Adelino Galeazzi
Agostino Antodicola
Agostino Cappelli
Alessandro Maria Odoardi
Alessio Morganti
Alfonso Sgariglia
Alidosio Piccinini
Angelo Ciucci
Antonio Cellini
Antonio de Dominicis
Antonio Galiè
Antonio Lozzi
Antonio Miliani
Antonio Orsini
Antonio Piccinini
Argillano d'Ascoli
Armello d'Ascoli
Armida Sgariglia
Astolfo Guiderocchi
Augusto Orlandi
Augusto Piccioni
Aurelia Guiderocchi
Aurelio Morani
Biagio Miniera
Camillo Alvitreti
Carlo Crivelli
Carlo Vittori
Clarice Marini
Clito Moderati
Corrado Miliani
Costantino Celani
Costantino Rozzi
Costanzo Mazzoni
Dino Ferrari
Domenico Savi (Meco del Sacco)
Elisabetta Trebbiani
Emidio Celani
Emidio Lazzarini
Emidio Pacifici Mazzoni
Fernando Tambroni Armaroli
Flavia Guiderocchi
Flavio Alvitreti
Florinda Michelessi
Francesco Attilio Palermi
Francesco Cardi
Francesco Ricci
Francesco Tamburini
Francesco Tartufoli
Fulgenzio Parisani
Gerolama Veramonti
Giacinto Cornacchioli
Giacomo Alvitreti
Gioacchino Pasqualini
Giovanbattista Mancini
Giovanna Garzoni
Giovanni Spalazzi
Giulia Centurelli
Giulio Cantalamessa
Giulio Gabrielli
Gualtiero di Ascoli
Ludovico Trasi
Luigi Luciani
Luigi Marini
Marco Sgariglia
Mariano Alvitreti
Mariano Parisani
Menichina Soderini
Nazzareno Cestarelli
Nazzareno Orlandi
Nicola Cantalamessa - Papotti
Nicola Lazzari
Orazio Alvitreti
Pier Francesco Mola
Pietro Alemanno
Pietro Paolo Alvitreti
Publio Ventidio Basso
Riccardo Gabrielli
Scaramuccia d'Ascoli
Sebastiano Andreantonelli
Tommaso Guiderocchi
Ugolino Panichi
Ventidio Baiardi
Le notizie storiche riguardanti Gualtiero giungono dalla sua unica pubblicazione sopravvissuta: le "Derivationes". Il titolo corretto di questa pubblicazione come recita l'intestazione è "Summa derivationum". L'opera è firmata nel prologo attraverso una citazione dell'autore dove si evince la provenienza dalla città di Ascoli e la probabile datazione collocata intorno agli anni 1228-1229, quando l'imperatore Federico II si trovava nelle terre sante per la crociata. Dal fatto che Gualtiero cominci a scriverla a Bologna, per concludere il suo lavoro a Napoli, dove si reca per completare i suoi studi di Lettere, come testimonia una sua missiva inviata ai genitori, si deduce che la sua formazione inizi nella città emiliana. Gualtiero, utlizzando un noto passo evangelico, scrive che la sua opera "sarà come una lampada, un candelabro posto a illuminare chi cammina nel buio dell'ignoranza". In alcune metafore ipotizza che la "conoscenza deve essere diffusa quanto più lo sarà tanto più splenderà e si rafforzerà". Nel libro diviso in "prologhi" l'autore si rivolge non solo ai discepoli ma i suoi pensieri vengono esposti anche ai "socii et domini" che dovranno difenderla dai detrattori invidiosi.
In una lettera, Pier della Vigna, uno dei più insigni letterati del Duecento, commentando la morte di Gualtiero di Ascoli lo nomina quale "grammaticorum exmius consocius vester et confrater" lasciando intuire che dietro allo studioso piceno vi fosse una comunità o una scuola di pensiero molto particolare e straordinariamente attenta alla conoscenza.
Siti Amici
Se vuoi condividere questa scheda sui social, puoi utilizzare uno dei pulsanti qui sotto: