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Adagiata sopra uno dei dolci e quieti colli tra la valle del Vibrata ed il Tronto, il piccolo centro di Torano Nuovo gode di una posizione privilegiata grazie al suo clima mite e al placido scorrere dell'esistenza, tra gli uliveti ed i vigneti che lo circondano. Infatti le terre che lo storico romano Plinio definisce "colli palmensi", famosi per la qualità delle loro vigne e per le proprietà curative dei suoi vini, dovevano corrispondere al circondario di Torano, che avrebbe dato ristoro e cura anche ad Annibale dopo la battaglia del Trasimeno. Poco si sa della storia di Torano Nuovo, del quale ci giungono solo poche notizie; poco a sud si trovava durante l'alto medioevo il villaggio di Varano, dove sorgeva il convento di San Massimo, possesso dell'abbazia benedettina cassinese di Sant'Atto, del quale faceva parte anche la chiesa di San Flaviano. Torano si svilupperà come castello a difesa dei beni dei monaci, che a quel tempo comprendevano anche i territori e la chiesa di San Martino di Nereto, lasciando comunque poche tracce del suo passato. Si sa che nel 1413 Ladislao I di Napoli conferma l'eredità del Duca Andrea Matteo II Acquaviva al figlio Pietro Bonifacio e questa consisteva anche nella giurisdizione su diversi feudi, tra i quali figura Torano. Nel 1438 passa, insieme a tutti i castelli degli Acquaviva tra Tronto e Vomano, sotto il possesso di Francesco Sforza fino alla sua cacciata; per volontà di Alfonso di Aragona nel 1446 ritorna feudo dei duchi d'Atri. Ma con lo scoppio della prima guerra d'Italia o "Guerra del Gesso" nel 1494 Torano si troverà al centro degli scontri e fu raso al suolo nel 1496 dalle truppe del Re francese Carlo VIII; finita la guerra verrà ricostruito e rimarrà sotto il territorio dei duchi di Acquaviva fino al 1760, quando sarà incorporato tra le proprietà del regno di Napoli. Altri sconvolgimenti arriveranno durante l'occupazione napoleonica del regno di Napoli, che aggrega Torano al governo di Colonnella nel 1807, poi, quattro anni più tardi, viene elevato a municipio sottoposto al Circondario di Nereto; la situazione rimarrà invariata anche nella successiva restaurazione borbonica, fino al 1856, quando passerà sotto Ancarano. La rivoluzione amministrativa che sarà portata dall'unità d'Italia farà sì che a Torano venga aggiunto l'aggettivo di "Nuovo" per distinguerlo da Torano Castello, in provincia di Cosenza.
Il piccolo paese, racchiuso a riccio intorno alle mura dell'antico castello, ha preservato qualcosa delle sue passate eredità, sebbene disperse nel corso dei secoli; partendo dalla piazza del municipio, dove si affacciano ancora i palazzi dei nobili toranesi, si può accedere all'area del castello passando sotto le volte di ciò che rimane della porta. La piazza centrale del paese è stata edificata sull'area dove un tempo si trovava la chiesa di San Flaviano della quale oggi rimangono solo il campanile e qualche pietra lavorata; le variopinte case che circondano lo spazio aperto conservano a tratti le loro caratteristiche storiche, sebbene ristrutturate senza grande considerazione storica. A poca distanza dalla piazza, ad un angolo dell'incasato, si trova la chiesa monumentale della Madonna delle Grazie, che introduce alla circonvallazione del paese, la quale è possibile percorrere per darsi un'idea dell'abitato e dei borghi circostanti.

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