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Capitano delle milizie del duca Valentino (Cesare Borgia 1475-1507), il Baroncelli fu protagonista delle più sanguinose e burrascose vicende ed agitazioni municipali di Offida, della marca Fermana e di quella Ascolana.
Di parte guelfa, le sue prime notizie risalgono al 1496, quando favorì i fuoriusciti di Ripatransone e, con l'aiuto delle milizie fermane, conquistò la città riportando, però, la perdita di numerose decine di suoi uomini.
Già l'anno successivo, nel 1497, diventò signore di Offida, ma pochi mesi dopo la sua nomina venne sconfitto da Astolfo Guiderocchi e fu costretto a ripararsi nuovamente a Ripatransone.
Tra il marzo e il maggio del 1498 si alleò con le forze fermane guidate da grande condottiero genovese Andrea Doria (1466-1560), riuscendo a riportare determinanti vittorie sulle truppe ascolane, come a Castignano quando fu rotto un estenuante assedio di Ettore Fieramosca, e in seguito catturando Gian Francesco Guiderocchi comandante di spicco nemico.
Cercò nuovamente di conquistare la sua città, ma senza il fondamentale appoggio del Doria venne sconfitto e nella contesa vennero uccisi, per rappresaglia, suo fratello Ercole, suo zio Roberto e altri partigiani della sua causa.
Si trasferì quindi a Fermo e negli anni seguenti tentò varie volte di riappropriarsi di Offida, devastando le campagne del Tesino e depredando i dintorni di Ripatransone, riuscendoci temporaneamente nel settembre del 1500 quando, con i suoi sostenitori, uccise il castellano spagnolo che la difendeva.
Tra il 1502 e il 1510 fu il protagonista delle maggiori contese belliche nella marca picena e fermana alleandosi con Olivarotto da Fermo (1473-1502); incendiò Petritoli e arrivò a conquistare Camerino nel maceratese. Non pago si spostò in Toscana militando nelle truppe fiorentine.
Ritornò nelle Marche nel 1513 e combatté le famiglie Parisani, Malaspina e Odoardi, sue rivali politiche, ma venne sconfitto e si rifugiò di nuovo a Fermo. Trovandosi questa volta dalla parte giusta, partecipò alla la sollevazione contro Ludovico Euffreducci, signore della città, e su richiesta del commissario pontificio Niccolò Buonafede assistette gli insorti e scacciò l'avversario.
Con Brancadoro da Fermo ottenne il comando della truppe pontificie, e con 100 fanti partecipò alla battaglia di Falerone (20 marzo del 1520). Nello scontro il Baroncelli assunse il comando del centro dello schieramento e i soldati dell' Euffreducci si diedero alla fuga, mentre il loro comandante trovò la morte sul campo.
Baroncelli nel 1527 fu chiamato ancora una volta a Castignano, con l'approvazione della città di Fermo riuscendo ad organizzare un eroica difesa del castello per ben 57 giorni riportando solo decine di perdite. Ascoli mobilitò ben 3000 sodati al comando del Giuderocchi, di Ciotto Migliani, e di Piersante Falconieri. Dopo estenuanti trattative, la controparte ascolana pretese che al tavolo conciliatorio non vi fosse la sua presenza, tanto era temuto ed inviso. Nel 1523 il condottiero offidano cercò di riconciliarsi con la nomenclatura del suo castello natale, ne nacque una nuova disputa e questa volta Carlo visto la non riuscita delle sue intenzioni, si rifugiò a Comunanza. Nei mesi successivi fu stipulato un trattato di pace tra Ascoli e Offida, e gli fu permesso dopo anni di tornare nel suo palazzo. Il capitano di ventura che per oltre tre decenni monopolizzò le vicende delle Marche meridionali, morì esule a Molfetta era il 1533.

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