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Difendeva dall'alto l'antico capoluogo di Marano, sopra Cupra Marittima.
Si trova nella parte più elevata del centro storico ed i suoi resti sono incorporati da villa Grisostomi. Secondo gli studi più recenti quest'area forse ha ospitato forse fin dalle origini, nel X secolo, opere fortificate di vario genere volute dalla stirpe nobile dei Tasselgarderschi. La famiglia infatti elegge il centro portuale a sede dei loro affari e per ospitare i suoi membri, realizzano un'area fortificata e separata anche dal resto dell'abitato. La separazione ancora visibile nei pressi della chiesa di Santa Maria in Castello, dove esiste ancora una porta, puramente ornamentale, che congiunge due tratti di mura costruiti sopra una piccola scarpata. Il complesso viene dotato probabilmente anche di un grande torrione, definito rocca, come ultima difesa per gli abitanti del castello feudale. Se ne hanno le prime notizie nel 1194, quando gli eredi dei Tasselgardeschi concedono alla comunità di Marano le libertà comunali, permettendo di abbattere le mura ed i fossati che separavano il castello dal resto dell'abitato, già difeso da una sua cinta muraria. All'inizio del XIII secolo era ormai svanita la presenza dei Tasselgardeschi, sostituita dal vescovo di Fermo ed in seguito dalle istituzioni civili della città. Con l'arrivo nel 1229 nella Marca degli eserciti imperiali di Federico II di Svevia ne approfitta la vicina Ripatransone, centro in forte crescita economica e territoriale. Per il suo appoggio al regnante tedesco, riceve il castello di Marano, insieme a Massignano, Lameriano, Cossignano e Sant'Andrea. Ma la cosa ha breve durata ed i centri tornano quasi subito in mano ai rispettivi proprietari. Nel 1254 il comitato fermano stringe i patti con la popolazione maranese, facendoli convalidare anche da Manfredi, figlio di Federico II. Nel 1265 i ripani grazie a Papa Clemente IV si riappropriano del centro, tornando in mano fermana l'anno successivo. In questo periodo si vede la città consolidare il suo potere nel castello, vengono costruiti i palazzi di rappresentanza, una nuova cinta muraria ed una nuova rocca, probabilmente quella che vediamo ancora oggi. Come presidio fermano, Marano segue gli avvenimenti della città, nel XIV secolo assiste al susseguirsi di signorie che prendono il potere nella città. Tra le prime si ricorda quella di Mercenario da Monteverde tra il 1331 ed il 1340, segue cinque anni più tardi quella di Gentile da Mogliano. Durante la sua reggenza Marano viene assaltata e occupata per breve tempo, dalle truppe ascolane guidate da Galeotto Malatesta, in guerra col signore fermano. Gentile viene poi scacciato dalle truppe pontifice Cardinale Albornoz nel 1355, che provvede anche a risistemare la rocca maranese, nel 1360 lascia al governo della città Giovanni Visconti da Oleggio, conclusa alla sua morte nel 1366. Prende il potere Rinaldo da Monteverde dal 1375 al 1379 e nel 1393 quella degli Aceti durata solo tre anni. Il governo passa a Ludovico Migliorati a partire dal 1404. Nel 1409 è qui castellano il nipote del signore, Giannocchio, che tramando insieme ai nemici contro il parente, una volta scoperto viene giustiziato. Sempre nel XV secolo è ricordata la presenza del "Cassero", ovvero la torre principale delle fortificazioni. Finita la dominazione del Migliorati si assiste all'escalation di Francesco Sforza, che nel 1433 occupa in breve tempo tutta la marca fermana, compreso Marano. Diverse tradizioni paesane fanno riferimento a questo periodo, finito con la sua cacciata nel 1446. La fortificazione rimane attiva durante le ultime signorie fermane, quella di Oliverotto Euffreducci nel 1502, seguita dalla breve tirannia di Cesare Borgia ed infine quella di Ludovico Euffreducci tra il 1513 ed il 1520. Forse in ultimo è sede di presidio durante la signoria di Pierluigi Farnese nel 1540, durata sette anni. Comunque tra il XVI ed XVII secolo, si assiste ad una progressiva perdita di importanza della struttura, infine dismessa e riadattata a scopi abitativi. Questo avviene nel 1560 quando la famiglia Paccaroni, dopo aver acquistato l'area, edificano un loro palazzo con giardino. Passa poi ai Brancadoro ed in seguito al comune nel 1833, divenendo anche municipio fino al 1848, quando è acquistato dalla famiglia Travaglini, poi fusa con i Grisostomi, attuali proprietari. Il complesso all'epoca, insieme alla rocca, comprende anche il Palazzo Sforza e Santa Maria in Castello.
I ruderi della rocca sono abbastanza consistenti da permetterne una parziale ricostruzione. Questa svetta sul punto più alto dell'abitato, collegata alle campagne attraverso uno stretto crinale dove trova posto solo la strada. Il fortilizio aveva una pianta poligonale, molto simile ad un trapezio, aveva tre torri quadrangolari poste agli angoli di cui due sono tuttora piuttosto ben conservate. Queste difendevano il perimetro verso l'interno dell'abitato, addossata alla meridionale vi era la porta d'ingresso, della quale rimane qualche traccia. Le mura rivolte verso meridione sembrano più bassi rispetto agli altri, poiché ben difesi da un ripido dislivello, vi si intravvedono anche i resti di una feritoia. La torretta a nord è compresa nel palazzo e mostra dei riadattamenti in stile neogotico. Il lato occidentale del complesso invece era presidiato da una grande torre, forse più antica e differente rispetto al resto dell'attuale rocca, lo si capisce dal metodo di costruzione. Ne rimane qualche rudere nell'angolo Nord-Ovest, dove si trova la cancellata della villa, al fianco di una delle casette che accompagnano la strada in uscita. Non si ha notizia di un'eventuale torre presente nell'angolo Sud-Ovest, forse hanno lasciato che le buone difese naturali facessero il loro lavoro.

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