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Nasce a Fermo nel settembre del 1750, da una famiglia benestante, già giovanissimo studia dai padri gesuiti i quali contribuiscono in maniera significativa alla sua formazione intellettuale ed umana.
Nel corso della sua vita accademica apprende da Padre Stefano Antonio Marcelli, un eccellente archeologo ed epigrafista, il metodo d'indagine storico e le prime nozioni riguardo la retorica, si trasferirà poi a Roma dove sotto la guida di Padre Luigi Lanzi, noto esperto etruscologo, perfezionerà invece le sue competenze storiche. In seguito alla soppressione della Compagnia del Gesù, Michele fece ritorno a Fermo, rimanendo sempre in contatto epistolare con i suoi maestri. Nella sua città natale frequentò il Seminario Vescovile e nel 1775 fu ordinato sacerdote insieme a Giuseppe Colucci, con cui anni dopo si sarebbe trovato in disaccordo. Destinato all'insegnamento, impartì lezioni di lettere nel locale liceo e nel 1777 diede alle stampe la sua prima opera" Delle Origini dei Piceni", le sue pubblicazioni attirarono l'attenzione degli addetti ai lavori dai quali furono molto apprezzate, instaurò inoltre molti contatti epistolari tra cui Annibale degli Abati Olivieri Giordani, fondatore della Biblioteca Oliveriana di Pesaro. Fu insignito del titolo di Canonico nel 1782, incarico conferito dall'Arcivescovo di Fermo Andrea Minucci, sempre in quello stesso anno realizzò il libro intitolato: "Memorie della Zecca e delle monete fermane" accolto con apprezzamenti significativi sia nelle Marche che in Italia. Molto stimato dal Minucci, nel 1783 pubblica la sua più importante opera"De Ecclesia firmana ejusque Episcopis et Archiepiscopis", scritta in latino e composta da tre parti, una ricostruzione storica delle vicende più significative della diocesi partendo dai primi proto-vescovi. Infine l'approfondita appendice ricca di fonti per lo più inedite, provenienti anche dall'Archivio Segreto Vaticano, non consultato personalmente poiché le notizie gli furono inviate dal suo amico, l'Abate Gaetano Marini al quel tempo Prefetto in Vaticano, Catalani presenta un quadro storico della diocesi di Fermo preciso, organico e chiaro, senza mistificazioni e falsificazioni. Il Catalani, abituato ad approfondire le fonti, dopo la pubblicazione da parte del Colucci delle "Antichità Picene", contestò in modo corretto ed particolare con puntualizzazioni, osservazioni calzanti ed annotazioni, cose che di fatto contraddicevano molte tesi dell'autore. Scrisse quindi una risposta non firmata,dal titolo "Lettera critica diretta ad un cavaliere fermano sul tomo II delle Antichità Picene dell'abate Giuseppe Colucci", la controparte definì lo scritto con parole di sarcasmo ma la maggior parte degli studiosi del tempo, non ebbe alcun dubbio nel riconoscere la veridicità delle affermazioni, e mostrarono solidarietà e vicinanza alla "mano che era evidente" del Catalani.
Fu membro di varie associazioni culturali e di accademie che significava aver accesso a fonti e documenti che potevano portare anche a scoperte sorprendenti. Nel 1793 pubblicò un ampia e documentata biografia di Domenico Capranica, vescovo di Fermo tra i più eruditi ed apprezzati vissuto nel corso del quattrocento, di questa opera lo studioso modenese Girolamo Tiraboschi scrisse: che l'eleganza dello stile dote rara, si univa alla chiarezza al raziocinio e all'ordine, come in pochi libri che vengono alla luce. Con la morte dell'Arcivescovo Minucci avvenuta nel 1803, il Capitolo della Chiesa Metropolitana scelse il Catalani a succedergli nel compito, ma fedele al suo carattere schivo e riservato dedito alla sua passione per lo studio e ricerca, non accettò. Nel 1804 pubblica un codice manoscritto di Enea Silvio Piccolomini: Papa Pio II (1405-1464), che conteneva osservazioni sul Concilio di Basilea, convocato da Martino V nel 1431, dal 1804 le sue condizioni di salute peggiorarono, dopo un consulto medico ad Assisi che sconsigliò un intervento chirurgico, tornò a Fermo. Probabilmente dietro insistenze di amici e parenti si recò a Bologna e visitato dal Prof. Atti si decise per un intervento, ma dopo l'operazione le condizioni del prelato peggiorarono, ormai il suo fisico era molto debilitato e una settimana dopo Catalani si spense all'età di cinquantacinque anni. Fu sepolto a Bologna, sulla sua tomba venne posto un elogio funebre composto da Filippo Schiassi, ecclesiastico ed insigne professore dell'Università emiliana, di lui è rimasta una vasta produzione di opere alcune conservate nella Biblioteca Comunale di Fermo.

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