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Chiamata sia col nome di Santa Croce che di Sant'Antonio, si trova nell'omonima frazione di Civitella del Tronto.
Le prime fonti la citano con il nome di Santa Croce a Massa, antico nome della contrada che nel XI secolo, era possesso dei monaci benedettini di Montecassino e poi passa alla contea normanna dei conti De Aprutio.
A partire dal 1193 l'imperatore svevo Enrico VI, metteva la chiesa ed il territorio sotto la giurisdizione del vescovo di Ascoli; due anni più tardi l'imperatore obbligava gli uomini dipendenti dalla chiesa a giurare fedeltà al comitato ascolano.
Risulta annessa nel 1324 alla diocesi teramana, compresa nella pievania di Civitella del Tronto mentre qualche anno dopo, nel 1333, si legge che il parroco della chiesa viene condannato a pagare le spese della causa che aveva intentato contro il Vescovo teramano. La controversia era sorta quando il metropolita decide di cedere alcune rendite della "Selva" di Favale, al convento di Sant'Onofrio, un tempo esistente nella frazione Cesenà di Campli, mentre il prete di Santa Croce riteneva che spettassero alla sua parrocchia.
La chiesa subisce rifacimenti tra XV e XVI secolo come testimonia il portale che risale a questo periodo; più tardi è elencata tra quelle di Civitella che nel 1530, pagavano la tassa annuale al vescovo, detta "Cattedratico": oltre alla quota monetaria ne versava anche una parte in orzo e grano.
Nel 1543 invece la vediamo ritornare sotto la protezione dei monaci benedettini del monastero di Sant'Angelo a Marano, tra Sant'Omero e Bellante, poichè il Cardinale Giovanni Vincenzo d'Acquaviva Aragona ne nomina il parroco.
Nel 1962 viene ristrutturata con le forme attuali per volontà di Don Enzo Damiani, come cita una lapide sopra l'ingresso.
La struttura piuttosto semplice, ha un perimetro rettangolare con il portale di gusto gotico che si apre su di un lato, si caratterizza per un arco ogivale abbellito da una cornice di semplice fattura, poggia su due mensole lavorate poste sopra due grandi pietre che fungono da piedritti. L'edificio è interamente intonacato, si escludono alcuni buchi lasciati volutamente, realizzati sul piccolo campanile a vela ed ospitante una sola campana, che si alza sul margine destro lasciando intravvedere i materiali costruttivi: pietrame vario e mattoni.
Sulla sinistra della struttura invece, vi è annessa una casa colonica, forse in altre epoche veniva utilizzata come canonica; l'unico ornamento esterno è dato dalle varie tonalità della pittura murale: toni di giallo per il corpo centrale, bianco per il campanile ed infine grigio per il portale ed i basamenti.
L'interno è a navata unica, scarno e privo di decorazioni alle pareti, dove sono affissi piccolo quadri con le stazioni della Via Crucis, sulla destra dell'ingresso vi è un'acquasantiera in pietra incassata nel muro, il vistoso lampadario al centro è di moderna fattura ed è stato donato dagli emigrati negli Stati Uniti.
Il soffitto a capriate è coperto da una controsoffittatura, l'unico altare si trova nel presbiterio, leggermente rialzato rispetto alla navata ed illuminato dalla sola finestra aperta nello spesso muro nei pressi del campanile, sul retro una porta conduce alla sagrestia, addossata al retro della struttura.

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