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Venamartello
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Là dove il fiume Tronto si incrocia col rio Tallacano a formare il lago di Centrale, arroccato su uno sperone di roccia in vertiginoso equilibrio, si erge questo caratteristico incasato in arenaria. Le prime notizie ci giungono dall'acquisizione del territorio da parte dei monaci farfensi nel 1039 quando ricevettero varie donazioni dalle nobiltà feudali della zona. Probabilmente in questo periodo si andrà addensando il centro del borgo.
Emerge come feudo della nobile famiglia dei Martelleschi, dalla quale si ipotizza trarrebbe anche il nome e che tra il XII - XIII secolo si trasferì ad Ascoli; un tempo era presente anche il loro castello del quale ora non rimane traccia, ma se ne ricordano i ruderi nei testi del Colucci. Tra XIII e XIV secolo l'egemonia farfense era terminata e buona parte dei feudi della montagna acquasantana erano diventati possessi prima del vescovo poi del comune di Ascoli, Venamartello a quei tempi ricadeva sotto i territori della più importante Cocoscia, che sotto il dominio della città era divenuta capoluogo di un sindacato. La situazione rimarrà così fino al XIV secolo quando accresciuto di prestigio diventerà all'inizio del secolo successivo sede di un proprio sindacato, che riuniva quasi tutte le frazioni acquasantane a sinistra del Tronto. Verso il finire del '500 sarà accorpato al sindacato di Venamartello anche quello delle Gottare, da sottolineare però che sebbene queste entità avessero grandi autonomie dipendevano comunque dal podestà inviato da Ascoli che risiedeva nel sindacato di Acquasanta e si occupava anche delle altre identità amministrative vicine.
Nel 1562 a seguito dell'incendio di Acquasanta da parte dei soldati ascolani, il paese offre ospitalità e difesa al brigante Mariano Parisani e ai suoi sostenitori che da qui coordineranno proprie vendette come l'assassinio del Console Fabrizio Cornile, che pure aveva offerto la propria resa. Da qui il bandito parte per uccidere Ser Chiarino Monteroni asserragliato con le sue truppe a Castel di Luco per difendere la zona dal brigante, e da qui partirà per compiere anche diverse incursioni ad Ascoli e nei castelli vicini. Nel 1566 il Parisani viene convinto dal Papa a desistere dalla lotta e lascerà il Piceno per combattere sotto le insegne dei Savoia; si vuole che anche Venamartello sia stata rasa al suolo per vendetta contro il brigante ma non vi sono ancora documentazioni chiare sull'evento. Ottenuto il perdono per aver appoggiato il Parisani, nel XVI secolo arrivano anche i soldati corsi a tranquillizzare le montagne, il paese vivrà un periodo di relativa calma rotto solo dall'arrivo dei moti rivoluzionari che porteranno alla dissoluzione degli Stati Pontifici e alla creazione nel 1798 della Repubblica Romana. Venamartello passerà nel cantone di Acquasanta facente parte del neonato Dipartimento del Tronto.
Il brigantaggio riesploderà durante l'occupazione francese nel 1808, quando il paese venne presidiato dai volteggiatori francesi, fanteria leggera composta da specialisti, comandati dal generale Julien. A nulla serve dato che i ribelli, che ormai facevano base lì, l'anno successivo sequestrano l'addetto postale e lo portano prigioniero a Ronciglione, nella valle del Fluvione e assediano il capoluogo ed ancora nel 1813 si registrano arresti di briganti e latitanti. Finita la parentesi napoleonica si restaura il vecchio potere pontificio ma nel 1834, per contrasti all'interno del municipio di Acquasanta, quasi tutte le frazioni, compresa Venamartello, formeranno un comune a parte con capoluogo nella frazione di Santa Maria. Il malcontento e l'insurrezione riesplodono durante i moti del 1848 quando si rifonda la repubblica romana ma la lealtà al pontefice da parte del paese farà sì che esso non desista anche dall’ennesima ribellione che, dopo una breve pausa, si riaccende durante la lotta per l'Unità d'Italia.
Divenuto nel 1861 centro di resistenza ai piemontesi in favore del ritorno del Papa Re guidati dall'Abate Ascenzi, non partecipa all'assalto ad Acquasanta di Giovanni Piccioni poichè il prelato che aveva il compito di sollevare i paesi limitrofi si attarda a seguito di molti rifiuti e quindi tornato in paese può solo vedere la battaglia da lontano. Parteciperà invece alla successiva difesa di Mozzano, ma l'arrivo del Generale Pinelli con l'artiglieria piemontese pone fine col pugno di ferro al grosso del brigantaggio nell'acquasantano. Con l'Unità termina anche l'istituzione del comune di Santa Maria del Tronto, assorbito nel moderno comune di Acquasanta che di nuovo riuniva tutti gli antichi sindacati della montagna.
Nel primi anni del Novecento l'ingegner Venceslao Amici progetta un canale che raccogliendo le acque del Tronto sotto Arquata le porta fino a Venamartello allo scopo di impiantare una centrale idroelettrica a uso industriale. Si iniziano i lavori per la costruzione della centrale eseguiti da imprese nazionali, francesi e tedesche. L’impianto prenderà il nome del paese e del canale che fiancheggia l'abitato prima di confluire nella condotta che alimenta la turbina; entrerà in funzione nel 1907.
Il successivo spopolamento non ha troppo degradato il borgo che è ancora parzialmente abitato e generalmente ben tenuto rispetto ad altri insediamenti dell'area. Caratterizzato da una forma allungata a ridosso di un'alta rupe, dalla quale si sovrasta la valle del Tronto e l'acquasantano, è costituito da una fila di case che si stende lungo il ciglio del burrone, un'unica lunga via attraversa l'incasato regalando a chi la percorre una indimenticabile passeggiata. Le abitazioni che accompagnano il percorso sono gradevoli e a tratti molto interessanti come alcune che risalgono al XVI secolo. Sul ciglio della rupe si scorge anche la chiesetta sconsacrata di Santa Maria delle Grazie, mentre unico luogo sacro rimasto funzionante è la chiesa del Santissimo Salvatore. Ogni tanto si apre un piccolo passaggio coperto che riporta alla strada asfaltata che corre parallela al paese. Da qui la via prosegue fino a raggiungere gli impianti del canale di alimentazione della centrale che copre un pò il bel paesaggio seppur in maniera minore della grande antenna che si innalza alla fine del paese. In ogni caso dalla rupe si gode una delle migliori vedute delle vallate circostanti che unite allo scenografico centro storico offrono al visitatore un'esperienza unica.

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