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La toponomastica vuole che il nome derivi da "Forca": valico. Infatti La sua posizione strategica a cavallo tra le vallate dell'Aso, del Tesino, che nasce nel suo territorio e del Chiaro, affluente del Tronto, lo rendeva un frequentato punto di passaggio. Tradizionalmente conosciuto per l'attività di lavorazione del rame e dei metalli, aveva generato un particolare dialetto detto "Baccaiamento", usato dai professionisti di quest'arte per comunicare tra loro ed ormai quasi scomparso.
La nascita è probabilmente legata a due monasteri: quello di San Salvatore all'Aso, uno tra i più importanti dell'ampio panorama monastico farfense, fondato sulla sponda meridionale del fiume, forse tra IX e X secolo e quello di San Paolo, eretto presso il primitivo castello forcese. Nel 957 alcuni territori abbaziali in zona erano stati usurpati dall'Abate Campone, salito ai vertici dei farfensi insieme al monaco Ildebrando, complice con lui del disfacimento e della svendita delle proprietà dell'abbazia, saranno perciò ricordati come "Mali Abbates". L'anno successivo Campone rivende alcune di queste proprietà a Raniero di Alberto ed a sua moglie Guiburga, conti reatini; gran parte dei beni saranno però recuperati dall'abate Ugo a partire dal 1000, grazie all'intervento dell'imperatore Ottone III. Il castello di Force viene nominato ancora nel 1050 su un diploma di Enrico III e l'anno successivo anche da un documento di Papa Leone X, in entrambi venivano riconfermate ai monaci le loro proprietà marchigiane. Insieme a Montelparo e Montefalcone, tutti castelli adiacenti a Santa Vittoria, fa parte del nucleo centrale dello stato farfense che nel XI secolo raggiungenva il suo massimo splendore.
Ma nel XII secolo il potere monastico inizia ormai a scemare e quindi il paese affronta un periodo travagliato, deciso a distaccarsi dall'orbita abbaziale, nel 1239 si sottomette ad Ascoli insieme a Capradosso e Monte Cretaccio, intanto vuole la tradizione che nel 1215 sia passato di qui San Francesco. Nel 1242 le truppe di Federico II impegnate nell'assedio di Ascoli toccano anche il castello che viene attaccato dal figlio dell'Imperatore: Re Enzo di Sardegna, insieme a Rinaldo d'Acquaviva, con duecento soldati e cinquecento arcieri musulmani. I forcesi però si ribellano all'occupazione sveva e riescono a liberarsi per un breve periodo tornando sotto i monaci, prima di venir rioccupata da Ascoli nel 1248. Intanto Papa Urbano IV nel 1262, emana una bolla che sancisce la creazione della "Diocesi Nulla" farfense: i territori da loro amministrati diventano una sola diocesi soggetta solo alla Santa Sede, svincolandoli in teoria, dal potere e dagli interessi dei vescovi di Ascoli e di Fermo; nasce così il Presidato Farfense. Nel 1279 era stata ancora conquistata militarmente dal comitato ascolano mentre i fermani si erano aggiudicati la vicina Montefalcone, probabilmente in seguito all'occupazione la Santa Sede per punire la città le sottrae alcuni castelli. Niccolò IV, il Papa ascolano, nel 1291 concede ai forcesi il potere di eleggere i propri rappresentanti mentre annulla anche le condanne alla città, restituendogli i castelli di Montemoro, Quintodecimo, Morro e Monte Cretaccio. Ma insieme ad Amandola viene assaltata ancora dagli ascolani nel 1294 e nel 1297 si raggiunge un patto, dove la popolazione era tenuta a pagare una somma per il mantenimento del presidio militare ascolano, di fornirgli venticinque soldati ed inoltre, di consegnare il palio durante la festa di Sant'Emidio.
Nonostante gli accordi viene nuovamente assaltata qualche mese più tardi insieme a Monte Passillo e Monte Cretaccio e Bonifacio VIII su pressione di Fermo, decisa a contrastare l'espansionismo ascolano, ordina di restituirli alla Santa Sede. Intanto nel 1299 gli eserciti fermani saccheggiavano Force e gli altri due castelli occupati, l'anno successivo, senza tener conto gli appelli del pontefice, gli ascolani non avevano ancora riconsegnato i centri occupati. Si troverà nel castello Il Vicelegato della Marca nel 1310, qui compila l'atto che decreta la distruzione del castello di Monte Passillo, da anni causa di guerre tra Ascoli ed Amandola.
Influenzata dalla politica della città e di fatto quasi parte del suo comitato, dal 1348 al 1353 assiste alle conseguenze della tirannia di Galeotto Malatesta, chiamato per combattere contro la rivale Fermo. Nelle costituzioni egidiane, edite a partire dal 1357, appare come uno dei castelli soggetti alla Santa Sede tramite il Rettore della Marca, si nota dai catasti ascolani del 1377 che era comunque molto legata alla città picena, con la quale aveva stipulato diversi patti. Nello stesso anno i forcesi assaltano il castello di Montalto delle Marche insieme ad Arquata, Montegallo, Montelparo, Porchia e Rotella, puniti dal Rettore della Marca col risarcimento dei danni.
Le continue lotte tra le fazioni porteranno la salita al potere nel 1395 di Andrea Matteo Acquaviva, duca d'Atri, ma il suo governo dittatoriale lo porterà ad essere cacciato qualche mese dopo, la città ed il suo territorio torneranno quindi al potere pontificio.
Nel 1406 la città passa in mano a Ladislao d'Angiò, Re di Napoli, che nel 1413 lo concede alla signoria dei Da Carrara fino al 1426, quando vengono cacciati dagli eserciti pontifici che recuperano il territorio al regno. Inizia invece nel 1433 la conquista sforzesca delle Marche, che in pochi giorni si sottometteranno al condottiero, undici anni più tardi il suo governo dittatoriale, aveva alimentato l'insofferenza della popolazione del castello portandola alla ribellione. La dura repressione viene guidata dal fratello del tiranno: Alessandro Sforza che assalta il paese e cattura ottanta uomini, condotti poi nelle prigioni della vicina Santa Vittoria.
Intanto nelle montagne picene, inizia ad espandersi il fenomeno del brigantaggio che nella zona aveva avuto una grande rilevanza, sia a causa del territorio aspro, boscoso e scosceso, sia per la vicinanza col confine del Regno di Napoli. Il centro forcese ne sarà investito in pieno, nel 1559 viene mobilitato contro i briganti ed anche visitato dalle truppe del Commissario Generale della Marca. Pio V nel 1571 istituisce la diocesi di Ripatransone che nel suo territorio includerà diverse terre del presidato farfense, Force compresa che nel 1580 si dota anche di statuti comunali. Sei anni più tardi, viene eletto Sisto V al soglio pontificio, nato a Grottammare da famiglia originaria di Montalto, elevando la cittadina a sede vescovile e creando il Presidato Sistino che comprenderà anche i territori della diocesi ripana. Il banditismo si faceva ancora sentire e nel 1590 il vescovo di Montalto: Paolo Emilio Giovannini, eviterà il paese insieme a Comunanza e Montemonaco a causa della pericolosità dei luoghi.
Le ultime istituzioni farfensi sopravvissute vedono la fine nel 1631 quando Papa Urbano VIII trasforma in Collegiate gli ultimi monasteri rimasti, come quello di San Paolo, mentre i monaci vengono incorporati nel clero secolare. Nel 1665 verranno ristampati gli statuti del comune.
Le riforme portate dalla rivoluzione francese nel 1798 si concretizzeranno negli stati pontifici con la breve esperienza della Repubblica Romana. Il territorio sarà riorganizzato e diviso in cantoni, Force sarà ancora sottoposto a Montalto, compreso nel distretto di Ascoli che con quelli di Fermo e Camerino formavano il Dipartimento del Tronto. Con la fine della Repubblica ed il ritorno del pontefice a Roma, Papa Pio VII nel 1804 conferisce a Force il titolo di città, sebbene sottoposta ancora al Presidato Sistino; l'anno successivo sarà la volta dell'arrivo di Napoleone. Cacciato nuovamente il pontefice nel 1808 crea il Regno d'Italia ripristinando i dipartimenti repubblicani, il comune torna nuovamente sotto il cantone di Montalto.
Dopo la definitiva sconfitta di Napoleone nel 1814 e la parentesi murattiana, ci sarà la restaurazione, il Papa nel 1816 torna a capo degli Stati Pontifici ripristinando il Presidato ma dando anche il via ad alcune riforme territoriali; due anni più tardi nascono le Delegazioni Apostoliche. Force diventa sede di Governo, compresa nella delegazione di Ascoli sotto il distretto di Montalto. Dopo il 1833 vengono nuovamente riformate le amministrazioni e Force torna sotto il Governo di Montalto, stavolta con l'amministrazione della vicina comunità di Quinzano, sottratta a Comunanza. Durante le rivolte del 1848 si rinnovano i propositi liberali e cacciato ancora il Papa si da avvio alla Seconda Repubblica Romana, nel piceno l'avventura termina nel 1849, Force è assediata dall'esercito austriaco misto ai briganti e ne dirige l'eroica e vana difesa Matteo Costantini.
Con la ristrutturazione territoriale postunitaria nel 1869 entra a far parte della provincia di Ascoli, nel mandamento di Montalto, vengono soppressi i comuni di Quinzano, col suo territorio interamente annesso a Force e quello di Castel di Croce e Montemoro, che saranno spartiti con il comune di Rotella.
Si ricorda che durante la Seconda Guerra Mondiale, partiranno da qui alcuni uomini delle truppe dell'asse che ingaggeranno con i partigiani la Battaglia di Rovetino, a partire dal dopoguerra lo spopolamento e la modernità contribuiscono alla perdita del polo artigianale del rame, oggi rappresentato da pochi artigiani.
Da qualunque parte si arrivi al centro storico, sia salendo da Venarotta che dalla Valdaso, si rimane colpito dalla formidabile posizione scenografica che caratterizza il paese, appollaiato su la cima di un colle. Se si giunge da Sud, si è accolti dalla strada larga e pianeggiante del borgo moderno, dove sorge il singolare Villino Verrucci. Da li una ripida salita si avventura all'interno del castello, per chi volesse raggiungere la cima più velocemente, può utilizzare la scala in ferro sulla sinistra che raggiunge la parte alta, arrampicandosi lungo la rupe verticale che caratterizza il paese sul fronte occidentale.
Proseguendo invece per il ripido corso si incontrano i primi palazzi nobiliari, tra questi Palazzo Canestrari, oggi sede del museo diocesano d'Arte Sacra, poco più avanti c'è il bel palazzetto rinascimentale che ha dato i natali alla Beata Maria Assunta Pallotta. Continuando la salita si raggiunge la piazza alta dove si trova il monumentale municipio, dirimpetto alla chiesa di San Paolo con annesso il loggiato dello storico Palazzo dei Priori affiancato da una terrazza aperta sulla rupe occidentale con uno splendido panorama sulle montagne. Dietro il palazzo comunale inizia un tratto di strada pianeggiante che raggiunge l'ex Chiesa di Sant'Agostino, oggi utilizzata come auditorium, per poi scendere bruscamente fino alla scalinata in ferro appollaiata sulla rupe, oppure si può percorrere le strette e scenografiche vie interne, tornando fino all'inizio del corso. Se dalla piazza invece si scende seguendo il fianco della collegiata di San Paolo, si prosegue lungo il corso fino alla chiesa di San Francesco, con la sua monumentale facciata. Svetta al suo fianco il torrione che sovrasta la porta medievale ben conservata, sempre dedicata al santo di Assisi, davanti si apre una piccola piazzetta con un altra balconata, davanti un piccolo parchetto offre qualche minuto di sosta sotto l'abside del convento francescano. Lungo la discesa si nota la graziosa facciata della chiesetta della Madonna della Neve. Ritornando alla piazza di San Francesco si prosegue per la via che taglia al centro la fila di case, conducendo tortuosamente a numerosi angoli caratteristici e si conclude poi con una scala che si ricollega al corso principale, scendendo invece si arriva alla strada asfaltata che aggira il centro storico ad oriente. La zona sotto la strada completa la visita al centro, qui si trovano il complesso delle fonti, i resti della cinta muraria e della Porta delle Piagge, risalendo poi si ritorna davanti al Villino Verrucci, concludendo il giro con un'altra terrazza panoramica, rivolta verso il Monte dell'Ascensione.

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