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Si trova al confine settentrionale della provincia di Ascoli Piceno, segnato dalla vallata del fiume Aso.
Le leggende riferiscono che al tempo dei "romani" qui esistevano due castelli: Monte Patrizio e Montaltello, che a seguito delle invasioni barbariche, si unirono fondando il centro di Montalto. Altre versioni della tradizione vogliono che i castelli siano stati ben cinque, aggiungendo alla lista anche quelli di: Rocca, Grotte di San Giorgio e Castel Santo Lorenzo. Stando alle poche fonti, si avvalora la supposizione che nasca dalla fusione di due piccoli insediamenti fortificati vicini. Monte Patrizio, che tradizione vuole sull'attuale parte alta del paese, definita "Cassero", ma anche sopra la prima cima che si incontra ad occidente e che ne porta ancora il nome. Il castello di Rocca sorgeva sopra l'attuale Piazza Sisto V, dove oggi si trovano la chiesa di San Pietro ed il belvedere; rimangono al momento ignote le precise dinamiche della fondazione del castello. Dalle carte si sa che l'area era rientrata tra i beni dei monaci farfensi nel 1039, a seguito della donazione del signore offidano Longino di Azzone. Da alcuni documenti relativi alle cancellerie monastiche, è riportato che nel 1074, l'imperatore Enrico IV concedeva ai religiosi il possesso di diversi castelli, tra i quali "Monte Altum" e Patrignone, così come avevano fatto i suoi predecessori. Ricompare ancora nel 1118 nei diplomi di Enrico V, insieme al castello di Monte Patrizio. Nel 1261 Papa Urbano VIII riconferma ai monaci i beni già concessi dai precedenti pontefici, si legge ancora della presenza di Monte Patrizio e di Montaltello. Dopo questo periodo, probabilmente raggiunge lo status di libero comune e cercherà di mantenere la sua indipendenza, barcamenandosi tra il governo farfense in decadenza ed il nascente potere del comitato ascolano. Partecipa insieme a Porchia e Patrignone, in quanto anch'essi liberi comuni, al "Parlamento di Montolmo" del 1306, per stipulare la pace insieme ad altri municipi della Marca Anconitana. Due anni più tardi, contribuisce anche alle ribellioni contro Papa Clemente V, terminate nel 1311 quando viene trasferita la sede pontificia da Roma ad Avignone, in Francia. Il comune compila un proprio catasto già nel 1320, nello stesso anno si nota che viene pagata una tassa all'abbazia farfense di San Salvatore all'Aso, attraverso un procuratore. Non se ne conosce bene il motivo ma nel 1337, il castello viene assaltato dalle truppe di alcuni centri farfensi tra cui: Arquata, Force, Montegallo, Montelparo, Montemonaco e Porchia. Si ipotizza forse per punire la comunità dei patteggiamenti con gli ascolani, il Rettore della Marca però farà punire i responsabili dell'invasione, costringendoli al risarcimento dei danni. Infatti nell'anno successivo registriamo un rinnovamento dei patti con Ascoli, stipulati già in precedenza. Intanto insieme ai nuovi alleati partecipa ad un assalto a Montedinove, con lo scopo di sottometterlo alla città, l'operazione fallisce e la coalizione, viene penalizzata col pagamento di una consistente multa. Nelle costituzioni del Cardinale Albornoz del 1356, la comunità montaltese era indipendente e soggetta solo al governo pontificio, anche se si registra ancora la presenza ascolana. Farfa non era ancora scomparsa e si assiste ad un breve ritorno; nel 1357 si sottoscrivono anche i patti tra i sindaci di Montalto e Santa Vittoria, ancora nel 1368 si effettuano pagamenti ai benedettini di Farfa. Ma nel 1377 sono nuovamente i soldati ascolani a presidiarne le fortificazioni; saranno a breve assediate da Boffo da Massa, nel 1381, durante la sua campagna di conquista di un suo stato personale tra Carassai, Cossignano e Castignano. Insieme a questo, parteciperanno le truppe di ventura di Giovanni degli Ubaldini, del capitano tedesco Lucio Lando e del più famoso comandante inglese dell'epoca, Giovanni Acuto, che partendo da Montottone tenteranno di assediare Montalto e Rotella. Il tentativo fallisce, probabilmente a causa di una resistenza, più forte di quella prevista e per la scarsità di vettovaglie per le truppe; Boffo sarà quindi costretto a tornare a Montottone. Montalto insieme a Porchia ed altri uomini provenienti dai centri del Presidato farfense, prenderanno parte alla distruzione del castello di Mortula, avvenuta nel 1404, il governo pontificio non gradendo il gesto condannerà i partecipanti a morte. In seguito la pena sarà mutata nel sequestro dei beni, al fine di risarcire Antonio Aceti, signore del castello distrutto nonché potente e ricco politico fermano, a capo della signoria eretta nella città tra il 1393 ed il 1396; infine nel 1407 i condannati saranno poi assolti. Nel 1418 il comune elegge autonomamente il Podestà e nel XV secolo è terra di Consulta del presidato farfense, le sedute avvengono nella chiesa extraurbana di Sant'Agostino. Due anni più tardi, iniziano una serie di scontri con la vicina Montedinove per questioni di confine, registrati nelle cancellerie di Santa Vittoria in Matenano; nel 1435 ci saranno le stesse problematiche anche con Monte Varmine. Nel 1441 a scopo autodifensivo, viene istituito un piccolo manipolo di armati, con il benestare del governo. Cade nel 1443, sotto la signoria dittatoriale di Francesco Sforza, qui non mancherà di perpetrare le sue molestie: fa imprigionare quindici suoi abitanti nella fortezza di Fermo e lì vengono trattenuti fino al pagamento di un riscatto. Cacciato lo Sforza nel 1446, continuano le problematiche con i paesi vicini, nel 1452 si legge che gli uomini di Montalto avevano usurpato a Porchia, proprietà della chiesa del paese: Santa Lucia, e del distrutto castello di Mortula. Il commissario Apostolico inviato a risolvere la situazione, minaccia i montaltesi di scomunica in caso di mancata riconsegna dei beni. Altre serie di contrasti per le solite questioni di confine, scoppiano nel 1463 contro Montedinove, la diatriba si protrarrà ancora fino al 1488. Nel 1518 viene preso dalle truppe di Francesco Maria della Rovere, nemico del pontefice Leone X; prima del saccheggio diverse famiglie fedeli al papato riusciranno a darsi alla fuga, tra queste quella di Piergentile Peretti ripara a Grottammare, dove nel 1421 la moglie da alla luce Felice. Dieci anni più tardi viene avviato alla carriera ecclesiastica, entrando nel convento francescano di San Francesco alle Fratte, nella campagna montaltese, scalando negli anni le varie posizioni gerarchiche. Sempre dalle fonti farfensi, si leggono intanto di altri conflitti con i paesi vicini: nel 1523 con Monte Rinaldo e nel 1535 con la confraternita fermana di Santa Maria e Monte Varmine. Si registra anche una sentenza del 1541 nel tribunale di Santa Vittoria, che riguarda una questione di tasse tra il castello e la vicina Patrignone. Intanto Felice Peretti veniva elevato al rango di Cardinale nel 1570, iniziando così a sovvenzionare la crescita nel piceno e nel centro montaltese, che egli definiva la sua patria. Risolve nel 1576 una causa tra Porchia e Montalto, riguardante i mulini dell'Aso e della Menocchia, quattro anni più tardi fonderà una scuola in paese, concederà un mercato settimanale ed il medico condotto. Il cardinale è eletto Papa nel 1585 col nome di Sisto V, da questo momento darà il via ad una serie di progetti rivoluzionari nel piccolo castello montaltese, andandone a modificare sia l'aspetto, che il potere amministrativo. Oltre alle varie esenzioni delle tasse ed a sgravi commerciali, eleva la chiesa del paese: Santa Maria a Collem, ad importante collegiata donandogli anche una preziosa reliquia. Qualche tempo dopo fonderà la nuova diocesi di Montalto, ritagliandola tra quelle di Fermo, Ascoli e Ripatransone, innalza la collegiata a cattedrale e fa raggiungere lo status di "Città" alla sua patria. Rianimerà l'antico stato farfense, da sempre cuscinetto tra le inimicizie di Ascoli e Fermo, formando il Presidato Sistino, composto da diciassette comuni che vengono distaccati dalla precedente amministrazione. Come capoluogo viene ovviamente designata Montalto, dove avranno sede i Governatori, o Presidi, nominati come rappresentanti del potere giudiziario, lasciando alle singole comunità le proprie amministrazioni. Inoltre viene istituita una zecca per un periodo limitato; collocata nella parte alta della cittadina, aveva il compito di coprire le richieste monetarie per i progetti del pontefice, sarà inoltre allestita una tipografia, dove sarà stampato il nuovo statuto della città. Nel 1587 decide anche di espandere il centro, facendo progettare la cosiddetta "Addizione Sistina", che prevedeva l'ampliamento della cinta muraria verso est, spianando una collina e realizzando varie opere: la piazza con la nuova cattedrale ed il palazzo di Camilla Peretti, sorella del pontefice. Per quanto riguarda le mura e le altre opere militari, viene incaricato l'architetto Pompeo Floriani, mentre Domenico Fontana si occupa dell'urbanistica civile. Il progetto rimane ancora, dipinto a Roma nella biblioteca vaticana, più precisamente nel salone sistino. L'anno seguente l'approvazione di Sisto V da il via ai lavori, nel 1589 incarica il conterraneo Monsignor Fabio Biondi di riferirgli sull'avanzamento dei cantieri. Il Papa però morirà un anno più tardi, interrompendo così i fondi ai cantieri che procederanno a singhiozzo, o saranno ripresi più tardi, come la cattedrale ed il palazzo di Camilla, trasformato nell'attuale complesso della Curia. Oppure definitivamente bloccati, come per la cinta muraria e gran parte dell'addizione. Sempre lo stesso anno, si restaurano le vecchie mura a causa dell'esplosione del brigantaggio, che andava dilagando nelle zone circostanti. Per i tempi a venire la situazione politica si farà più tranquilla, la cittadina si godrà il suo ruolo ed i privilegi di capoluogo del presidato. La pace verrà sconvolta dai moti rivoluzionari del 1798, che porteranno insieme all'esercito francese, a scacciare il papa e ad istituire la Repubblica Romana. Montalto all'arrivo delle truppe si ribellerà contro gli invasori, il Vescovo Castiglioni, divenuto papa col nome di Pio VIII, verrà arrestato e condotto a Mantova. La cittadina comunque manterrà i suoi privilegi: è sede di un cantone che comprende Castignano, Cossignano, Force, Montedinove, Rotella, Porchia, Patrignone, Castel di Croce e Monte Moro. Questi facevano parte del Governo di Ascoli, compreso nel più ampio Dipartimento del Tronto, con sede a Fermo. La repubblica cadrà quasi subito e nel 1799, si vedrà il ritorno del papato, con il ripristino degli antichi ordinamenti, che saranno costretti a soccombere di nuovo con l'arrivo di Napoleone, nel 1809. Durante la Restaurazione nel 1816, la cittadina è scelta insieme ad Ascoli, come Capoluogo di Distretto della Delegazione Apostolica di Ascoli, rimane capoluogo anche dopo le riforme nel 1833 ma con sottoposti solo i governi di Offida e San Benedetto. Continuerà il suo ruolo amministrativo fino all'Unità d'Italia, quando la fine dello stato Pontificio nel 1861, aprirà il via alle nuove province. Montalto farà parte di quella di Ascoli Piceno e continuerà ad essere sede della giudicatura di pace fino al 1993. In questo periodo un altro personaggio montaltese darà lustro alla sua terra, sarà l'architetto Giuseppe Sacconi autore dell'Altare della Patria a Roma, monumento celebrativo del neonato Regno d'Italia.
Oggi visitando il paese, si può notare come l'influenza di Sisto V abbia profondamente segnato il tessuto urbano, storico e culturale, attualmente viene ancora celebrato e studiato. Centro del paese è la Piazza Sisto V con la cattedrale e la Casa del Clero, attraversato dalla strada provinciale e quindi ben collegato. La strada affianca anche un tratto delle mura del paese, dove è possibile trovare parcheggio. Partendo dalla piazza si nota già da un angolo la mole del centro storico, la via alla destra della cattedrale si insinua tra le case fino a Porta Marina, annessa al grande palazzo Paradisi. Usciti dalla porta si nota una scalinata, se vi si sale si arriva fino alla piazzetta dove si trova la chiesa di San Pietro, il belvedere "Renato Cacciamani" ed il Teatro della Rocca. Da qui si scende per la scalinata e si continua lungo il corso del paese, dedicato a Vittorio Emanuele III; si notano sulla sinistra le belle finestre in cotto di palazzo Simonetti. La via svolta bruscamente a sinistra, iniziando a salire, dalla parte opposta invece, un'altra ripida strada si insinua tra le case fino alla triangolare piazzetta, dove sorge palazzo Massi Mauri. Si può percorrere la salita che segue la facciata, passando per lo stabile Verdi, alla fonte ed al vecchio palazzo dei Sacconi, fino ad arrivare alla piazza del comune. Oppure, si può tornare lungo il corso e godersi il particolare Palazzo Pasqualini, preceduto dal palazzo Rosati-Sacconi e seguito dall'ex convento di Santa Chiara, con dirimpetto il Teatro Comunale e l'ex cattedrale di Santa Maria. Arrivati in piazza, si nota l'importante palazzo dei Presidi, sede del municipio, ai lati della piazza si vede la barocca chiesa di San Niccolò e difronte il palazzo dei Priori con la torre civica; una lapide affissa su di una casa, ricorda due importanti inquilini. In mezzo, svetta il monumento a Giuseppe Sacconi, a lato i portici di palazzo Astolfi invitano a continuare a salire fino al Cassero, poco più in alto. Arrivati alla piazza più in alto, non si può non notare la scalinata dell'ex palazzo vescovile e la casa Grassi, dove era collocata la zecca sistina. Una via scende sul margine del piazzale fino ad arrivare alla Porta dei Leoni, continuando si risale davanti all'episcopio, passando al fianco della Fonte del Cassero. Un'altra via scende fino ad arrivare alla medievale porta Patrizia, ma prima di entrarvi, si può svoltare prendendo la stretta stradina che si trova alla sua destra. Si arriva nel caratteristico quartiere della Peracchia, dove si trova la casa natale di Giuseppe Sacconi, proseguendo ci si ritrova sulle rampe, che scendono dal retro del palazzo dei Presidi, fiancheggiando il nuovo e maestoso palazzo Sacconi, tornando così ai parcheggi alberati, lungo il viale che scende fino alla piazza della cattedrale.

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