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Ebbe i natali molto probabilmente a San Gregorio di Acquasanta nel 1798 e trascorse gran parte della sua esistenza a Rocca Monte Calvo. Cresciuto in un ambiente chiaramente di estrazione cattolica, si schierò sin da giovane dalla parte del pontefice, in difesa dello stato pontificio. Il suo aspetto imponente e la sua forte personalità lo portarono subito a unirsi ai briganti di Valle Castellana nel 1815, partecipando anche alle prime azioni di guerriglia e dopo alcuni decenni, già nel 1849, diviene il leader indiscusso delle bande irregolari di contadini e montanari, uomini rudi, temprati dalle avversità e abituati alla fatica. Il Piccioni denominato il "Maggiore" spicca nel comando guidando queste organizzazione nelle manovre più audaci, nonostante vesta come i suoi uomini, e mai si separa dal suo fucile. Riuscì a mettere insieme un numero considerevole di volontari (coinvolse nella causa pontificia anche i suoi cinque figli) e si segnalò tra i più irriducibili avversari delle truppe piemontesi tra il Piceno e il vicino Abruzzo.
Dopo la battaglia di Castelfidardo, nel 1860 e per tutto il 1861, diede filo da torcere alla Guardia Nazionale con al comando il Generale Pinelli, suo antagonista; furono mesi segnati da episodi cruenti e anche sanguinosi, da una parte azioni di guerriglia in montagna, e dall'altra reazioni di rappresaglia.
Alla lunga era impensabile una vittoria dei partigiani del papa: furono attuate operazioni congiunte che riuscirono a sparpagliare sul territorio le bande del Piccioni. La manovra si concluse nel marzo del 1861. Ormai braccato dalle truppe del Pinelli, Giuseppe, insieme ai suoi fedelissimi, cercò una via di fuga verso la costa; i suoi figli (Giorgio, Leopoldo e Gregorio) furono catturati. Finite le ostilità trascorse ben cinque anni nascondendosi nelle macchie e nelle grotte delle montagne ascolane, e dopo essersi ridotto in miseria a causa della latitanza, braccato, decise un ultimo tentativo per sfuggire alle forze dell'ordine italiane: riuscire a sfruttare il viaggio in treno in direzione di Roma, ma fu riconosciuto e subito arrestato a San Benedetto del Tronto; era il 1867. Sottoposto a processo fu condannato alla pena dell'ergastolo e ai lavori forzati nonostante la veneranda età di settantadue anni.
Morì alla fortezza Malatesta nel 1872.

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