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Un tempo era uno dei maggiori centri del comprensorio di Venarotta, situato a ridosso del confine orientale con il comune di Ascoli.
La toponomastica del luogo ha origine probabilmente da un nome di persona o di una famiglia, si voleva infatti che il castello, fosse stato fondato dalla "Gens Valeria", stirpe di origine romana. Verosimilmente però ha origini medioevali ed è quindi più plausibile che derivi dal nome del proprietario del terreno dove fu fondato. l'incasato si sviluppa inizialmente col nome di Villa Portella, piccolo borgo sorto ai piedi del castello, da non confondere con l'altra omonima frazione venarottese. Non sono ben chiare le sue precise origini, ma a partire dalla fine del XVI secolo, la popolazione del castello inizia a trasferirsi qui, probabilmente per godere della comoda posizione. Tra le poche notizie si legge che la parrocchia di San Giorgio, nel 1580 si aggirava intorno ai 150 battezzati. Sempre nello stesso secolo ci sono notizie della presenza degli statuti che regolamentavano la vita della comunità. Una scoperta dello storico locale Luigi Girolami, consiste nella trascrizione in lingua volgare, di un testo religioso apocrifo: la "Sentenza di Ponzio Pilato", eseguita da un notaio valloranese ed unica copia esistente oggi in Italia. Nel 1608 viene eretto da Scipione Cristofori, l'oratorio di San Cristoforo, poi accorpato alla chiesa di San Giorgio. Costui si era arricchito dopo esser riuscito ad uccidere diversi banditi qualche anno prima, invitandoli in casa sua e facendola poi saltare per aria con una carica esplosiva. Con i risarcimenti del governo pontificio, Il Cristofori ricostruisce una sontuosa casa e finanzia la costruzione dell'oratorio, come ringraziamento per la buona riuscita della sua impresa. Verso il 1650 del vecchio castello rimaneva solo qualche rudere con la chiesa parrocchiale e la canonica, in seguito viene trasferita nell'attuale sede, come già era successo per il palazzo del podestà dei castelli ascolani. La villa era quindi diventata il capoluogo, il territorio comprendeva diverse contrade, le più importanti sono Castellano e Cepparano. Complice della crescita della villa, che acquisirà maggiore importanza rispetto agli altri centri, è la vicinanza ad Ascoli. La parrocchiale di San Giorgio probabilmente ricopriva un ruolo centrale per il territorio, tanto che il sigillo comunitario riportava l'immagine del santo. La sua autonomia amministrativa decade con la Repubblica Romana nel 1798 e finisce sottoposto al comune di Gimigliano, compreso nel Cantone Rurale di Ascoli, distretto del Dipartimento del Tronto con sede a Fermo. Il passaggio è breve, finisce col ritorno del potere pontificio qualche mese dopo. Ma nel 1808, con l'arrivo dell'egemonia napoleonica, viene compreso nel comune di Venarotta, intanto vengono ripristinati i Cantoni ed i Dipartimenti di derivazione repubblicana. Con la fine di Napoleone e dopo la successiva Restaurazione, si istituiscono le Delegazioni Apostoliche ed il paese è aggregato al comune di Montadamo nel 1816, rimanendovi fino al rinnovamento delle amministrazioni nel 1867, in seguito all'Unità d'Italia. In quell'anno vengono soppressi i piccoli comuni, tra questi anche quello di Montadamo, Vallorano ritorna quindi a Venarotta, dove rimane fino ad oggi. Sempre grazie alla vicinanza con la città picena, non risente troppo del grave spopolamento tipico del novecento, rimanendo abbastanza popolato, sebbene gli ultimi terremoti hanno danneggiato diverse strutture.
Vi si arriva salendo dalla provinciale che collega Ascoli al capoluogo venarottese, il paese si condensa su una biforcazione del crinale che degrada rapidamente dal colle dove sorgeva il castello, scendendo fino alle valli del torrente Chiaro e del Fosso Santo. Dopo una salita tra campi e boschetti, si incontrano le prime case, la strada torna pianeggiante in prossimità dell'incrocio che la collega al centro del paese. Una grande piazza irregolare, più che altro uno slargo posto su due livelli, funge da centro ed è delimitata dalla chiesa e da alcuni palazzi antichi. Tra questi si scorge una grande abitazione rinascimentale ed una casa torre seminascosta da edifici successivi; sempre nella piazza si trova una moderna balconata panoramica con panchine e parcheggi. Da qui si imbocca la a strada che costeggiando il declivio, attraversa buona parte dell'abitato, riconoscibile dal lungo parapetto che la segue per un ampio tratto. Svoltando verso sinistra e passando affianco alla chiesa, si scende nel cuore del borgo dove si trova un'interessante passaggio coperto, che termina poco prima dell'altura che conclude il paese ad Est. Dalla parte opposta invece si oltrepassano alcune case storiche frammiste ad altre abitazioni più antiche, fino a perdersi nella campagna.

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