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Piccolo scrigno d'arte pittorica del centro storico di Tortoreto.
L'edificio si trova nella parte orientale del castello, affacciato sulla piccola piazzetta del quartiere di "Terranuova", davanti alla chiesa parrocchiale di San Nicola. Secondo alcune fonti, sorgeva già nel 1348 per volontà della popolazione, in ringraziamento per aver scampato alla "Peste Nera", che in quel periodo imperversava per tutta l'Europa. I documenti la collegano all'esistenza di una chiesa di "Santa Maria di Tortoreto" già nelle tassazioni del 1320 e del 1326, ma non ci sono prove a sostegno che sia la stessa istituzione religiosa. Più probabilmente l'edificio che vediamo oggi è databile all'inizio del XVI secolo, prima del 1526, anno in cui vengono realizzati gli affreschi che animano l'interno dell'edificio, ad opera del maestro Giacomo Bonfini da Patrignone, castello nello stato di Ascoli ed oggi frazione di Montalto delle Marche. Nel 1529 si legge l'esistenza della confraternita intitolata alla Madonna della Misericordia, non più esistente nella relazione del 1611-14, invece si nota la presenza di "Santa Maria dell'Ospedale". La chiesa difatti, era legata alle opere assistenziali di un ospedale che sorgeva a poca distanza, la confraternita sarà ancora menzionata nel 1695 e fino al 1731. L'ospedale scompare nell'ottocento ed all'inizio del secolo, viene ancora segnalato negli scritti di Niccola Palma. Nel 1880 si inizia a studiare l'apparato pittorico, che inizialmente viene erroneamente attribuito a Martino Bonfini, nipote di Giacomo, solo gli studi di Giuliano Rasicci nel secondo dopoguerra daranno la giusta attribuzione. Gli affreschi vengono restaurati nel 1974 ed altri successivamente, alcuni interventi sono stati eseguiti nel 2011.
La chiesa all'esterno si presenta piuttosto sobria e anonima, realizzata interamente in mattoni, con solo il portale realizzato in travertino. Di pianta rettangolare, sul retro si innesta l'abside di forma ottagonale, ma solo all'esterno, infatti all'interno si presenta nella classica forma tondeggiante. Questa appoggia su di una piattaforma muraria più antica, costituita da pietre di fiume legate con calcestruzzo, forse risalenti all'epoca romana.
Il portale si trova al centro ed è l'unico elemento esteriore con funzione decorativa, circondato da una cornice in pietra lavorata. Al di sopra, si apre un grande finestrone rettangolare, aperto in epoca successiva alla costruzione, mentre all'incrocio dei colmi del tetto si trova una piccola finestra rotonda. Per ogni lato si aprono anche altrettante finestre, guardando le mura a destra si intuisce che vi era forse addossato un altro edificio, dove oggi si allarga la piazzetta.
Entrando, ci si ritrova in un ambiente semplice dal punto di vista strutturale, a navata unica con l'area absidale separata dal resto attraverso un grande arco e rialzata di uno scalino. Il soffitto è ricoperto con volte a crociera che si innestano nell'arcata al centro, che sale dai pilastri sporgenti dalle pareti. Le decorazioni pittoriche sono gli unici elementi di pregio che animano l'interno, altro elemento è l'altare in pietra dalle linee essenziali. L'opera dell'artista rinascimentale marchigiano raffigura la Passione di Cristo, nonostante le numerose lacune dovute ai secoli. Manca quasi interamente la parte bassa, forse composta da panneggi come si può intuire dai frammenti superstiti, più deteriorata è la parte destra della navata. Le scene sono separate da una serie di elementi architettonici e fregi, dipinti in corrispondenza degli spigoli della struttura. La narrazione sulle pareti inizia con "Gesù nel giardino degli ulivi" sebbene piuttosto rovinata, continua con il "Bacio di Giuda", "Gesù davanti a Caifa", "La Flagellazione", "L'incoronazione di spine", una parte dell'"Esposizione di Gesù al popolo" e la "Salita al Calvario". Nell'abside si dipingono le scene della crocefissione, continuando nell'ordine narrativo: l'inchiodatura, la crocefissione al centro e la deposizione. Sotto la croce, si allarga la veduta di un castello affacciato sul mare, che dovrebbe rappresentare Tortoreto, forse solo idealmente. Sulla volta campeggia Cristo Risorto, all'interno di una mandorla costituita dalle schiere di angeli, nel resto delle vele si notano i quattro evangelisti ed una sibilla, quella Eritrea, sorretti dalle nubi; altre raffigurazioni sono andate perdute. Ai lati verso l'ingresso, in basso, vi sono altre raffigurazioni di altro genere, sulla sinistra si trova la Madonna della Misericordia, che dà il titolo alla chiesa, affiancata da Sant'Antonio da Padova. Dalla parte opposta invece, si trova una Natività con Santa Caterina d'Alessandria ed un altro San Rocco, a sottolineare l'erezione della chiesa per contrastare le pestilenze.
Il ciclo pittorico viene anche autografato dall'artista, una scritta lacunosa dipinta sulla fascia alla base degli affreschi riporta: "[Jacobu]s bonfinis de patrignono [pinxit anno Domini MD] XXVI die vero XVI mensis septembris".
Faceva parte degli arredi anche una statua della Madonna con Bambino in terracotta, risalente al XVI secolo e probabilmente realizzata dagli artisti di Nocella di Campli, è oggi conservata nella chiesa di Sant'Agostino.

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