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Chiesa della frazione di Villa Santi di Massignano, dedicata ai santi Felice e Adaucto, martiri ai tempi dell'imperatore Diocleziano.
Si trova lungo la pianura della Valmenocchia ed a poca distanza dalla costa, conosciuta con il nome di Sant'Attone o Sant'Atto al Menocchia. Sottoposta al vicino monastero di San Bartolomeo di Campofilone, uno dei centri più importanti nell'area per i monaci cassinesi, confinante con altre proprietà dello stesso ordine, dipendenti dal monastero di San Nicolò a Tordino, nel teramano. La chiesa esiste nel 1199, quando è citata nel testamento di Maria da Forcella, signora del castello omonimo non troppo lontano dalla chiesa. Alcune notizie giungono dal 1455 quando Papa Callisto III, decreta di aprire un ospedale nei pressi della chiesa, si registra anche la nomina di un nuovo rettore dopo la rinuncia del precedente. Da questa documentazione si nota che la chiesa non era più retta dai benedettini, ma era passata sotto la diocesi di Fermo. Da questo momento cade in stato di abbandono, riducendosi quasi ad un rudere, come testimonia la visita apostolica nel 1573. Con le riforme effettuate dal papa piceno Sisto V, Massignano passa alla diocesi di Ripatransone, per indennizzarli dei territori sottratti dal pontefice per la creazione della sua nuova diocesi di Montalto. Dopo moltissime proteste da parte della popolazione, nel 1595 i massignanesi tornano sotto l'amministrazione spirituale di Fermo. Sono una serie di miracoli iniziati nel 1631 a far ritornare le attenzioni sulla chiesa, la tradizione racconta che nel 1646 un pastore di nome Leopoldo Acciarri, sofferente di una grave malattia della pelle, si trova a pregare nei pressi della chiesa. Riceve la visione dei Santi Felice ed Adaucto che gli riferiscono di bagnarsi ad una vicina sorgente, dove sgorgava acqua torbida e grigiastra, guarendo dalla sua malattia. Riferisce tutto al parroco di Massignano, comunicandogli anche la volontà dei due santi di ricostruire la chiesa di Sant'Atto, ormai ridotta a pochi ruderi. Da questo momento iniziano con continuità le visite alla fonte, le autorità ecclesiastiche allora decidono erigere un nuovo luogo sacro sui ruderi del vecchio. Nel 1660 inizia la costruzione della nuova chiesa, i lavori terminano nove anni più tardi quando viene consacrata ai santi apparsi nella visione del pastore. Di proprietà della Camera Apostolica, il rettore riceveva l'incarico direttamente dal pontefice, inizia fin da subito ad essere meta di pellegrinaggi, insieme alla vicina fonte miracolosa. Clemente X nel 1675, all'epoca della rettoria dell'abate commendatario Decio Azzolino, ne aumenta le disponibilità dei beni, acquistando un terreno. Nel 1766 era stata data in affitto per 160 anni a tale Niccolò Scarlatti, nello stesso anno viene scelto come abate Lorenzo Tanursi Sassi. Nel 1828 il papato trasferisce il possesso alla diocesi di Ripatransone, inserita tra i beni della mensa vescovile che si occupava del mantenimento del vescovo. Verso la metà del XIX secolo la fonte miracolosa si prosciuga, ritornando attiva solo nel 1877, con grande clamore mediatico, in quanto se ne interessano anche alcuni giornali locali. Esce anche una polemica in quanto risultava dagli articoli, che il parroco di Massignano sosteneva la miracolosità della fonte, costringendo il religioso a prenderne le distanze, perché considerata solo una manifestazione popolare. Questa cosa non ferma i pellegrinaggi e diverse comitive, si ritrovano in chiesa per dire messa senza alcuna autorizzazione, causando anche la reazione dell'arcivescovado fermano. Infine nel novecento, la sorgente si esaurisce definitivamente e col tempo se ne perdono le tracce. La chiesa invece viene acquistata dalla diocesi ripana, più precisamente dal parroco della Madonna della Misericordia, don Armando Corallini, la chiesa viene quindi elevata a parrocchia e legata alla chiesa massignanese. Nel 1979 è parroco don Mario Angelini che durante il suo incarico si impegna molto per mantenere i beni parrocchiali, nel 1985 fa restaurare la casa parrocchiale. Nel 2005 fa anche effettuare alcuni sondaggi per intercettare la falda acquifera della scomparsa fonte miracolosa.
La chiesa spicca su un lato della pianura, ben visibile in quanto piuttosto grande e rialzata rispetto al livello medio del terreno. La si raggiunge imboccando l'incrocio per Villa Santi dalla strada provinciale della Valmenocchia, passando attraverso a dei vivai si arriva al cospetto della facciata, parzialmente nascosta da alcuni alberi ornamentali. L'edificio sacro è compreso in un grande giardino recintato piuttosto ben curato, contiene alcune opere come un grande crocifisso, eretto sul lato settentrionale della chiesa. Vi inoltre è custodita anche una statua della madonna, benedetta da Papa Giovanni Paolo II nel 1980. Costruito quasi interamente in mattoni, ad eccezione della parte posteriore, dove sopravvivono i resti dell'antica chiesa romanica di Sant'Attone, costruita in arenaria e pietra d'Istria. Rimane buona parte dell'abside, solcata da due semicolonne con accenni di capitelli alla base, sebbene molto usurati, meglio conservata è la monofora contornata in pietra. In basso si notano le due grezze finestrine che danno luce alla cripta, altro ambiente recuperato dal primitivo edificio medievale. La facciata è in stile neoclassico con evidenti reminiscenze barocche, si compone di una parte centrale e due laterali, quest'ultime sono caratterizzate da loggiati ritagliati nell'angolo della struttura. Due lesene separano il fronte in varie porzioni, sulla centrale si trova il portale, con un'architrave impreziosito da una cornice. Poco sopra corre una fascia marcapiano che separa la parte inferiore della facciata. In quella superiore, un finestrone si apre ornato da un lunotto ad arco spezzato, mentre un'altro cornicione introduce il timpano triangolare che conclude la struttura in alto. Sopra le ali laterali si notano pinnacoli agli angoli, più in basso si nota una voluta barocca, che si ricollega sinuosa al corpo centrale. L'ingresso laterale monta un portale artistico in rame, dove sono rappresentate otto scene riguardanti la storia della chiesa, alzando lo sguardo si nota l'orologio solare. Sempre sulla navata destra, si alza il campanile a vela con l'alloggiamento per due campane di medie dimensioni, un terzo vano molto più piccolo è ricavato più in alto, al centro delle due arcate. L'interno è composto da un'unica navata, intonacata e dipinta in tonalità tendente al beige, con gli elementi architettonici risaltati in bianco ed oro. Nel presbiterio si trova l'altare maggiore dove spicca il dipinto dei santi titolari, realizzato da un pittore locale ignoto nel XVIII secolo, ai lati si notano due portali con uno stemma inglobato nel lunotto. Lungo la navata vi sono quattro cappelle laterali, due per ogni lato, in quelle di destra si trovano un settecentesco dipinto ad olio di Sant'Ubaldo con un fanciullo ed una tela del XIX secolo della Santissima Trinità, con San Pietro e San Domenico. In quelle di sinistra invece la raffigurazione seicentesca della Vergine in trono con Bambino e Sant'Isidoro, nell'altra ancora una Madonna con Bambino, stavolta in piedi e contornata da un coro angelico.

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