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Nasce ad Atri nel 1458. Suo padre era Giulio Antonio d'Acquaviva e sua madre Caterina del Balzo, figlia di Giovanni Antonio, Principe di Taranto. Fu l'ottavo Duca di Atri e Conte di San Flaviano e poi di Giulia, quindicesimo Conte di Conversano e uno dei feudatari più ricchi ed influenti del regno di Napoli. Divenne erede del titolo di Duca di Atri alla morte del fratello maggiore Giovanni Antonio, comandante delle truppe Aragonesi, per mano dei turchi nel 1479, assumendo anche quello di marchese di Bitonto. Andrea Matteo partecipò alla campagna per liberare la città di Otranto, dove rimase ucciso suo padre Giulio Antonio; dopo questi fatti d'arme fu l'unico erede dei possedimenti sia negli Abruzzi che in Puglia. Artefice della cosiddetta "congiura dei baroni" del 1485-1486, che si era prefissa di destituire Ferdinando I d'Aragona, successivamente perdonato dal sovrano, che comunque tolse ad Andrea Matteo Teramo e Bitonto, in cambio tuttavia ottenne la signoria di Martina Franca nel tarantino. Fu uomo di raffinata cultura e di lettere, oltre che d'armi. Catturato dagli spagnoli nel 1503 a Rutigliano, subì la carcerazione nella fortezza di Gaeta, venendo liberato solo nel 1506. Si trasferì quindi a Napoli, sposò in prime nozze Isabella Todeschini Piccolomini d'Aragona nel 1477, figlia primogenita di Ferrante d'Aragona; dopo la morte di costei prese in moglie Caterina della Ratta nel 1509, vedova di Cesare d'Aragona, figlio naturale del Re di Napoli, acquisendo molti possedimenti, tra cui la ricca contea di Caserta e i feudi di Eboli. Abile diplomatico, riuscì a fare sposare suo nipote Giulio Antonio II con la pronipote della contessa di Caserta; fu per la città un periodo di splendore ancora visibile nei resti del castello chiamato di Casertavecchia, oggi monumento nazionale. Nel suo palazzo napoletano ebbe modo di incontrare letterati e poeti come Jacopo Sannazzaro e Giovanni Pontano, che scrissero anche opere dedicate alle gesta dei suoi famigliari nella battaglia di Otranto. Insegnò all'Accademia Pontaniana di Napoli, tradusse opere di Plutarco, che furono pubblicate nel 1526 da suo figlio Giovanni Antonio Donato. Si spense nei suoi possedimenti di Conversano nel gennaio del 1529.

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