fatti e di grande importanza, è il mercato del martedì che raduna genti e merci da tutto il territorio.
Nel 1404 diventa Papa Innocenzo VII che l'anno successivo investe il nipote: Ludovico Migliorati a signore di Fermo, ma dopo la morte del potente famigliare, questo si rifiuta di restituire al nuovo pontefice la signoria coi suoi territori. Ciò scatenerà una violenta reazione militare che porterà alla guerra, infatti nel 1407 Belmonte ed altri castelli vengono occupati dalle truppe pontificie del Vescono di Sarzana, capitanate da Rodolfo da Varano e Braccio da Montone, in un secondo momento saranno però recuperati dal Migliorati. Nel 1413 viene assalito dai nuovi nemici del signore, i Malatesta che conquistano diversi centri allo scopo di indebolirlo, ma qualche tempo dopo faranno la pace ponendo fine alle guerre, quindi i castelli ritorneranno nel 1416 sotto il dominio di Ludovico. Muore nel 1428 e Fermo ritorna autonoma per un breve periodo, infatti nel 1433 arriva Francesco Sforza che sottomette gran parte delle Marche sotto la sua terribile signoria, fino alla sua cacciata nel 1446.
Col cinquecento continua l'avvicendarsi delle signorie, nel 1502 Oliverotto Euffreducci riesce a diventare signore di Fermo ma viene ucciso da Cesare Borgia che si sostituisce nella signoria fino alla morte di Alessandro VI avvenuta l'anno seguente. Nel 1513 è la volta del nipote dell'Euffreducci: Ludovico, più fortunato del predecessore, riesce a mantenere la signoria fino al 1520 quando muore dopo la battaglia contro Niccolò Bonafede avvenuta nelle piane tra Belmonte e Montegiorgio. Si assiste al passaggio delle truppe di Odet de Foix conte di Lautrec nel 1528, dirette ad assediare Napoli, che causarono molti danni anche nel castello.
Nel 1537 Fermo viene punita, per l'assalto a Monte San Pietrangeli, da Papa Paolo III Farnese che gli sottrae lo status di capoluogo, destinandolo a Montottone e creando lo Stato Ecclesiastico dell'Agro Piceno, finito nel 1547 all'arrivo del perdono pontificio alla città. Durante questa fase storica avviene la famosa guerra della Boara, nata tra Belmonte e Montegiorgio per un conflitto di pascolo nella contrada omonima, cominciata nel 1541 e continuata fino al 1545 quando la situazione sfocerà in una vero e proprio conflitto armato. I Belmontesi a capo della rivolta portarono la distruzione fin sotto le mura di Montegiorgio, quando saranno fermati dalle autorità fermane; subito dopo la giustizia condannò i rivoltosi, alcuni anche alla pena capitale, Belmonte sarà anche costretto a risarcire i danni. Nel 1573 si ha la prima visita pastorale eseguita da Monsignor Maremonti che viene accolto con grande sfarzo, la cosa non piacque molto al prelato che ammonì la cittadinanza, consigliandola di tornare ad uno stile di vita più sobrio, intanto sul finire del secolo, avevano preso vita le confraternite che arricchiranno il paese, con l'oratorio del Santissimo Sacramento. Intano nel 1591 nel territorio belmontese viene combattutta una battaglia tra il capitano Virginio Orsini di Mentana ed il bandito Marco Sciarra, che riesce a soverchiare le truppe nemiche costringendole alla fuga. Nel XVII secolo la situazione politica si farà tranquilla permettendo lo sviluppo dell'economia e dell'agricoltura, grazie anche alle confraternite viene aperta una scuola e viene amministrato un monte frumentario per sopperire alle carestie. Nel settecento invece si avviano una serie di lavori pubblici come il rifacimento della chiesa parrocchiale e l'ampliamento delle strade e la ristrutturazione delle fonti, sul finire del secolo però l'arrivo della rivoluzione francese, porterà nuovi sconvolgimenti politici. Con la dichiarazione della Repubblica Romana e la relativa destituzione delle antiche amministrazioni pontificie farà si che il centro sarà distaccato da Fermo e riunito insieme ad altri, nel Cantone di Montegiorgio, compreso nel Dipartimento del Tronto. Finita la parentesi rivoluzionaria con la caduta di Napoleone nel 1814, si avvierà la restaurazione; Papa Paolo VII nel 1816 crea le Delegazioni Pontificie ed il paese viene annesso a Castel Clementino, l'attuale Servigliano, nel 1828 risulta invece sotto l'amministrazione di Grottazzolina. Nel 1833 la situazione cambia nuovamente e viene direttamente sottoposta a Fermo fino all'Unità d'Italia quando entrerà nella costituita Provincia di Ascoli Piceno, insieme a tutto il fermano, nel 1863 assume il nome di Belmonte Piceno, per distinguersi dagli altri comuni omonimi nel nuovo e vasto regno. Nel 1909 nel suo territorio viene scoperta la famosa necropoli picena che con i suoi ricchi corredi darà notorietà all'antico popolo ed al paese. Nel secondo dopoguerra assiste allo sviluppo industriale nelle piane del Tenna che ricadono nella vicina Montegiorgio, conservando perciò la sua vocazione agricola; nel 2004 entra a far parte della ricostituita provincia di Fermo.
Il piccolo centro di forma allungata è percorso solo da due strade che collegano le due piazze, la prima aperta nella parte alta, dove si affacciano il palazzo comunale, il nobiliare Palazzo Ferrini-Mandolesi e le due chiese: l'oratorio del Santissimo Crocifisso e la parrocchiale dedicata al Santissimo Salvatore. Davanti alla sua facciata inizia il corso dedicato a Tommaso Rubei, percorrendolo si passa davanti all'Ex Ospedale, dove nei pressi, un piccolo passaggio coperto permette di uscire dal paese, scendendo fino alla circonvallazione che costeggia la cinta muraria. Rimanendo all'interno invece si continua fino alla piccola piazza bassa, dove si raccorda la seconda via del paese che corre parallela al corso e ricorda Marino Lucidi, nello spiazzo si trova anche l'interessante Palazzo Ciotti con il suo cortile interno. La strada continua uscendo dall'incasato, fiancheggiando una terrazza panoramica che scende fino alla chiesa extraurbana della Madonna del Rosario e alla strada provinciale che, correndo lungo la cinta muraria meridionale, torna alla piazza superiore, passando per l'elegante scuola elementare con il monumento a Silvestro Baglioni, figlio illustre di questa terra.

Se vuoi condividere questa scheda sui social, puoi utilizzare uno dei pulsanti qui sotto: