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Un tempo importante abbazia, che controllava parte del territorio montano amandolese.
Si trova tra le frazioni di Paterno e Casalicchio, raggiungibile attraverso una strada brecciata che si arrampica dal fondovalle del torrente Lera, lungo le pendici del monte Berro. Incerte le sue origini, secondo un perduto documento del 1073, citato nelle opere dello storico montefortinese Leopardo Leopardi, dovrebbe risalire al VIII secolo, all'epoca appartenente al re longobardo Liutprando. Questi aveva donato parecchi terreni ai monaci, che ne cedettero una parte al vicino santuario dell'Ambro, ma questa fonte andò perduta e se ne ha solo questa menzione. Si era anche supposto che facesse parte dei beni dei monaci di Farfa, ma accurate ricerche non hanno trovato riscontri, inoltre il cenobio era retto da un Abate e non da un Rettore come negli istituti farfensi. Non compare nemmeno nei codici diplomatici di Fermo, soprattutto in quello del 977 dove il vescovo, cede ai signori di Castel Mainardo, diverse proprietà feudali nell'area montana. La prima menzione certa però è del 1044, con il nome di Sant'Anastasio in Cisiano, quando il Vescovo di Fermo Uberto, della dinastia dei conti Adalberti, cede al monastero alcuni beni nei pressi di Monte San Martino, si nota che i reggenti dell'abbazia sono anche i nipoti dell'alto prelato. Il complesso quindi faceva parte dei feudi vescovili, compresi nel distretto del Castello di Calvelli. Inizialmente era intitolato solo a Sant'Anastasio, in tempi successivi si aggregherà al culto anche San Vincenzo. Come ogni abbazia dell'epoca, deteneva diritti feudali ed aveva sotto la sua dipendenza, diversi altri istituti religiosi del circondario. I suoi possedimenti si estendevano tra gli attuali comuni di Montefortino, Amandola e Sarnano. Tra i più importanti vi erano il santuario della Madonna dell'Ambro, fondato dai monaci e da loro gestito per i primi quattrocento anni della sua esistenza. Vi erano sottoposti anche un monastero con chiesa ed ospizio ad Amandola, demoliti nel 1837, durante la realizzazione dell'attuale Piazza Risorgimento e Santa Maria a Portella, passata ai Cappuccini nel XVI secolo. Varie documentazioni relative all'amministrazione dei territori abbaziali, danno uno spaccato degli insediamenti medievali locali. Nel 1173 si registra l'elezione del cappellano della chiesa di San Pietro in Rovitolo, in cambio di un tributo annuo, nel 1229 l'abate rinuncerà ad alcuni possessi a Montemonaco in cambio di alcuni diritti su di un fondo presso Nucelletta. Il giuramento di fedeltà all'abate degli uomini delle ville di: Collina, Bolgiano, Macrano e Nucelletta, è datato 1233; nel 1246 giurano anche i signori di Castel Bisolo. Altre fonti, mostrano la nomina dei cappellani o dei rettori delle varie chiese sottoposte, nel 1234 viene eletto il rettore della chiesa di Sant'Angelo in Macarnano, nel 1252 in quella di San Gregorio e nel 1255 a San Giovanni in Cardagnano. Tale era l'importanza dell'istituto religioso, che nel 1281, l'abate del monastero insieme a quello di San Mauro di Piobbico, vengono chiamati a fare da pacieri nelle discordie tra Sarnano e Rinaldo di Brunforte. Nel 1295 si interviene sulla struttura con un restauro, per l'occasione il vescovo fermano esorterà i fedeli a contribuire al cantiere con dei finanziamenti. La chiesa viene ampliata ed aggiornata allo stile gotico, la navata mostrava una volta a botte mentre il presbiterio, dove si trovava il coro, mostrava otto cappelle, come scrive lo storico amandolese Pietro Ferranti. Nel 1306, l'abbazia è autorizzata dal vescovo di Fermo a liberare le famiglie ed i castelli a lei sottoposti da vincoli di vassallaggio, quindi li vende al comune di Amandola. Il Beato Antonio, protettore del comune, nasce nel 1355 tra Villa Francalancia e Casalicchio, nelle fasi iniziali della sua vita frequenterà spesso il monastero dove riceverà una prima istruzione. Altre notizie, si hanno nel XV secolo: l'abate Giovanni Gualtieri, membro di una importante famiglia amandolese, nel 1433 eleggerà il rettore di Sant'Anastasio, la chiesa dell'ospizio e convento dentro la cinta muraria del comune. L'abbazia, governata da abati eletti dagli stessi monaci, perde questa forma di governo nel 1439, per passare all'elezione da parte dei parrocchiani, in seguito approvata dal governo pontificio. Il campanile, posto sull'angolo della chiesa, del quale oggi rimane solo qualche traccia, viene costruito a partire dal 1461. Dal 1473 viene retta dagli "Abati Commendatari", nominati direttamente dal papato, che godevano unicamente della giurisdizione economica e riscuotevano una porzione dei proventi. Dal 1515 si passerà ad un abate commendatario con anche ruoli spirituali, provvedeva a far rispettare anche le regole monastiche e le celebrazioni, personalmente o delegando un altro religioso da lui stipendiato. Nel XVI secolo inizia il progressivo abbandono dell'abbazia da parte dei monaci; nel 1549 si ha anche notizia del rifacimento della volta del campanile. Nel XVIII secolo il complesso aveva bisogno di lavori di ristrutturazione, il vescovo fermano durante la visita del 1766 ordinerà il rifacimento del pavimento e l'abbassamento del portale, posto più in alto rispetto alla chiesa inferiore. Inoltre, imporrà di costruire delle balaustre lungo le scale che salivano fino all'area presbiteriale sopra la cripta, non si conoscono i motivi ma i lavori non vennero mai effettuati. Opere di ristrutturazione ed ammodernamento, saranno eseguite solo a partire dal 1801, ormai pericolante la navata verrà ridotta all'incirca della metà. Ne verrà anche capovolto l'orientamento, spostando il portale nella facciata posteriore, eliminando l'abside di pianta rettangolare e costruendo una scala per raggiungere il livello sopraelevato del presbiterio. Saranno rifatte anche le coperture, demolendo la precedente volta e sostituendola con una fila di capriate lignee. Il monastero verrà lesionato durante il terremoto del 1997, dichiarato inagibile verrà chiuso, agli inizi del XXI secolo vi si insedierà una comunità di frati Francescani dell'Immacolata, che restaureranno la chiesa comprando anche un nuovo altare. Verrà nuovamente danneggiata durante gli eventi sismici del 2016. Oggi si può arrivare alla località Abbadia prendendo da Amandola la strada per Garulla, da qui si continua seguendo le indicazioni fino a raggiungere il monastero che si trova lungo la strada, adagiato ai lati di un pianoro. Per arrivare all'ingresso della chiesa bisogna percorrere la strada a lato del monastero, subito si notano due archi gotici murati, i resti dell'antica navata. Tra di loro si alza una semicolonna con un semplice capitello, che si fonde con i resti di una cornice lavorata che corre più in alto, si suppone che potessero essere anche due cappelle laterali. Qui, si trovano anche i resti del campanile crollato, quello attuale è costituito da una vela campanaria che si alza sul lato. L'edificio si compone di diversi tipi di pietra, si vedono alternanze delle rocce calcaree bianche e rosse, disposte a filari alternati, nel perimetro murario della chiesa si alternano anche file di travertino mentre alcuni ornamenti sono in cotto. Anche in gran parte della facciata si ripetono i motivi formati dai filari di pietre, un'essenziale scalinata sale fino al portale dove al di sopra, si apre una grande finestra rettangolare, in cui una lapide ricorda la data della sua apertura. Più interessanti sono le due monofore ai lati in alto, realizzate in pietra ben squadrata, mostrano tracce di una ghiera in cotto modellata con motivi geometrici; in basso spuntano due alte e strette monofore, prive di cornice, appartenenti alla cripta. L'interno è piuttosto spoglio e si nota un grande arco, che divide in due la navata di pianta rettangolare. Sul fondo si trova l'altare maggiore disposto tra due porte, il muro di fondo, dove si aprono anche due nicchie, sembra infatti tamponare un arco a cuspide. In origine, si suppone che si accedesse nella cripta attraverso due scalinate, che scendevano dai lati della navata principale, in concomitanza con la scala che saliva al presbiterio. Oggi invece si imbocca la porticella ai piedi della chiesa, dove si vedono ancora le due arcate superstiti della navata, da qui vi si arriva percorrendo prima un piccolo ambiente voltato. La cripta si presenta come due spazi con volta a botte in travertino, separati da altrettante arcate raccordate al grande pilastro centrale. Sulle spoglie pareti, si trovano alcuni semipilastri appoggiati al muro che avevano un ruolo strutturale, il luogo è scarsamente illuminato dalle due strette monofore della facciata. A lato della chiesa, si apre un ambiente piastrellato, è il cortile del monastero che occupa i restanti due lati dello spazio, che rimane aperto dal lato orientale. Non presenta il classico loggiato che ci si aspetterebbe in un monastero, un'arcata gotica però si apre sul lato della chiesa, il resto degli edifici conventuali presenta semplici e piccole finestre, con qualche porta altrettanto modesta per accedervi.
La pace del luogo ricompensa ogni visita.

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